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Negli ultimi vent’anni le cooperative sociali (CS) italiane sono state oggetto di studio da molti punti di vista: le motivazioni dei lavoratori (Borzaga, Tortia, 2006; Carpita, Manisera, 2007), il nesso con il sistema di welfare (Borzaga, Galera, 2016; Burgalassi, 2008), l’analisi dei bilanci (Andreaus, Tortia, 2007; Costa, Carini, 2016), i nuovi modelli (Poledrini, 2017; Poledrini, Tortia, 2018), l’innovazione sociale (Farina, Fazzi, 2009; Tortia et al., 2020) e i suoi aspetti teorici (Poledrini, 2015).
Tuttavia, molto meno spazio è stato dedicato all’analisi delle CS in termini di performance economico-finanziaria e ancora meno alla previsione delle possibili crisi aziendali. Infatti, brevemente, si ricorda che l’unicità delle CS, insieme alle imprese sociali, rispetto alle altre tipologie d’impresa, è data dall’avere una mission volta a «perseguire l’interesse generale della comunità alla promozione umana e all’integrazione sociale dei cittadini», così come recita l’articolo 1 della L. 381/1991, e allo stesso tempo di raggiungere tale obiettivo attraverso un’attività economica d’impresa. Quest’ultima attività, inoltre, in molti casi, si trova a confrontarsi in modo competitivo con le imprese for profit. Da qui deriva la necessità per le CS di essere adeguatamente strutturate in termini economici e finanziari al fine di prevenire eventuali e possibili crisi aziendali.