Museion Art Club: come si connettono i mondi

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    Un percorso editoriale dedicato al Museion Art Club di Bolzano, un incubatore e amplificatore che incoraggia interazioni tra il museo di arte moderna e contemporanea di Bolzano e i protagonisti dell’attivismo urbano diffuso, offrendo spazio, visibilità e possibilità di fare rete.

    Questo è il secondo di una serie di articoli per raccontare il mondo delle organizzazioni para-istituzionali e il loro operato e per approfondire i temi dell’arte e della partecipazione sui territori. Leggi qui la prima puntata. 

     

    Ogni volta che parlo di questa provincia fuori da questa provincia, la prima cosa che sento di dover fare sono le premesse. Premesse che servono a raccontare alla persona con cui parlo cose che vanno ad aprire nuovi immaginari, anche se talvolta ne chiudono alcuni preesistenti. Spesso spariscono le montagne, la neve e i mercatini di Natale e trovano spazio margini, confini, comunità. È in un certo senso un territorio strano questo e come tutti i luoghi strani, a chi li attraversa e a chi ha voglia di farsi da essi attraversare, dà l’opportunità di riflettere.

    Così quando ho accettato di scrivere questa piccola serie di pezzi non facili, ho cominciato a pensare a quali sono le premesse che è necessario fare parlando di musei, giovani, creatività, cultura e organizzazioni da una città che molti associano ad altri immaginari, al fine più che di spiegare, di provare a far uscire (e magari poi far anche entrare), dalla provincia più a nord d’Italia, prospettive sulla sperimentazione e l’innovazione, punti di vista sui processi che le organizzazioni in un luogo attivano per creare impatti.

    Scelgo quindi di condividere innanzitutto una cosa che negli anni ho capito che non è scontata per chi non vive qui, ma che è oggettiva: la regione Trentino-Alto Adige/Südtirol esiste solo per chi vive sotto il lago di Garda. Per tutti noi, qui, Trentino e Alto Adige/Südtirol sono due mondi separati da quel trattino che nella geografia è la chiusa di Salorno. In Trentino non parliamo tedesco. Mentre qui, in Alto Adige/Südtirol, il tedesco è la lingua predominante in tutti i luoghi che non sono Bolzano, dove si parla principalmente italiano. E questo è importante saperlo perché quando proveremo a ragionare su uno dei temi cardine oggi per chi si occupa di cultura ossia l’accessibilità, il come rendere i luoghi fruibili, l’abbassare le soglie ecc ecc.. dovremo ricordare che qui lo facciamo o in una lingua o nell’altra. Che decidiamo di essere accessibili prevalentemente alle persone di madrelingua italiana o a quelle di madrelingua tedesca, e che l’inglese non è mai una buona soluzione se non vogliamo escludere entrambi i gruppi. Quindi quando qui e nei prossimi articoli parleremo di accessibilità vorrei che fossimo sempre tutti consapevoli che qui, su questo tema, più che una soglia c’è un gradino.

    C’è poi un’altra cosa che voglio dire e questa invece è uno sguardo tutto mio, che non è abbastanza significativo per essere annoverabile tra le varianti di contesto, ma che recentemente mi ha fatto molto riflettere. A Bolzano c’è una piccola università che non ha una facoltà di architettura, ma ce l’ha di design. È una cosa strana a prima vista perché è un luogo capace di produrre edifici di una qualità superlativa 1 Gli ultimi premi architetto italiano e giovane talento dell’architettura 2023, indetti dal CNAPP, sono entrambi andati a edifici costruiti in val Passiria https://www.professionearchitetto.it/news/notizie/31201/Pedevilla-architects-e-Campomarzio-sono-l-Architetto-italiano-e-il-Giovane-Talento-dell-Architettura-italiana-2023 e dunque ci si aspetterebbe una scuola che in realtà non c’è. C’è invece una ottima facoltà di design. Ecco: io credo che sia perché in fondo questa è in un certo qual modo una terra “di design”. Orientata all’utente – turista o cittadino che sia – concentrata sull’offrire esperienze di qualità all’altezza delle diverse aspettative, attenta a dare forma a prodotti spesso ineccepibili e a raccontarli bene. Una provincia che fa del design il metodo d’elezione per affrontare le sfide che a volte però forse richiederebbero chiavi di lettura aggiuntive, prospettive orientate anche alla struttura, oltre che all’esperienza.

    E c’è, infine, una terza prospettiva che credo sia utile aprire su questo luogo quando parliamo di organizzazioni. Una questione che prima di raccontare qui ho voluto condividere con gli amici e colleghi con cui ho la fortuna di lavorare. Perché è una cosa strana e dal mio solo punto di vista qualcosa sarebbe potuto sfuggire: qui ciò che è raro sono le iniziative dal basso, indipendenti, underground, militanti, comunque le si voglia chiamare 2 A ben vedere qualche sperimentazione è presente e forse in questo momento è rappresentata dallo spirito che anima lo Spazio Ama. Molto spesso però queste iniziative in brevissimo tempo trovano collocazione all’interno di sistemi più istituzionalizzati, meno informali, “regolati”..

    Potremmo dire che è difficile trovare, in questa città capoluogo, quel sottobosco di micro-azioni, piccole iniziative, aggregazioni informali che altrove sono l’anima stessa del quartiere, ne definiscono il sapore, contribuiscono ad attivarci, ad avere un motivo per incontrarci. In altre parole, quello che manca qui è ciò di cui sono pervasi altri luoghi in giro nel mondo: la precarietà delle strutture dove le associazioni attivano processi, l’indeterminatezza dei pubblici e la loro diversità, la multifattorialità dei bisogni della comunità, la temporaneità di progetti nati in spazi sulla carta già ipotecati dalla speculazione capitalistica, per provare ad arrestarla o semplicemente per far vedere che un’alternativa è possibile.

    Le motivazioni di questa assenza sono sicuramente più complesse di quanto possiamo qui riportare, ma molto probabilmente – e quanto meno per tante delle persone con cui ho avuto modo di parlare – sembra abbiano a che fare con la presenza pervasiva di ciò che potremmo definire “compiutezza permanente”. Tutto qui è rifinito, rispetta canoni condivisi, è in ordine. È, questo, un posto che ha pochi pari in Italia per quanto riguarda la qualità della vita, i servizi, i consumi culturali, ma allo stesso tempo proprio ciò è probabilmente quello che lascia l’Alto Adige ai margini rispetto ai temi che nell’ultimo decennio hanno contribuito a generare l’innovazione dal basso nel resto d’Italia (si pensi ai fenomeni anche temporanei e effimeri di rigenerazione delle comunità, di riscoperta della prossimità e del potere curativo dello stare assieme e fruire, assieme, del bello).

    Ed è proprio in questa provincia, la terra di istituzioni come il Teatro Stabile, Museion, di festival pluripremiati come Bolzano Danza3 Nata nel 1985, Bolzano Danza è oggi una delle rassegne di danza contemporanea più apprezzate a livello italiano e internazionale. Nel 2024 ricorrono i 40 anni del Festival e il direttore artistico. M° Emanuele Masi firma l’ultimo programma di un mandato che ha visto il raggiungimento di traguardi che hanno saputo collocare la manifestazione tra gli eventi più apprezzati in Europa. e Transart4 Transart è un festival diffuso, che da più di venti anni anima il territorio del Trentino-Alto Adige. Partendo da Bolzano, centro nevralgico del Festival, le sue iniziative vengono presentate in tutta la Regione da nord a sud, creando una piattaforma contemporanea interregionale e transfrontaliera. ma anche (tra gli altri) del public art project SMACH e della Biennale Gherdëina, quindi in un territorio dove ogni anno programmi artistici eccellenti toccano il confine tra linguaggi diversi mettendoli in relazione, che si sta provando da qualche tempo a cucire un ponte tra l’istituzione e i giovani, tra il museo e chi l’arte la produce.

    È lo scopo di Museion Art Club Forum, una para-organizzazione che si pone come mission quella di essere “incubatore e amplificatore che incoraggia interazioni fondamentali e indipendenti tra il museo e le e i changemaker urbani, offrendo spazio, visibilità e possibilità di fare rete”.

     

    Museion Art Club – Opening the Pill A Performative Symposium Photo credits: Samira Mosca

     

    Un’iniziativa fortemente voluta dal direttore Bart van der Heide, olandese approdato all’istituzione sudtirolese dopo essere stato capo curatore allo Stedelijk Museum di Amsterdam e direttore del Kunstverein München a Monaco di Baviera. Un progetto che, indagando gli interessi del direttore (https://www.mutina.it/en/journal/talks/a-talk-with-bart-van-der-heide) non stupisce di certo perché si colloca in perfetta coerenza con la sua visione di ciò che un museo può essere al di là del programma e delle exhibitions: una piattaforma sperimentare per l’innovazione sociale e culturale. Ed è infatti con questo scopo che il direttore ha voluto avviare questo esperimento, focalizzandosi su quella necessità che prima fra tutte ha visto, da straniero, qui: l’esigenza di connettere. Connettere persone, professioni, arti, culture, mondi.

    Ora, a distanza di qualche anno dal lancio di questo ambizioso programma, l’intento dell’istituzione è quello di aprire una riflessione pubblica per capire, assieme a chi vive questo territorio ma anche con la collaborazione di chi su questo territorio può avere uno sguardo esterno, come potenziare la capacità di fare rete, di essere un luogo capace di creare reti tra giovani e comunità, di essere per il numero maggiore di persone un luogo “prossimo”, di cui tante persone possano sentirsi “vicine di casa”.

    Nelle scorse settimane, con la fortuna e il tempo che solo gli incontri estivi assicurano, ho quindi incontrato persone che hanno a cuore il Club e voci contrastanti, per provare a costruire un’immagine che possa fare da sfondo ad un discorso più ampio, complesso e articolato. Il fulcro dell’attenzione sono il ruolo e le azioni che possono fare di un museo un luogo dell’attivismo urbano diffuso e della possibilità di fare rete.

    Nelle prossime settimane, all’interno di questo percorso editoriale, incontreremo insieme le diverse voci, a partire dal direttore e ideatore di Museion Art Club Forum, Bart van der Heide.

     

    Immagine di copertina:
    Museion Art Club – Werk. Voguing Dance
    Participatory Residency with William Briscoe
    Photo credits: Samira Mosca 

    Note