Mercoledì 29 gennaio 2020
Cosa significa essere un'organizzazione non gerarchica, ossia vivere come un ornitorinco
Scritto da:
Gaspare Caliri


I nuovi centri culturali sono spazi di confronto, di scontro e di trasformazione. Il lavoro che svolgono è inestimabile ma è necessario fare di più per sostenerli. Farlo significa superare gli ostacoli economici e pratici che li hanno limitati fino ad ora: dobbiamo condividere strumenti, conoscenze ed esperienze. Abbiamo bisogno di una presa di coscienza collettiva. Vogliamo unire le forze con tutti i nuovi centri culturali d’Italia. Compila il nostro questionario e raccontaci chi sei.
“Lakoff vede metafore un po’ dappertutto”. L’altro giorno ho riletto questa frase, da un blocco di appunti ritrovato inaspettatamente. Il virgolettato (lo era anche negli appunti) riferisce una frase di spirito, tra le tante, pronunciata a lezione una quindicina d’anni fa da Umberto Eco. George Lakoff è linguista e scienziato cognitivo e, in un libro molto accessibile e celebre, intitolato Non pensare all’elefante, avvertiva la necessità di non appiattire il linguaggio dei progressisti nordamericani sulle metafore riduzioniste dei conservatori. Decisamente attuale. Curioso che uno che vede metafore dappertutto ammonisca a non restare imbrigliati nella metafora, ma cercheremo comunque di accettare il consiglio. Verso la conclusione di un articolo in cui abbiamo introdotto il mondo delle organizzazioni bossless (termine imperfetto che serve a dire: a gerarchia variabile), si diceva che l’«ecosistema relazionale» è «il vero hardware dell’organizzazione senza capi». A un anno e poco più di distanza, provo a riprendere sul serio questa affermazione, di uscire fuor di metafora e mostrare alcune conseguenze di questa visione del mondo e delle organizzazioni. Il pretesto è l’uscita del bilancio di impatto quinquennale di Kilowatt (l’organizzazione di cui faccio parte), dove ci siamo fatti un ritratto che ci aiuta a rispondere, tra le altre cose, a una domanda: come funziona questa cosa del bosslessquando si cresce?
Una tale società è necessariamente una società non gerarchica per la quale tutte le relazioni di ordine sono costitutivamente transitorie e circostanziali alla creazione di relazioni che continuamente negano la istituzionalizzazione dell’abuso umano.
Humberto R. Maturana, “Introduzione” a Autopoiesi e cognizione
Il primo fondamentale passo è capire che un’organizzazione non è una macchina, ma un organismo. Sembrerà una banalità - oggi c’è una grande trattazione nella letteratura organizzativa che sottolinea questo aspetto - ma per decenni non lo è stata affatto. Per capire davvero cos’è un organismo voglio prendere spunto da chi se ne occupa di mestiere. C’è una coppia eccezionale nel panorama delle teorie della complessità: Humberto Maturana e Francisco Varela. Autori de L’albero della conoscenza, e ancor prima del seminale Autopoiesi e cognizione(edizione italiana che unisce due pubblicazioni), i due biologi definiscono cosa è un essere vivente grazie al concetto di autopoiesi, che significa soprattutto tre cose, dove la prima e la terza sono fortemente collegate:- ogni organismo, in primo luogo, difende la propria organizzazione o struttura interna di relazioni e le componenti di un’organizzazione partecipano strumentalmente dell’unità di cui fanno parte;
- l’osservatore modifica il sistema e ogni organismo può anche auto-osservarsi; sapersi osservare - diciamo noi - è condizione necessaria per difendere la propria organizzazione;
- l’essere vivente è un’organizzazione circolare: nel micro si può ritrovare la complessità del macro. I due autori non scrivono proprio questo, ma il principio dell’omotetia (così si chiama) è un importante passaggio per capire la differenza tra complesso e complicato.
- il problema non è la gerarchia in sé e per sé: è l’opacità del potere, come sostiene Richard D. Bartlett. Anzi: in un’organizzazione meno gerarchica, si rischia di avere un gioco di ruoli meno trasparente che, senza la dovuta attenzione e, di nuovo, figure dedicate a esplicitare le relazioni di forza, porta a conflittualità e a danneggiare quello stesso ecosistema relazionale. La gerarchia, di conseguenza, va combattuta non a ogni costo ma quando e dove non funziona, ossia laddove crea distanza tra parte decisionale e parte operativa e fossilizza la capacità di un’organizzazione di leggere il presente;
- il cambiamento organizzativo nasce dal consolidamento di pratiche interne di monitoraggio e integrazione di quanto osservato. Il ruolo del “consulente” del cambiamento organizzativo, di conseguenza, si sposta necessariamente: può essere portatore di strumenti di osservazione, un agente esterno che mette in moto l’autopoiesi, fa formazione e innesca le pratiche di cui sopra;
- osservare è valutare: osservarsi è la base per saper valutare perché permette di raccogliere casi di cui discutere ed evita il rischio di giudicare attraverso generalizzazioni. Al tempo stesso, un buon ecosistema relazionale assicura anche una maggiore tenuta in casi di difficoltà.
- un momento (a inizio anno) di allineamento sui valori (che non si possono dare per scontato nel tempo), sugli obiettivi, le opportunità di innovazione, e soprattutto di condivisione degli indicatori per monitorare la tenuta autopoietica dell’organizzazione, oltre che i risultati di esercizio.
- un momento di capacity building, dove a ciascuno è richiesto di sottolineare competenze orizzontali e verticali ancora inespresse dentro l’organizzazione e di fare emergere parti del lavoro meno visibili, valorizzando quindi il lavoro di tutti e allargando la base di conoscenza e comprensione dell'organizzazione: tale esercizio, se praticato con costanza e associato a nuove progettualità dell’organizzazione, permette di innescare la leadership distribuita o situazionale, passaggio necessario di un’organizzazione che cerca di darsi una struttura non gerarchica. Questo punto mi permette di sottolineare un’altra corrispondenza con l’autopoiesi. Maturana e Varela distinguono tra organizzazione e struttura, laddove l’organizzazione definisce l’identità (invariante) e tale identità si realizza attraverso diverse strutture. L’organizzazione è quindi l’ecosistema relazionale, che si realizza attraverso assetti variabili di leadership che si formano per raggiungere gli obiettivi condivisi;
- un momento di valutazione collaborativa, a fine anno, dove ciascuno è chiamato a proporre una valutazione per sé e degli altri soci sulla base degli indicatori di cui sopra: questo passaggio, al di là dell’importanza che riveste per capire la validità degli indicatori stessi (sono quelli giusti? Rappresentano il nostro ecosistema relazionale, e quindi l’identità della nostra organizzazione?) crea un momento di scambio e permette di monitorare la vera essenza di un’organizzazione come la nostra: il benessere relazionale.
- quando si cresce, è necessario capire come bilanciare la flessibilità relazionale con la necessaria chiarezza e trasparenza di regole di gestione della complessità. Detto altrimenti: nella mutualità dell’ornitorinco, come dotarsi di procedure (per esempio nel passaggio di informazioni, nel monitoraggio dei risultati, ecc.) che siano efficienti e non burocratiche?
- Come si trasforma la gestione delle risorse umane in questo paesaggio relazionale? Anzitutto per dare punti di riferimento alle nuove risorse umane, quando vengono introdotte in un sistema relazionale già così sviluppato senza che si creino passaggi opachi di potere o false aspettative?
- Come conciliare una visione così relazionale del lavoro con il fatto che è “solo” un lavoro? Come cioè dare modo di trovare il proprio posto senza pensare alla dimensione del lavoro come missione “totalizzante” di vita?
- In definitiva: qual è la profilassi per rendere la scelta della mutualità dell’ornitorinco un’opportunità per tutti, una opzione di benessere e non un obbligo ansiogeno?
Altri contenuti correlati
Articolo
Rural Visions Le narrazioni di una ruralità complessa
Articolo
Rural Visions Estetiche del margine a Guardia Sanframondi
Bando
NextGen Venice Idee coraggiose per garantire il futuro sostenibile di Venezia
Articolo
Radical Creativities Come superare la dicotomia?
Evento
Rotte inaspettate per adulti del futuro – Tappa #1 Dove incontrare le nuove generazioni?