Social media, ladri di attenzione

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    Non è solo il tempo che ci hanno rubato (tempo esageratamente consumato con loro). Non è solo la capacità di stare in relazione con persone in carne e ossa (sabotata gravemente).

    Ciò che i new media, i social media e tutti i mezzi di comunicazione invadenti hanno saccheggiato è la nostra Attenzione. Se ne cibano avidamente. Per esistere, si prendono il bene più prezioso che consiste nella nostra resistenza a rimanere concentrati su qualcosa, che sia un articolo o la vista di un tramonto. La resistenza a non essere interrotti.

    Gli scienziati cognitivi ci hanno spiegato come reagisce il nostro cervello rispetto agli stimoli che giungono dal mondo esterno. Ebbene noi ci abituiamo a quello che ci scorre intorno in modo consueto. I nostri sensi si abituano a rumori, odori, visioni che popolano l’ambiente in cui ci muoviamo: ci abituiamo al rumore del treno, perfino a quello degli aerei, se abitiamo nei pressi di ferrovie o aeroporti; ci abituiamo alla vista di un certo filare di alberi sulla strada di casa che percorriamo tutti i giorni, al punto che quasi non lo vediamo più…Accade questo perché così il nostro cervello, non potendo impegnarsi su mille fronti insieme, né dovendo continuare a registrare ed elaborare dati, rumori, odori noti, può dedicarsi a mettere a fuoco altro. Può stare attento a ciò che è “nuovo”, appunto.

    Un esempio: riusciamo a lavorare al pc in un open space rumoroso, a scrivere un documento, se ci abituiamo a quel sottofondo costante di disturbi e movimenti che ronzano. L’abituazione – che è la definizione di questo processo, cosa diversa dall’abitudine – è una sorta di arma di difesa della nostra mente, una forma di contrasto alla distrazione. Un paradosso sano.

     

    Foto di Phil Hearing su Unsplash

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