Questo articolo è stato originariamente pubblicato su Labsus.
Uno dei fenomeni a cui abbiamo assistito durante l’emergenza sanitaria causata dal Covid-19 è stata l’esplosione della generosità: oltre 700 milioni di euro donati in Italia. Numeri importanti che spingono i fundraiser che hanno a che fare con i progetti di rigenerazione urbana a porsi due domande.
La prima riguarda l’atteggiamento degli italiani nei confronti del dono: sarà interessante capire se tale chiamata alla donazione influirà sulla diffusione di una cultura del dono più consapevole e amplierà il bacino delle persone interessate e disponibili a investire risorse proprie per la soluzione di problemi comuni.
Il secondo interrogativo, ben più complesso, attiene all’oggi e alla crisi economica e sociale in cui siamo impantanati dopo l’emergenza sanitaria dei mesi scorsi e che ci porrà di fronte innumerevoli difficoltà: nuove povertà, comunità disgregate, immobili non vissuti.
Nei prossimi 12 mesi vedremo crescere bisogni sociali e culturali che non potranno essere soddisfatti dalle forme tradizionali di welfare e che avranno necessità di risorse per ottenere risposta.
Se nelle prime settimane di emergenza del Covid-19 sono nate decine di campagne di raccolta fondi per finanziare il lavoro di ospedali e di operatori sanitari, ora assistiamo a numerose iniziative di fundraising per sostenere progetti che soddisfino quei bisogni sociali e culturali che emergono dal profondo cambiamento socio-economico in atto.
Il desiderio di abitare i luoghi in modo diverso, la voglia di riscoprire quelle esperienze di cui ci siamo privati nella fase di lockdown, l’ambizione a ri-definire gli spazi dei territori dove vogliamo tornare a fare socialità sono elementi caratterizzanti questa fase post quarantena e si protrarranno anche nei mesi a venire.