La premessa necessaria è che la mia avventura di direzione del Torino Film Festival è iniziata a fine dicembre 2019. La manifestazione è una delle più importanti attività di promozione di cultura cinematografica del Museo Nazionale del Cinema di Torino che lo realizza da molti anni grazie al sostegno fondamentale del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, della Regione Piemonte, del Comune di Torino, della Fondazione Compagnia San Paolo, della Fondazione CRT e di alcuni sponsor privati. Ha una lunga e gloriosa storia, è conosciuto in tutto il mondo per la sua serietà nel promuovere la creatività giovanile di qualità e ha una vocazione metropolitana grazie a una città molto attenta alla cultura e a un meraviglioso pubblico che lo segue con competenza e passione.
Riflessioni di Stefano Francia di Celle, Direttore del Torino Film Festival
L’emergenza del Covid è arrivata quindi nella mia vita professionale a rendere ancora più complessa un’attività intensa di progettazione (la prossima edizione, la 38a, è dal 10 al 28 novembre 2020) che punta a realizzare un’edizione innovativa senza trascurare il consolidamento di alcuni elementi forti della manifestazione. Al momento attuale i quattro punti che seguono sono per me prioritari nell’azione quotidiana: li ritengo indiscutibili anche immaginando ulteriori e per ora imprevedibili ripercussioni del Covid sulla cultura e sull’industria cinematografica.
Far rinascere il giardino con le cure
La metafora del giardino devastato da una gelata invernale violenta e improvvisa descrive bene la situazione attuale del Torino Film Festival: le piante che stavano preparandosi allo sviluppo primaverile sono messe a dura prova. Alcune erano appena state piantate, non solo la mia ma anche quelle del neopresidente e del neodirettore del Museo Nazionale del Cinema, rispettivamente Enzo Ghigo e Domenico De Gaetano, alle redini di uno dei più importanti musei italiani da pochi mesi.
Credo e spero che questo periodo possa essere il momento in cui poter contare i danni della gelata, andare a individuare con molta cautela le gemme che sono confuse nella catasta di rami secchi, investire sugli esili segni di ripresa della vita immaginando una rinascita potente che può essere miracolosa anche solo facendo crescere bene quello che c’è visto che il virus non ha annientato l’importante patrimonio culturale importante del festival.
Per immaginare malgrado tutto un’edizione 2020 che abbia una sua fioritura e una sua maturazione non ostante l’inevitabile riduzione delle risorse economiche a disposizione, le certe ricadute negative sulle presenze dall’estero e l’incerta situazione sull’utilizzo delle sale cinematografiche in autunno.
Il digitale è umano
L’argomento del momento per i festival di cinema è lo sbarco sulle piattaforme digitali. In questi mesi ci sono festival nel mondo che hanno dovuto velocemente portare tutto il loro lavoro sul web e altri che hanno deciso di non farlo perché consapevoli che la loro proposta non poteva così essere sufficientemente valorizzata. Dopo l’iniziale crisi ho intrapreso con il Museo Nazionale del Cinema una strada a metà tra le due posizioni: grazie al tempo che abbiamo a disposizione (il festival è a fine novembre) la nostra sfida può essere quella di far lavorare l’intera squadra a un progetto culturale che amplifichi la finalità di promozione della cultura cinematografica per la quale i festival vengono realizzati e sostenuti.
Ritengo fondamentale riflettere profondamente sulla mia responsabilità etica nei confronti di tutta la squadra
Un obiettivo che possiamo raggiungere perché siamo concentrati su produzioni indipendenti e su giovani talenti più che su eventi internazionali o presenze di grandi divi. Le sezioni competitive (lungometraggi opere prime e seconde, documentari, cortometraggi) sono infatti naturalmente adatte a essere proposte in modalità innovative che si aggiungono alla loro fruizione ideale in sala cinematografica.
Stiamo lavorando a un’iniziativa per il digitale densa di idee e contenuti che nascano grazie a un lavoro di incontro e di dialogo stretto con gli artisti e i professionisti delle opere invitate. Un progetto editoriale sul web dalla forte personalità che possa restare anche dopo l’emergenza per ampliare le possibilità di promozione delle opere e che possa favorire gli scambi tra umanità e professionalità diverse. Con la grande speranza, ovviamente, di poter considerare il web già quest’anno come un’aggiunta alla proposta tradizionale fatta di proiezioni e incontri in molte sale cinematografiche torinesi.
Al centro le relazioni
Uno degli effetti del Covid è il rimescolamento della società, la messa in discussione delle posizioni di potere consolidate e un ripensamento delle relazioni. Queste ultime rappresentano un tema molto importante per me: la mia priorità nei primi mesi dell’anno, infatti, è stata quella di dialogare con le numerose e ricche realtà della città e della regione grazie al fatto che il cinema è un potente linguaggio trasversale che può svolgere un ruolo importante per tante arti diverse (letteratura, musica, teatro, arti visive, architettura), per le scienze, per l’economia, per il diritto, praticamente per tutte le attività dell’uomo.
La creazione di legami profondi e il reciproco sostegno possono essere gli elementi prioritari dell’azione culturale
Uno degli aspetti che più amo del mio lavoro è la possibilità del cinema di avvicinare le persone, di poter svolgere una funzione educativa importante, di poter conoscere le diversità culturali, e in generale di poter condividere emozioni profonde, pensieri e riflessioni in modo immediato e empatico. Ci sono autori che, grazie alla padronanza dell’arte cinematografica e ai loro straordinari collaboratori, offrono le loro opere come potenti mezzi per appassionare, conoscere e curare l’anima. Non ostante il distanziamento sociale che mi ha costretto a casa la cura delle relazioni non è mai cessata.
Sto sfruttando tutte le potenzialità della comunicazione a distanza per conoscere e per capire come il prossimo Torino Film Festival possa essere in armonia e in dialogo proficuo con le altre realtà culturali nell’ottica di una collaborazione forte e di scambi che sento ancora più possibili proprio grazie alla sofferenza tutti stiamo vivendo seppur a livelli diversi. Credo che in questo delicato momento emotivo della società la creazione di legami profondi e il reciproco sostegno possano essere gli elementi prioritari dell’azione culturale.
Investire sulla squadra comunità
Forse dovrei usare termini più professionali come “valorizzare le risorse umane” ma un festival di cinema è un organismo delicato dove si intrecciano professionalità diverse e situazioni individuali eterogenee, da contratti di assunzione a tempo indeterminato fino a collaborazioni di lavoro autonomo di vario genere, anche molto limitate ma comunque cruciali per il buon funzionamento della manifestazione.
Per intenderci si tratta di una comunità che durante il festival conta più di settanta persone e molti svolgono un complesso e importante lavoro preparatorio. Per tutti noi è un momento di grave crisi dove le aspettative per il futuro sono state brutalmente sospese e molte posizioni precarie sono in bilico. Per questo ritengo fondamentale riflettere profondamente sulla mia responsabilità etica nei confronti di tutta la squadra sia per difendere le posizioni in attesa di una nuova normalizzazione ma anche per individuare soluzioni senza costi per indirizzare alcune persone verso una crescita che può consistere in un miglior rapporto tra le potenzialità, la creatività e il lavoro che offrono al festival.
Sono certo che un “tesoro” psicologico di questo tipo sia fondamentale non solo per il bene di tutti ma anche per le ripercussioni positive sull’intero progetto artistico e sul rapporto con la ben più grande comunità per la quale il Torino Film festival è fatto: pubblico, studenti, appassionati di istituzioni e associazioni culturali, registi, distributori, addetti ai lavori e giornalisti.