Cinque tesi per le biblioteche che verranno. Una giornata di studi a Milano

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    Qualche giorno fa mi è capitato di partecipare alla premiazione di un concorso fotografico in cui la sfida proposta ai partecipanti era lo spazio, il tempo, l’energia, l’evoluzione in un solo scatto: quello che tecnicamente si chiama “mosso creativo”. Per ottenere quel genere di foto è necessaria sicuramente una certa progettualità tecnica ma serve anche fantasia, intuizione, sguardo nuovo. Serve soprattutto ribaltare la prospettiva usuale e riabilitarne una inconsueta: le fotografie mosse vengono di solito considerate un errore ma il mosso non è necessariamente un male, può essere piuttosto un modo diverso di vedere le cose e di vedere perfino le cose che non si vedono normalmente. In estrema sintesi direi che serve un cervello inquieto.

    Mi sono un po’ documentata e pare che il primo a catturare in un solo scatto fotografico la continuità del movimento sia stato Anton Giulio Bragaglia con suo fratello Arturo nel 1911. Le loro foto mosse lontane dall’essere “solo” una documentazione tecnica del movimento hanno avuto anche una grande valenza creativa, sottolineata in Fotodinamismo futurista (Roma: Nalato), il saggio di Anton Giulio Bragaglia nel quale si sosteneva appunto il valore artistico della fotografia movimentista per la sua capacità di bloccare il dinamismo che caratterizza gli oggetti in evoluzione del mondo reale. C’è poi una connessione con lo sviluppo delle avanguardie artistiche del Novecento che sicuramente sarebbe interessante approfondire. Ma non è il mio campo.

    Non ho certo le competenze per esplicitare le difficoltà e gli effetti di questa tecnica ma posso dire cosa si prova nel goderne i risultati: per chi osserva una fotografia così realizzata la sensazione è quella di poter cogliere l’evoluzione di un soggetto nello spazio e nel tempo, qualcosa  che solitamente è impossibile intercettare nitidamente a occhio nudo.

    Da quando mi sono imbattuta in questa suggestione non ho smesso un attimo di pensare che il metodo del “mosso creativo” produce esattamente ciò che ha ispirato “Libro città aperta”, la giornata di studi ideata e organizzata da Fondazione Mondadori che si terrà a Milano il prossimo 26 settembre presso il Centro Internazionale di Brera. Nella progettazione di questa giornata di studi ho avuto il privilegio di essere coinvolta. Protagoniste le biblioteche. In effetti non c’è da stupirsi considerata la straordinaria sensibilità della Fondazione su questo tema: i fondi archivistici conservati sono affiancati dai numerosi fondi bibliografici (oltre 200.000 volumi), che restituiscono una preziosa e completa testimonianza della storia editoriale italiana.

    I lavori di studio, scambio e confronto che hanno portato il nostro gruppo di lavoro1Il Presidente di Fondazione Mondadori Luca Formenton, la direttrice Marta Inversini, Giacomo Papi e Daniela Strozzi per Arké Eventi. a concretizzare il programma sono stati una delle cose più entusiasmanti che mi sono capitate negli ultimi tempi e ho pensato che valesse la pena raccontarli qui. Una specie di backstage del convegno. Piuttosto inusuale ma penso efficace.

    Dunque, in questo brevissimo scritto non presenterò nel dettaglio né commenterò il programma ma mi limiterò a esplicitare cosa si è mosso in noi – a proposito di mosso creativo –  fotografi di un momento del tutto particolare per le biblioteche in Italia, animati dall’ambizione di uscire dagli schemi e ispirati dall’unica volontà di immaginare un futuro possibile per le biblioteche pensate nell’ottica di un futuro desiderabile per tutti noi: cittadini, comunità, società.

    Dico che siamo in un “momento particolare” per le biblioteche perché mi pare stiano accadendo alcune cose insieme: nuove importantissime realizzazioni su progetti PNRR (a Milano per esempio la Beic); importanti documenti che declamano la centralità delle biblioteche per lo sviluppo umano (il manifesto Ifla/Unesco del 2022, la carta delle biblioteche di Milano), una enorme quantità  di dati mai avuti prima (i censimenti dell’Istat per esempio, un indicatore dedicato alle biblioteche nel Rapporto Bes dell’Istat) e dunque la possibilità di fare analisi a un diverso livello2Le biblioteche nel sistema del benessere. Uno sguardo nuovo a cura di Chiara Faggiolani, Milano, Editrice Bibliografica, 2022.. Se vogliamo anche una forte attenzione esterna al settore che io personalmente rilevo (questa stessa giornata di studi in parte lo dimostra). A fronte di questa situazione particolare, i cittadini che frequentano le biblioteche sono sempre meno – circa il 10% nell’ultimo anno –  i bibliotecari sono sull’orlo di una crisi di nervi, in estrema sintesi mancano le risorse, di ogni genere (anche i cittadini, gli utenti sono una risorsa fondamentale).

    Di quale infrastruttura culturale abbiamo, dunque, bisogno? Che tipo di spazio serve per modellare l’identità della città al fine di promuove il benessere delle comunità attraverso la partecipazione culturale? Che tipo di servizio dobbiamo progettare guardando non alla transizione che stiamo attraversando ma al momento in cui il cambio di paradigma che ci riguarda tutti sarà definitivamente completato? Quali sono le caratteristiche delle interfacce e della modalità di lettura che possono cambiare la percezione del tempo lento delle biblioteche nell’accelerazione del tempo in cui viviamo? Quali sono le relazioni indispensabili oggi per sviluppare davvero un ragionamento sistemico sulla cultura?

    Queste sono alcune delle domande che ho scritto nel mio quaderno di appunti nel lungo percorso di progettazione. Sono le domande che hanno ispirato il nostro “cervello collettivo” – espressione che amo moltissimo –  e che ci hanno convinti che fosse necessario il coinvolgimento di esperti di architettura e urbanistica, management culturale, innovazione sociale, comunicazione, economia in dialogo con esperti di lettura, di editoria e anche ma non solo di biblioteconomia e di biblioteche.

    In sintesi non volevamo proporre una riflessione sull’importanza delle biblioteche che gli Stati generali dello scorso ottobre a Milano hanno egregiamente affrontato ; non volevamo suggerire un unico modo di intenderle, per esempio il mio, infrastrutture culturali di base, spazi pubblici da intendersi tra i determinanti sociali della salute, nodi del sistema del benessere delle persone; non volevamo neanche affrontare questioni tecniche e puntuali di enorme rilievo per gli addetti ai lavori, come accadrà al convegno delle Stelline a marzo prossimo, dedicato quest’anno alla lettura.

    Volevamo ridiscutere il senso delle biblioteche in un momento in cui credo sia chiaro a tutti che esse possono sopravvivere rischiando di non essere più minimamente influenti oppure possono provare a reinventarsi, perfino ridefinendo la propria influenza.

    Per continuare a svolgere la propria funzione sociale, le biblioteche dovranno cambiare la loro forma? O lo stanno già facendo? Siamo dentro una metamorfosi e forse solo un metodo ispirato al mosso creativo può consentirci di catturarne i passaggi, di capirli, di interpretarne il senso e dunque di progettare per il futuro in modo più dinamico.

    Per abbracciare questa sfida non potevamo che partire dalle poche certezze che abbiamo: le 5 leggi della biblioteconomia formulate da Shiyali Ramamrita Ranganathan (1892-1972), il padre della biblioteconomia indiana e probabilmente uno dei bibliotecari più famosi di tutti i tempi: 1. I libri sono fatti per essere usati; 2. A ogni lettore il suo libro; 3. A ogni libro il suo lettore; 4. Risparmia il tempo del lettore; 5. La biblioteca è un organismo che cresce.

    Da queste suggestioni è nata l’idea di articolare la giornata in 3 sessioni. Certo, proviamo a vivisezionare il “mosso creativo”, perché nella realtà sono tre dimensioni non separabili:

    • La prima sessione sarà dedicata allo Spazio delle infrastrutture culturali nella città del presente e per la città del futuro. Si parla di infrastrutture culturali come spazi vissuti in modo intimo e solitario ma anche sempre in connessione con altri. Spazi pubblici che si fanno strada nella vita privata e che possono tenere insieme le persone nel secolo della solitudine. Spazi culturali per le città o spazi per le città culturali.
    • La seconda sessione è dedicata al Tempo lento della biblioteca e della lettura nel tempo della riproduzione 2x dei contenuti. Di questo ho già anticipato qualcosa proprio qui. Il tempo mobile e discontinuo della città che si confronta con un tempo dedicato ma tutto da reinventare. Il tempo dedicato alle storie nelle loro diverse forme che è anche il tempo in cui si legge mentre si fa altro. Il tempo dei pensieri lenti e dei pensieri veloci, insieme. Il tempo futuro semplice che i giovani fanno fatica a coniugare.
    • La terza sessione è dedicata alle Relazioni possibili, quelle con i libri, tra i libri e tra le persone e con aree di interesse e competenze multiple: l’immaginazione in capo alle biblioteche non può più essere solo in mano ai tecnici. È una questione di porosità, intesa come il rapporto fra pieni e vuoti e di permeabilità, intesa come la proprietà caratteristica di certi corpi di lasciarsi attraversare.

    Alla fine della giornata 5 tesi per le biblioteche del futuro  esito del cervello collettivo allargato attraverso gli scambi, le riflessioni, i confronti con tutte le relatrici e i relatori – saranno presentate e discusse per superare la distanza tra immaginario e immaginabile, per intercettare il movimento in corso delle biblioteche e comprenderlo meglio.

     

    Immagine da Wikipedia

    Note