SOS: Non più pionieri, sempre pirati

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    Un anno dopo XYZ e la vittoria al terzo bando cheFare quali prospettive e quali sfide si aprono per Scuola Open Source? Li abbiamo intervistati alla vigilia di XYZ 2017 che si terrà a Bari dal 23 luglio. Un laboratorio di ricerca e co-progetazione che vedrà alternarsi docenti di design, comuncazione, innovazione sociale e artigianato digitale.

    Un anno fa voi di SOS eravate impegnati nell’organizzazione di XYZ che si sarebbe svolto a luglio presso la sede a Bari vecchia che vi era stata appena concessa. Da poco tempo avevate ricevuto il premio di cheFare ed eravate alle prese con  un percorso di strutturazione interno al vostro gruppo di lavoro. Un momento intenso e decisivo. Quali erano allora i punti chiave che stavate affrontando? Qual era lo spirito?

    Il punto di partenza era l’esigenza di riprogettare il metodo didattico, facendo i conti con un mondo del lavoro sempre più alla ricerca di figure ibride, e di sperimentare con ciò che oggi la tecnologia offre (arduino, stampa 3d etc.), con la volontà di avere un impatto sociale. Crediamo fin da principio che la conoscenza sia magica: se la condividi, aumenta.

    Così, dopo la vittoria del bando abbiamo lanciato il nostro messaggio nella bottiglia (SOS), coinvolgendo 100 persone nella co-progettazione della Scuola attraverso il triplice laboratorio XYZ, figlio delle esperienze di x (2013) e xy (2014) e del lavoro di tutti noi in questi anni. Eravamo incoscienti, in modo spensierato e lucido.

    E probabilmente lo siamo ancora in parte. È difficile immaginare come sarà qualcosa quando non esiste, non ci sei ancora dentro: la tua visione è fantasia, è come un miraggio nel deserto. Volevamo metter su un luogo dedicato all’innovazione, sociale e tecnologica, dove svolgere attività didattiche, culturali e di ricerca, un hackerspace, un fablab. Un luogo per generare nuove opportunità.

    I nostri principi: contaminazione, condivisione, etica hacker, open source diy antifragilità learning by doing non linearità. Questo luogo abbiamo voluto immaginarlo assieme a 100 persone da tutto il paese e dopo il laboratorio ci siamo messi a lavorare per realizzarlo. X, Y e Z, tre assi per immaginare uno spazio. Un atto fondativo, la nascita di SOS.

    Cosa avete imparato dopo averli affrontati?

    Le considerazioni dopo XYZ sono state molte, come le analisi. Le conclusioni che abbiamo tratto circa ciò che si può migliorare, sono queste:

    I talk (che quest’anno hanno lasciato il posto a “la controra”)  dopo pranzo erano un problema, spezzavano la giornata e rendevano molto difficile rimettersi a lavoro.

    Due spazi erano complicati da gestire contemporaneamente, motivo per cui quest’anno abbiamo deciso di concentrare forze e sforzi solo sull’Isolato47 (l’edificio che ospita SOS).

    Crediamo che serva un lavoro maggiore di raccordo tra X, Y e Z (che quest’anno abbiamo predisposto) dal punto di vista dello staff SOS.

    Pur consapevoli che siamo tutti umani, dovremmo sforzarci di dare il meglio, anche quando siamo particolarmente sotto pressione. A volte basta ricordarsi di sorridere e respirare 🙂 .

    Con XYZ avete fatto in modo che i 3 assi portanti della futura scuola, identità, strumenti e processi, potessero essere progettati in maniera aperta. Quali erano i vostri obiettivi e le vostre aspettative prima del laboratorio?

    L’obiettivo è stato quello di sperimentare la progettazione aperta di una scuola, oltre che creare le basi per renderla possibile. Spendere la metà del contributo ricevuto da cheFare in un laboratorio solo, gratuito, che non produce utili in termini economici, a qualcuno non sembrava una buona idea.

    Noi crediamo che davanti alla lista di obiettivi che avevamo, ciò che abbiamo fatto sia stato non solo logico, ma anche intelligente. Nessuno di noi aveva esperienza diretta in ciò che ci apprestavamo a realizzare e ognuno di noi portava un bagaglio diverso di vissuto ed esperienza. Per dirla con le parole di Bertram, durante i laboratori abbiamo provato a trasformare del capitale economico in capitale culturale, sociale e simbolico. E i risultati sono stati evidenti.

    E poi come è andata? Che risultati ha prodotto xyz?

    I risultati sono qui, ma anche nello spirito di una comunità di persone che hanno continuato a crescere assieme e ritrovarsi in molte occasioni in giro per l’Italia, e ultimamente, ad Aprile, nel corso dell’Incontro Civico, frutto anche dell’esperienza dei laboratori e dei legami creatisi in quei giorni.

    Oggi esiste una scuola open source, c’è una comunità di circa 500 persone che cooperano e dialogano affinché il progetto cresca ed evolva, ci sono dei corsi / laboratori, ci sono degli eventi gratuiti (tra cui The Empire Strikes Again e G—Local con la Zeppelin University, che abbiamo raccontato nel nostro blog), tra poco aprirà il FabLab e prenderà il via la campagna di tesseramento (membership).

    Abbiamo attivato i primi progetti di ricerca e abbiamo già messo a punto il primo prototipo (autocostruito) funzionante: Asimov, che permette l’accesso h24 alla struttura attraverso una doppia identificazione (card e pin).

    È passato un anno, cosa avete realizzato a fronte di quanto era stato progettato?

    Abbiamo elaborato e sviluppato gli output tramite sessioni di co-progettazione interna, abbiamo inaugurato il 22 novembre con ospiti Bertram Niessen e Federica Vittori. A gennaio 2017 abbiamo avviato i primi corsi, laboratori, eventi e progetti, lavorando su un audience di studenti universitari e neo-professionisti.

    Un buon riscontro è stato il discreto numero di iscritti provenienti da città come Milano e Roma. Da Arduino ed elettronica programmata al design dei processi e della comunicazione, passando per la serigrafia e il DIY, fino ai visual studies e la data visualization, in un mix dal digitale all’analogico.

    Ma più di ogni cosa, abbiamo accolto la sfida e ci siamo messi in gioco, come imprenditori, docenti, attivatori e facilitatori di processi. Sono iniziate le prime collaborazioni con diverse scuole, stakeholder (Experience, Leroy Merlin, Velo Service, LAB, Civic Wise, Pop Hub ed Expostmoderno, ARCI, Zona Franka, Comune di Bari, Learning Cities, Docus, ARTI Puglia, Zeppelin Universitat, Colloqui di Martina Franca, Wikimedia Foundation) e persone – come Roberto Pugliese, artista e docente del Conservatorio di Bari e Ferdinando Traversa, 13 anni, che ci ha erudito sul funzionamento di Wikipedia.

    È in fase di completamento il FabLab, già operativo e dotato di laser cutter, fresa, banco falegnameria, area elettronica e stampante 3d.

    Stiamo svolgendo una ricerca sui centri di produzione culturale indipendenti in Italia, che ci ha portato a conoscere e intervistare Cristina Alga (CLAC Palermo), Ilaria Morganti (Mare Culturale Milano) e Rossella Tricarico (Manifatture Knos).

    Questo percorso ha destato l’attenzione di alcuni soggetti, tra cui BASE Milano, il Politecnico di Milano e il CNR, portando SOS a diventare l’oggetto di una ricerca che sarà presentata quest’estate ad Atlanta (USA) da Nunzia Coco, già docente del laboratorio XYZ nel 2016.

    Con quali risorse umane ed economiche?

    Sono stati utilizzati 10.000 € di capitale sociale e una parte dei 50.000 € del bando di CheFare. A fronte di questi investimenti abbiamo iniziato a produrre degli utili, principalmente dalla didattica nei primi 3 mesi, dal Fablab e dai progetti di ricerca. Dal punto di vista delle risorse umane abbiamo un organico di 13 soci, ai quali si aggiungono una decina di collaboratori che ci danno una mano in forma volontaria, in cambio dell’utilizzo di spazi e scontistiche sulle attività (reclutati anche tramite una OPEN CALL).

    Cosa avete imparato durante quest’anno di messa in cantiere?

    Sicuramente, l’importanza dell’empatia tra le persone, del mettersi nei panni dell’altro e accettarsi per ciò che si è, della solidarietà, del mettere i problemi comuni davanti ai propri, della coerenza. Questo ha prodotto, nella maggior parte dei casi, risultati positivi e ha saldato alleanze e collaborazioni dando vita a nuove idee.

    Molti di noi sono alla prima esperienza lavorativa, mentre altri si destreggiano tra due o più lavori, tra città e nazioni diverse. Continuiamo a riunirci ogni settimana. Abbiamo provato come, in molte situazioni, un problema può essere un’opportunità. Stiamo imparando, facendo.

    Ad oggi come funziona SOS, cosa funziona bene in SOS e chi sono gli utenti?

    La Scuola Open Source ha/offre un programma didattico multidisciplinare (espressione della propria community), eventi gratuiti ed aperti a tutti, un service di fabbricazione digitale e degli spazi per il Co-living.

    Si rivolge principalmente a quattro macro-categorie di utenza:

    chi ha qualcosa da imparare/insegnare (persone fisiche, si collegano a SOS con un rapporto di membership);
    chi ha bisogno di ricerca /innovazione (singoli, organizzazioni e istituzioni);
    chi si relaziona a SOS tramite rapporti di consulenza e/o progetti di ricerca (potendo così anche usufruire dei correlati sgravi fiscali);
    la societá (che sarà destinataria ultima delle nostre attività tramite la condivisione degli output generati in SOS e potrà prendere parte alla vita della scuola attraverso la membership).

    Oggi chiunque può proporre idee per corsi o laboratori, eventi gratuiti, progetti di ricerca tramite form online. Il meccanismo è perfettibile e per questo stiamo lavorando per fornire alla community più strumenti. Attraverso un sistema di membership gli utenti avranno accesso alla piattaforma web dove, attraverso il “bazaar”, potranno proporre la propria idee e valutare quelle degli altri, generando così moduli formativi, ricerche, sperimentazioni.

    Siete alle porte di un nuovo xyz, un nuovo giro di progettazione secondo il format già messo a punto. quali sono le differenze con l’anno passato e cosa vi aspettate quest’anno?

    Durante i laboratori lavoreremo su quello che la SOS ha prodotto / sviluppato / realizzato in questi primi mesi di vita, si analizzeranno i processi che hanno generato questi risultati, con l’intento di migliorarli.

    Possiamo immaginare questi laboratori come una fase di “debug”, durante la quale la community si raduna per discutere e confrontarsi. La grande novità è la prospettiva: l’intuizione che si può lavorare — assieme — su territori diversi, alla creazione di una rete nazionale di centri di produzione culturale indipendenti, che condividono pratiche e processi, ognuno nella propria individualità, ognuno secondo le proprie specificità, ma consapevoli dell’azione culturale che stanno mettendo in campo tutti assieme, contemporaneamente.

    Questo, per noi, ha un grande valore civico e politico: immaginate se Macao, che sta sviluppando un sistema di crediti (para-valuta) allargasse la propria riflessione, condividendo il risultato (lo strumento) e usandolo per circuitare altri centri di produzione culturale indipendente, facendo così muovere e circolare idee, persone e progetti. Poi immaginate che questo sistema venga adottato qui a SOS, ma anche Rural Hub, all’ExFadda, a Mare Culturale, a Clac Palermo e così via. Ecco, crediamo che il punto sia questo: problemi comuni — soluzioni connettive.

    Fra 5 anni vi piacerebbe che….?

    È un problema rispondere a questa domanda, perché in essa c’è la radice di un ragionamento centrale: noi crediamo che il futuro non si possa prevedere, perché non c’è mai un risultato finale.

    Ciò che ci affascina dell’esistenza è l’iterazione. Ripetere dei cicli apparentemente simili, modulandoli, assaporando le differenze e cercando di imparare qualcosa di nuovo ad ogni nuovo inizio. Qualsiasi risposta, quindi, sarebbe insoddisfacente, dal nostro punto di vista.

    Sicuramente ci piacerebbe restare coerenti ai valori che ci alimentano, lottando ogni giorno per spostare un po’ il senso di ciò che è possibile più in là. Non più pionieri, sempre pirati.

    Note