Ripensare biblioteche e servizi culturali per il benessere dei giovani

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    È stato presentato il 21 aprile scorso il Rapporto sul Benessere equo e sostenibile (BES) 2021 dell’Istat1Il rapporto è scaricabile da qui: https://www.istat.it/it/archivio/269316. La presentazione si può seguire qui: https://www.youtube.com/watch?v=5jVXxYdsWfw, il fiore all’occhiello della statistica ufficiale, una vera e propria “costituzione statistica”, non solo un ritratto in profondità dello stato del Paese ma un modo per conoscerlo e interpretarlo a partire dalla prospettiva del benessere dei cittadini. Quello che dovrebbe rappresentare l’obiettivo ultimo di tutte le politiche a tutti i livelli. 

    Il BES, la cui fonte di ispirazione va rintracciata nel noto Rapporto Stiglitz – Sen – Fitoussi2Cfr. Joseph E. Stiglitz, Amartya Sen, Jean-Paul Fitoussi, Report by the Commission on the measurement of economic performance and social progress. 2009, https://web.archive.org/web/20160806043140/ http://www.communityindicators.net/system/publication_pdfs/9/original/Stiglitz_Sen_Fitoussi_2009.pdf?1323961027 e in continuità con le esperienze dei programmi Beyond GDP di Eurostat e Better Life Index dell’OCSE, è “uno strumento fine ed esaustivo per misurare il grado in cui le politiche producono cambiamenti nella vita delle persone”, come ha ricordato durante la presentazione il Presidente dell’Istat Blangiardo. In estrema sintesi è un potente strumento per comprendere le disuguaglianze e individuare concretamente dove e come agire all’insegna della E di equità al centro dell’acronimo.

    A partire dal 2016, agli indicatori del BES – 153 quelli presenti nel rapporto 2021, alcuni dei quali si sono adeguati nel tempo alle trasformazioni in atto – si affiancano gli indicatori per il monitoraggio degli obiettivi dell’Agenda 2030 sullo sviluppo sostenibile, due set di indicatori solo parzialmente sovrapponibili ma certamente complementari3https://www.istat.it/it/benessere-e-sostenibilit%C3%A0. 

    In questa breve riflessione che segna l’inizio di un percorso dedicato alle biblioteche, luoghi di partecipazione culturale, inclusione sociale e quindi benessere e qualità della vita, mi soffermerò solo su alcune dimensioni del BES strettamente connesse a questo fenomeno, prendendo in esame solo parzialmente i 12 domini in cui è strutturato il rapporto e pochissimi indicatori, a cominciare ovviamente da quello dedicato: “fruizione delle biblioteche”. L’indicatore, presente nel dominio Istruzione e formazione misura la percentuale di persone di 3 anni e più che sono andate in biblioteca almeno una volta nei 12 mesi precedenti l’intervista sul totale della popolazione. 

    Il dato sul quale questo indicatore è costruito è tratto dall’indagine annuale “Aspetti della vita quotidiana” ed è stato introdotto nel BES solo nel 20204Per un approfondimento rimando a C. Faggiolani, Un indicatore dedicato alle biblioteche nel Rapporto BES dell’Istat: una grande conquista per il nostro settore, “AIB Studi”, 61 (2021), n.1, p. 7–10. https://doi.org/10.2426/aibstudi-13248, rappresentando una grandissima conquista per il settore delle biblioteche, a sancire una volta per tutte la relazione strettissima che esiste tra la frequentazione delle biblioteche nell’ambito più ampio della partecipazione culturale attiva e la qualità della vita dei cittadini, già ampiamente dimostrata da numerosi studi longitudinali5Daisy Fancourt, Saoirse Finn, What Is the Evidence on the Role of the Arts in Improving Health and Well-being? A Scoping Review, Copenhagen, WHO Regional Office for Europe, Health Evidence Network (HEN) synthesis report, 67 (2019), https://www.euro.who.int/en/publications/abstracts/what-is-the-evidence-on-the-role-of-the-arts-in-improving-health-and-well-being-a-scoping-review-2019. Il documento è tradotto in italiano dal Centro di Documentazione per la Promozione della Salute DoRS Regione Piemonte ed è disponibile qui https://www.dors.it/page.php?idarticolo=3425. Sul tema si rimanda ai lavori del CCW Cultural Welfare Center, https://culturalwelfare.center/. 

    Il dato che emerge è che in questi due anni la percentuale di cittadini che frequentano le biblioteche è praticamente dimezzata: nel 2021 solo il 7,4% delle persone di 3 anni e più si sono recate in biblioteca almeno una volta nei 12 mesi precedenti l’intervista, erano il 12,2% nel 2020 e il 15,3% nel 2019. 

    Istat aggiunge che, a fronte delle riduzioni nell’utenza fisica delle biblioteche registrate negli anni della pandemia, nel 2021 l’abitudine all’accesso on line alle biblioteche ha riguardato il 6,7% delle persone di 3 anni e più portando l’accesso complessivo alle biblioteche (“reale” o “virtuale”) al 11,6% e compensando, quindi, seppur in parte, le perdite subite in termini di utenza che si è recata fisicamente in biblioteca. Magra consolazione direi.

    Verrebbe da pensare che è ovvio: le biblioteche – come i teatri, i musei, i cinema, ecc. – sono state soggette a importanti restrizioni per il contenimento della diffusione del COVID-19 e infatti anche l’indicatore che misura la partecipazione culturale fuori casa6Sempre nel dominio Istruzione e formazione misura “le attività considerate sono 6: si sono recate almeno quattro volte al cinema; almeno una volta rispettivamente a: teatro; musei e/o mostre; siti archeologici, monumenti; concerti di musica classica, opera; concerti di altra musica”., se già tra il 2019 e il 2020 aveva subito un’importante riduzione passando dal 35,1% al 29,8%, è tra il 2020 e il 2021 che è crollato drammaticamente arrivando all’8,3%.

    Dunque, la fotografia è quella di una reazione che sembra contingente e momentanea, ragion per cui sembrerebbe prematura ogni altra interpretazione, per la quale bisognerà aspettare di avere almeno una serie storica per capire quanto profonde sono le cicatrici che la pandemia ha lasciato in diversi settori. Non è un caso che gli outcome di benessere sono stati definiti dall’Ocse un “bersaglio mobile”, specialmente durante la pandemia. Tuttavia dal mio punto di vista sarebbe anche ingenuo fermarsi a questa conclusione e forse qualche considerazione ad ampio spettro si può fare soprattutto se teniamo in considerazione quanto da questo scenario possono apprendere importanti progetti biblioteconomici che stanno prendendo il via a partire dal PNRR: penso al grande progetto della Biblioteca Europea di Informazione e Cultura a Milano, alla nuova Civica di Torino e ai nuovi Poli civici culturali e di innovazione a Roma fortemente voluti dall’assessore Miguel Gotor, solo per fare alcuni esempi.

    A proposito di cicatrici, alcune questioni sono già emerse dal Censimento dell’Istat 20217https://www.istat.it/it/archivio/255738: ci sono biblioteche chiuse definitivamente, biblioteche che non hanno ancora riaperto proprio a causa della pandemia, ecc8Ne abbiamo parlato all’ultimo convegno delle Stelline Alessandra Federici, ricercatrice ISTAT – Responsabile dell’indagine sulle biblioteche italiane, ed io con la relazione La vitalità delle biblioteche italiane: una nuova geografia post-pandemia. In: Le tre leve della biblioteca: innovazione, prossimità, comunità. Relazioni del Convegno delle Stelline 10-11 Marzo 2022, Milano, Editrice Bibliografica, 2022, p. 7-20.. Circa un terzo delle 7.459 biblioteche censite (31%) ha saputo apparentemente reagire alla situazione di emergenza sanitaria riuscendo a garantire, nei mesi di divieto di apertura fisica della struttura, servizi a distanza utilizzando le risorse offerte dal web. Allo stesso tempo però la sensazione è che l’attenzione sia stata rivolta soprattutto all’interno, per esempio alle attività di comunicazione. Il 42,4%, ha incrementato la propria presenza sui principali social media – Facebook, Instagram, ecc. – ma solo tre biblioteche su dieci (29,1%) hanno attivato servizi e attività online per l’utenza come gruppi di lettura, laboratori, letture ad alta voce; il 19,9% ha organizzato conferenze, seminari e incontri con gli autori sul web o in streaming; il 27,1% ha attivato servizi di prestito a domicilio; il 10,8% corsi di formazione online e solo il 6% corsi di information literacy online.

    Dunque, se sicuramente il crollo degli utenti delle “biblioteche in carne ed ossa” è in buona parte, come detto, dovuto alle restrizioni per il contenimento della pandemia nell’ingresso, nel prestito dei libri e nella permanenza nelle sale di lettura e aule studio ecc. è utile andare oltre e sposare quella visione sistemica che lo stesso BES promuove. La significatività statistica, in alcuni casi permette conclusioni immediate, lasciando poco spazio alle sfumature e crolli così importanti non sono di solito imputabili a una sola causa ma sono l’esito di fattori contingenti e spesso relazionati.

    La drastica riduzione nella frequentazione delle biblioteche, infatti, non è omogenea e sarebbe sbagliato rimanere sulla valutazione della media annuale che spesso nasconde profonde differenze. Guardando con attenzione i dati si nota che il crollo è decisamente determinato dalle fasce d’età più giovani, quelle che per Istat hanno sempre rappresentato il pubblico più presente nelle biblioteche italiane. Per altro il pubblico che esprime il maggior livello di uso della biblioteca legato alla socialità, all’incontro con gli amici ecc. 

    La pandemia, ha sicuramente prodotto cambiamenti importanti nelle abitudini dei bambini e ragazzi a partire ovviamente dalla chiusura delle scuole. In questi ultimi due anni lo stesso percorso scolastico degli studenti ha subito una trasformazione drastica, passando da una didattica totalmente in presenza ad una a distanza per poi procedere con la didattica mista nell’anno scolastico 2020/21. Il 65,8% degli studenti che hanno seguito lezioni online dichiara di aver avuto difficoltà per  problemi legati alla qualità della connessione, alla gestione degli orari, degli spazi domestici o per difficoltà nella concentrazione e motivazione. La percentuale arriva quasi al 70% nel Nord-ovest e nel Centro, mentre è più contenuta nel Nord-est e non si discosta dalla media nel Mezzogiorno.

    Nell’ambito dell’istruzione solo la partecipazione alla formazione continua da parte della popolazione tra i 25 e i 64 anni ha tenuto ed è perfino aumentata nel 2021, recuperando il livello del 2019, incrementandolo e raggiungendo per la prima volta, nel I trimestre 2021, i livelli di partecipazione della media dei paesi dell’Unione Europea.

    Tornando ai giovani e alle biblioteche teniamoci forte: nel 2019 erano il 38,7% i bambini tra i 6 e i 10 anni che frequentavano le biblioteche e sono meno di un terzo nel 2021 (11,8% ), lo stesso è accaduto nella fascia 11-14 anni che è passata dal 38,3% al 15,3%, nella fascia 15-19 che è passata dal 35,3% al 13,2%, e nella fascia 20-24 anni che è passata dal 36% al 16,9%. Dai 25 anni in avanti la riduzione è importante ma non così drastica e ancor meno lo è dai 45 anni in su. 

    Fruizione delle biblioteche per fascia d’età (valore percentuale). Fonte: BES 2021

     

    La stessa tendenza caratterizza la distribuzione della partecipazione culturale fuori casa che mostra una curva che via via tra il 2020 e il 2021 risulta sempre più appiattita in corrispondenza delle età più giovani che, pur avendo come noto livelli di partecipazione culturale più elevati, negli anni di pandemia hanno subito le riduzioni maggiori, avvicinandosi sempre di più alle altre fasce di età.

    Proprio per i giovani – adulti di domani – il BES delinea un quadro veramente allarmante, sul quale non posso soffermarmi in questa sede per motivi di spazio come invece sarebbe necessario, ma che merita di essere almeno evocato guardando al dominio Istruzione e formazione ma anche ad altri come Salute, Benessere soggettivo,  Relazioni sociali: un disagio psicologico crescente, una crescente insoddisfazione rispetto alla qualità della propria vita dettata anche dalla difficoltà delle relazioni sociali, l’aumento di consumatori di alcol a rischio tra i giovanissimi 14-17 anni, l’aumento dell’abbandono scolastico e l’aumento nel segmento tra i 15 e i 29 anni dei NEET–  Not in Employment, Education or Training, ovvero giovani che non sono più inseriti in un percorso scolastico o formativo e neppure impegnati in un’attività lavorativa – che in Italia arrivano al 23%, un record a livello europeo, l’aumento della povertà dei minori (0-17anni) al 14,2% e dei bambini e dei ragazzi in povertà assoluta. 

    Chiaramente  rispetto ad altri dati – penso per esempio alla percentuale raddoppiata di adolescenti insoddisfatti della propria vita con un basso punteggio di salute mentale: il 3,2% del totale nel 2019 il 6,2% nel 2021 – la mancata frequentazione delle biblioteche o la riduzione della partecipazione culturale possono apparire poco importanti ma sono anche questi segnali di una piaga che si chiama isolamento e se guardiamo a questi dati insieme vediamo chiaramente che il “sistema del benessere” dei giovani è in evidente difficoltà. 

    Le politiche per il benessere dei giovani devono essere, oggi più che mai – ha detto il Presidente dell’Istat Blangiardo – politiche per il benessere del paese tutto.  Queste devono essere ripensate non attraverso azioni emergenziali ma con una vera e propria strategia che preveda un serio investimento nella scuola, nell’università insieme al potenziamento delle reti di servizi territoriali per la cultura e il tempo libero nell’ottica del welfare culturale, espressione con la quale si intende un modello integrato di promozione del benessere e della salute delle persone e delle comunità, attraverso pratiche anche fondate anche sul patrimonio culturale9Annalisa Cicerchia, Catterina Seia, Alessandra Rossi Ghiglione, Welfare culturale, «Atlante della cultura», Roma, Treccani, 2020, http://www.treccani.it/magazine/atlante/cultura/Welfare.html.. Le biblioteche/centri culturali è esattamente in questa direzione che devono essere pensate, progettate e possono servire.

    Note