Essere Moltitudine: torna l’autoinchiesta di Arci sui centri culturali

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    Si chiude il 31 marzo la seconda edizione di Essere Moltitudine, la prima autoinchiesta sugli spazi culturali e di prossimità lanciata da Arci nazionale e realizzata in collaborazione
    con cheFare. La prima edizione di Essere Moltitudine nel 2021 – 22 ha mappato le attività di oltre 220 spazi. A un anno di distanza la nuova edizione, più ampia, ha già coinvolto più di 400 spazi per fotografare i cambiamenti che questo mondo sta attraversando.

    Quali spazi? La pandemia da Covid 19 ha contribuito a rendere visibile una moltitudine di realtà, nate negli ultimi anni con un’intensità paragonabile a quella del dopoguerra o degli anni ‘90, che agiscono nel campo dell’arte, della ricreazione, del welfare di comunità. Si tratta di circoli, community hub, case del popolo, live club o spazi espositivi che si affiancano all’offerta gestita più o meno direttamente dalla P.A. e dalle grandi istituzioni culturali (biblioteche, musei, teatri, etc). Durante le fasi di lockdown questi spazi sono rimasti chiusi per lunghi mesi o si sono riorganizzati per ospitare la distribuzione di pacchi alimentari, gli hub vaccinali o un dormitorio per persone senza dimora. Anche laddove le attività non si sono del tutto interrotte è venuta a mancare la dimensione della socialità (con l’eccezione della possibilità di contribuire collettivamente alle azioni di contrasto alla crisi socio-sanitaria tramite il volontariato). Mai come nel 2020 – 21 è risultata evidente l’importanza di questa dimensione – che abbiamo appreso non potersi risolvere esclusivamente nell’ambito lavorativo e familiare né mediata da uno schermo – la cui assenza rafforza e crea forme di marginalizzazione e vulnerabilità socio – economica, povertà culturale ed educativa.

    Perché “auto inchiesta”? L’espressione proviene dal ‘900, in particolare dalle esperienze femministe e operaie. Evoca la necessità di misurare, studiare e raccontare con le proprie parole (e i propri indicatori) un fenomeno che è sia un comparto economico, infrastruttura culturale e di sussidiarietà, sia un movimento, caratterizzato da confini aperti, saperi situati, identità politiche in continua evoluzione e spesso frammentate, ma sempre più in grado di convergere su questioni specifiche. E’ importante che questa scena non deleghi i processi dentro i quali si discutono obiettivi, priorità, pratiche. Va, anzi, consolidato un rapporto dialogico tra spazi ed enti pubblici e privati (spesso erogatori di risorse) per non disperdere il valore dell’auto organizzazione dal basso.

     

    Immagine di copertina di JC Gellidon su Unsplash

    Note

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