L’audiovisivo è un settore in crescita in tutto il mondo, anche se nei grandi numeri le storie raccontate sullo schermo sono seguite sempre meno in sala cinematografica e sempre più sugli schermi domestici: televisioni a 50 pollici e più, computer, perfino smartphone. L’abbonamento annuale ai grandi network on-demand è molto più conveniente di una serata al cinema a settimana con tutta la famiglia. Sono tantissime le serie tv originali diffuse ogni anno in tutto il mondo, in una sorta di globalizzazione delle trame che ormai coinvolge anche l’Italia.
Servirà per svecchiare il nostro sistema cinema qualitativamente discutibile e spesso legato a logiche di clan? L’audiovisivo è un sistema che va indagato, tra esigenze di mercato e ambizione artistica, attraverso il dialogo con gli addetti ai lavori. Per leggere il contemporaneo puntando alla prospettiva internazionale.
“Il nostro tempo – diceva Feuerbach già nel XIX secolo – preferisce l’immagine alla cosa, la copia all’originale, la rappresentazione alla realtà”. E se qualcuno può leggere questa profezia ormai spinta al parossismo (e oggi senz’altro veritiera) in chiave apocalittica, per qualcun altro l’idea di chiudersi nella contemplazione del mondo attraverso le rappresentazioni è una passione, intrattenimento, un’abitudine, una strategia di resistenza o addirittura una exit strategy.
Di certo, qualunque sia la ragione dello spettatore-contemplatore, ci troviamo in una congiuntura in cui la domanda di storie da raccontare e da tradurre in opere audiovisive e in grande crescita, vista l’esplosione di un gran numero di piattaforme in tutto il mondo con l’esigenza continua di acquisire ore e ore di prodotto. Il rischio che si corre, nelle fasi di boom di un settore, è che il fattore quantitativo finisca per ingoiare il fattore qualitativo, e se un tempo si discuteva (abbastanza pretestuosamente vista la totale differenza di fruizione dei mezzi) sull’ipotesi che le serie tv fossero i nuovi romanzi classici della contemporaneità, presto il problema dello spettatore potrebbe diventare l’orientarsi nel maremagnum produttivo, e discernere tra le narrazioni all’altezza di serie-mondo di altissima qualità come The Wire, Breaking Bad o The Deuce, e i casi mediatici come La casa di Carta. A meno di non voler guardare tutto ma proprio tutto.
Ma cosa cercano le case di produzioni internazionali? Che tipo di narrazioni? Prodotti legati al genere con target predefiniti o narrazioni di grande respiro e storie uniche? Su questi temi è stato proficuo dialogare con Ingrid Pittana, italiana di origini canadesi, operatrice del settore giovanissima ma con una grande esperienza internazionale, che negli ultimi anni è stata impegnata come senior executive per il cinema e la televisione nella compagnia di produzione e distribuzione indipendente SquareOne Entertainment GmbH, con sede a Monaco di Baviera.
Forte di una posizione strategica nell’osservazione dei mercati internazionali dell’audiovisivo, e potendo fungere da anello di congiunzione tra obiettivi editoriali e necessità commerciali di un mondo che richiedendo grandi investimenti non può fare a meno di agire attraverso strategie industriali, ecco l’ampia ricognizione affrontata insieme a lei.
Ingrid, facciamo una ricognizione sulle tendenze, le scelte, le esigenze del mercato internazionale nel presente. Quali sono a oggi i prodotti più richiesti?
In questo momento le mie “watch later” e “wishlists” straripano di qualsiasi formato, genere, lingua e tematica. Negli ultimi anni c’è stato un forte incremento nel numero di serie televisive prodotte a livello internazionale non solo da società come Netflix e Amazon (comunemente riferite come SVoD – subscription video on demand) che hanno creato spazio per nuove serie e film di ogni genere e tipo, ma anche da canali pay tv storici come SKY, e più recentemente TNT e FOX International Networks. Questa nuova competizione sta spingendo anche molti canali free tv più tradizionali a sviluppare e produrre contenuti originali.
Le storie di crimine, lunghe investigazioni, e grandi intrighi, continuano ad essere in grande richiesta a livello internazionale, come The Killing, The Bridge, Borgen, Fauda, 4 Blocks, Gomorra, Babylon Berlin, Happy Valley e Tin Star per dirne alcuni. Sempre in grande richiesta ma meno frequenti sono anche quelle chiamate “blue skies series” cioè serie (tipicamente leggeri polizieschi che hanno luogo in bellissime e soleggiatissime locations) come Burn Notice, White Collar, In Plain Sight su USA Network e più recentemente Riviera su SKY.
Ci sono generi, temi o tipologie di storie particolari?
Il genere horror, per esempio, che storicamente in Europa non ha sempre (ed ovunque) avuto un successo paragonabile a quello del Nord America/Asia, sta vivendo un momento di grande revival come anche i film e serie con tematiche fantascientifiche. Hannibal, The Walking Dead, American Horror Stories and Stranger Things sono solo un po’ di esempi. Intanto, continuano ad avere grande successo ed essere molto richiesti dalle SVoD e broadcasters i generi family/per tutta la famiglia (sempre molto importante per il loro library value e per le società SVoD in via d’ espansione) e commedie, mentre i film d’azione (causa budget tendenzialmente più elevati) diventano sempre di più dominio dei grandi studios.
Parliamo di futuro. Cosa vedremo verosimilmente nei prossimi anni?
Non credo che nei prossimi anni cambierà molto in termini di generi di progetti e serie, quanto la quantità di quelli prodotti indipendentemente che raggiungeranno un grande pubblico. Prevedo inoltre un incremento nel formato mini and limited series (serie limitate, tipicamente di 2, 4 o 6 episodi) da parte delle società SVoD e broadcasters nazionali europei.
Veniamo all’Italia. Hai grande esperienza di mercato internazionale, nonostante tu sia giovanissima. In Italia è un momento in cui si avverte un grandissimo fermento produttivo, specie sul piano della ricerca di storia e di soggetti per realizzare serie televisive di successo. Questo dipende dal fatto che ci si stanno affacciando sul mercato tantissimi nuovi operatori come Amazon Prime Video, come TIM come Netflix naturalmente. Dal tuo punto di vista è una nuova età dell’oro che potrebbe favorire il settore con la nascita di produzioni in grado di competere con USA e Inghilterra?
Credo che gli operatori sopra menzionati, stiano certamente creando grandi possibilità per l’Italia (e non solo) in campo produttivo, però tra i primi sono SKY e RAI negli ultimi anni a meritarsi una grande riconoscenza per la loro visione e fiducia nella qualità ed esportabilità del prodotto Italiano oltre lo stivale.
Io sono assolutamente convinta che le produzioni Italiane possano competere a livello di storie, originalità e qualità con quelle inglesi e americane anche perché lo stanno già facendo!
Il mercato italiano all’estero è ancora visto come piccolo e di nicchia? Con la conseguenza che le scelte fatte siano ancora percepite dai grandi broadcaster come riempimenti di catalogo fatti appositamente per il mercato interno?
Le produzioni Italiane all’estero sono sicuramente ancora viste come più di nicchia di quelle americane/inglesi, in parte perché non tutti i paesi fanno uso del doppiaggio (specialmente quelli di lingua inglese) ed in parte per il modo in cui molte tematiche sono state stereotipate e raccontate in passato. Tutto ciò, io però non posso fare a meno di vederlo e viverlo come un grande pregio ed opportunità per raccontare storie autentiche, se pur locali, del nostro paese ed in alcuni casi anche mostrare un lato diverso ed inaspettato della nostra cultura. Serie come Gomorra (SKY/Cattleya), hanno spianato la strada per produzioni italiane di grande respiro internazionale come The Young Pope (SKY/HBO), Suburra: Blood on Rome (Netflix/RAI) e future serie come Luna Nera (Netflix/Fandango), Baby (Netflix/Fabula), L’Amica Geniale (RAI/HBO), pur mantenendo la loro autenticità tematica.
Le serie italiane che si sono affermate sul piano internazionale hanno quasi sempre come materia narrativa le storie della criminalità organizzata. Credi che si possa superare questa “etichetta” o che gli autori italiani che hanno ambizioni internazionali possano sfidare il mercato anche con idee innovative (pensiamo a Black Mirror) senza troppi adattamenti?
Credo che questa etichetta sia già stata superata. Spesso le idee ed in seguito le serie/film più esportabili all’estero per molti paesi (in particolare europei) sono spesso basate su stereotipi culturali degli stessi. La magia credo stia nel modo in cui queste tematiche vengono raccontate. La criminalità per esempio, è una realtà comune in tutto il mondo e quindi anche molto relazionabile. La criminalità italiana resa famosa in tutto il mondo nei primi anni 70 con la trilogia “Il Padrino” di Francis Ford Coppola, lascia comunque spazio per un racconto dei fatti più contemporaneo, sottile ed aderente alla realtà di oggi. Sfidare il mercato con idee innovative (a volte anche solo nel modo di raccontare una realtà ben risaputa) rimane sempre una grande sfida ma non certo insuperabile. Creativamente questo paese ha una grande storia su cui appoggiarsi, e dalla quale ricavare tematiche nuove o meno conosciute che una volta tradotte ed esportate potrebbero ragguagliare temi ad oggi già più sfruttati.
Questa varietà potenziale è una verità che potrà favorire anche la verità contenutistica o in realtà ci sarà un certo conformismo e la ricerca di prodotti tutti simili tra loro, magari in base a semplici riflessioni sul target maggioritari percepiti?
Credo che come in tutte le industrie queste scelte future saranno principalmente influenzate e condizionate dalle persone coinvolte nella decisione e scelta di questi programmi. Alcuni (e a mio avviso, più rari) saranno più impegnati nella ricerca di autentiche verità e realtà tematiche, a scapito di un discorso puramente commerciale (se pur dovendo seguire anche loro gli audience trends), mentre altri cercheranno di indirizzare i loro sforzi verso un compromesso più scontato. Scegliendo di produrre contenuti puramente dettati dal pubblico interesse.
Un consiglio agli autori. Qual è la filiera, quali sono i passi attraverso cui presentare un progetto che abbia respiro internazionale? Serve trovare prima un broadcaster? Un produttore? Come si trova il percorso verso la visibilità?
È fondamentale avere le idee chiare da subito sulla storia che si vuole raccontare ed identificare il modo migliore per raccontarla, ma soprattutto non bisogna mai perdere di vista la domanda: “who is my audience?” (Chi sono i miei spettatori?).
Non esiste regola fissa su chi sia meglio prima trovare, se broadcaster o produttore. In passato io ho sempre prediletto trovare un produttore, o meglio un partner con cui poter condividere il tragitto da sviluppo a produzione. La sceneggiatura per me è l’arma più importante quando si presenta un progetto. Anche idee brillanti, se non traducono nei dialoghi, struttura e personaggi di una sceneggiatura, avranno grande difficoltà a catturare l’immaginazione di chi legge per la prima volta. Come dice un saggio proverbio: “First impressions are the most lasting”. (Le prime impressioni sono quelle che durano n.d.r.).
Il percorso verso la visibilità lo si trova tramite la qualità del prodotto che si propone. Bisogna essere consapevoli delle forze e debolezze di ogni progetto, poterle identificare, discutere ed in certi casi modificare. Inoltre, una buona conoscenza del mercato audiovisivo può aiutare a determinare le giuste aspettative.
Immagine di copertina: ph. Tracy Thomas da Unsplash