
Questo è il primo di una serie di articoli sul tema della rigenerazione urbana. Leggi qui il primo articolo di Claudio Calvaresi. Leggi qui il terzo articolo di Antonio De Rossi e Laura Mascino.
Negli ultimi anni, il concetto di rigenerazione urbana ha assunto una declinazione dominante, spesso orientata verso logiche di sviluppo competitivo, attraverso interventi di riqualificazione meramente estetica e funzionale. Questa deriva, sebbene capace di ridare vitalità a spazi urbani degradati, presenta criticità significative: l'accentuazione del fenomeno della gentrification, l'espulsione delle fasce più vulnerabili della popolazione e la progressiva erosione del diritto alla città.
Esistono, tuttavia, modelli alternativi di rigenerazione urbana che mettono al centro la partecipazione sociale, lo sviluppo di comunità e la valorizzazione delle risorse immateriali. Tra questi si colloca il caso torinese delle Case del Quartiere, 8 spazi da anni attivi a Torino, che si configurano come centri ibridi socio-culturali a base partecipativa, che nascono come eredità delle politiche di rigenerazione urbana avviate a Torino a partire dagli anni '90.
Le Case del Quartiere torinesi sono il risultato di un lungo processo di trasformazione urbana iniziato più di trent'anni fa, quando le amministrazioni comunali, attraverso lo strumento del Progetto Speciale Periferie e successivamente del Settore Rigenerazione Urbana, adottarono politiche di rigenerazione orientate non solo alla riqualificazione fisica degli spazi, ma anche alla cura del tessuto sociale. Questo approccio ha visto il coinvolgimento attivo di enti del terzo settore, cittadini e soggetti privati, con l’obiettivo di alimentare reti di relazioni, appartenenza comunitaria e luoghi capaci di rispondere ai bisogni emergenti.
Le biografie delle organizzazioni e di molti tra gli operatori impegnati oggi nelle Case del Quartiere torinesi testimoniano questa continuità storica. Molti di loro hanno maturato esperienze nei progetti di rigenerazione degli anni '90, portando avanti una visione di città inclusiva e partecipativa. Le Case del Quartiere, pur con grandi differenze di metodo e contesto rispetto al passato, si collocano quindi in questo solco: dispositivi fisici nati per promuovere con continuità pratiche concrete di rigenerazione urbane orientate alla coesione sociale, attraverso un modello di gestione partecipativo, una programmazione flessibile, una forte trasversalità e ibridazione di target di cittadini e ad ambiti di azione.
La progettazione e la co-gestione di questi spazi rappresentano pratiche innovative di rigenerazione urbana, in grado di generare senso di appartenenza e di responsabilità collettiva. L'interazione, in atto o potenziale, tra esperienze locali di questo tipo e politiche urbane più ampie dimostra come queste esperienze possano favorire la sperimentazione di nuove strategie per il miglioramento della qualità della vita. Il rapporto fortemente cooperativo tra le rete delle Case del Quartiere e la Città di Torino, regolato da una governance ispirata all'idea di amministrazione condivisa, ci pare una risorsa, forse non del tutto realizzata nelle sue potenzialità, ma sicuramente di grande interesse.
Uno degli aspetti più innovativi delle Case del Quartiere è il loro ruolo di soggetti "terzi" rispetto alle tradizionali dinamiche dello sviluppo urbano di prossimità. Questa terzietà si manifesta su diversi livelli:
- Intermediazione tra pubblico e privato: Le Case operano anche grazie alla collaborazione tra attori istituzionali pubblici e privati (in primis la Città di Torino, la Compagnia di San Paolo), cittadinanza, organizzazioni profit e del terzo settore. Le modalità di questa partnership permettono di superare la rigida divisione tra i settori, creando uno spazio ibrido in cui si incontrano risorse, competenze e interessi diversi.
- Superamento della logica top-down: Le Case promuovono un approccio bottom-up alla rigenerazione urbana, in cui i cittadini non sono semplici destinatari di interventi, ma attori protagonisti del cambiamento. Questa autonomia operativa è una caratteristica fondamentale che le differenzia dai tradizionali modelli di servizio pubblico.
- Mediazione tra istituzioni e comunità: Le Case fungono da "presidi" territoriali capaci di raccogliere le istanze della popolazione locale, farle emergere e mediarle con le istituzioni. Questa funzione di intermediazione è essenziale per garantire che le politiche urbane rispondano realmente ai bisogni dei cittadini.
- Spazi di innovazione sociale: Le Case sono laboratori di sperimentazione di nuove forme di welfare di prossimità e pratiche culturali a base partecipativa e di sviluppo locale. Questa capacità di innovare è favorita dalla loro autonomia gestionale e dalla loro prossimità ai territori.
Il valore delle Case del Quartiere risiede nella loro capacità di combinare diverse funzioni: sono spazi culturali, centri di aggregazione, luoghi di supporto sociale e laboratori di cittadinanza attiva. Attraverso una vasta gamma di attività, pratiche e possibilità di relazione, questi spazi sembrano poter rispondere a bisogni concreti della comunità locale, con crescente radicamento prodotto dalla continuità e permanenza della loro azione.
Altro elemento distintivo delle Case del Quartiere è la loro capacità di valorizzare le risorse immateriali presenti nel territorio, attingendo appunto dal loro posizionamento come soggetti terzi, facilitatori di processi e relazioni e di capacitazione diffusa, senza sovrapporsi alle risorse locali già esistenti, ma cercando di esserne enzima di sviluppo. Attraverso il coinvolgimento di associazioni, volontari e cittadini, questi spazi mettono a sistema competenze, energie e idee, generando un impatti concreti. E la Rete delle Case del Quartiere, associazione che tiene insieme tutte le Case del Quartiere di Torino, non solo favorisce lo scambio di buone pratiche tra diverse realtà, ma contribuisce anche a oltrepassare la dimensione ristretta del quartiere nel tentativo di costruire una città più inclusiva e solidale.
Questo modello rappresenta un’alternativa concreta alle logiche di rigenerazione urbana orientate esclusivamente al profitto. Rigenerare una città non significa rinnovarne l’estetica o aumentarne l’attrattività turistica, ma costruire comunità più coese, valorizzare la diversità culturale e garantire il diritto alla città per tutti i suoi abitanti.
Nonostante i successi ottenuti, il modello delle Case del Quartiere deve affrontare alcune sfide:
- Sostenibilità economica: La dipendenza da finanziamenti pubblici e privati rende le Case vulnerabili alle fluttuazioni economiche e alle scelte politiche. È necessario individuare modelli di finanziamento più stabili e diversificati, che valorizzino anche le risorse generate dalle attività delle Case.
- Coinvolgimento attivo dei cittadini: Nonostante l'approccio partecipativo, in alcuni casi il coinvolgimento dei cittadini nella gestione delle Case è ancora limitato. È necessario promuovere ulteriormente la partecipazione attiva e la responsabilizzazione dei cittadini nei processi decisionali.
- Valutazione dell'impatto: Le Case hanno intrapreso un percorso di valutazione del loro impatto sociale, ma è necessario continuare a sviluppare strumenti e metodologie per misurare in modo efficace i risultati raggiunti e gli effetti generati.
In conclusione, le Case del Quartiere rappresentano un modello di rigenerazione urbana che va oltre la semplice riqualificazione fisica, promuovendo uno sviluppo locale basato sulla terzietà rispetto a risorse, sulla partecipazione, sulle reti e sulla valorizzazione delle risorse immateriali. Questo modello, che ha le sue radici in una idea di rigenerazione focalizzata sulle comunità residenti più che sull’attrattività competitiva, offre un'alternativa concreta alla logica della gentrificazione, aprendo nuove prospettive per la costruzione di città più inclusive, sostenibili e vivibili.
Foto di Arno Senoner su Unsplash