L’atto di coraggio che arriva dalle periferie

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    Il 6 maggio 2019, a Casal Bruciato nella periferia di Roma, Casa Pound organizza un presidio per protestare contro l’assegnazione di un alloggio popolare ad una famiglia rom, che viene minacciata e umiliata pubblicamente. Movimenti neofascisti, imprenditori politici della paura e media conformisti costruiscono il malessere sociale e lo mettono in scena. Le periferie, per questa policy community del terrore, sono sedi e simbolo dei mali della città: degrado, marginalità, esclusione. Politiche pubbliche senza immaginazione seguono lo stesso racconto e riproducono espressioni che dovrebbero essere desuete: “intervento straordinario”, “aree degradate”, “misure urgenti”.

    Per contrastare le retoriche reazionarie, bisogna in primo luogo arrivare alle periferie, spingersi fin là, riconoscervi risorse, competenze, culture, ma anche pericoli, rischi, disagi, lavorando per incrociare con risorse, competenze e culture altre. Poi, provare a far corrispondere attori, opportunità, sistemi di interessi, che mai hanno avuto modo di connettersi. Sono strategie di brokerage quelle che, dopo essere giunti fino alle periferie, consentono di rimanervi e generare impatti rilevanti. Se stai, diventi parte di. Così si generano i “segnali di futuro”, esercizi creativi che aprono al cambiamento attraverso la sorpresa.

    Il 30 maggio del 2016, ad Amsterdam, presso Pakhuis de Zwijger, si chiude il primo City Makers Summit, che per tre giorni ha discusso il ruolo della «società civile nel co-creare soluzioni innovative alle sfide urbane». Il movimento globale municipalista Fearless cities indica che c’è uno spazio (un continuum pubblico) dove esercitare l’incontro positivo tra governo urbano (il pubblico istituzionale) ed energie sociali (il pubblico comunitario). Il campo di queste sperimentazioni non può che essere la periferia: se non qui, dove avrebbe senso farle?

    Il movimento globale municipalista Fearless cities indica che c’è uno spazio dove esercitare l’incontro positivo tra governo urbano ed energie sociali

    Palermo, ad esempio, è un laboratorio di azioni sociali dirette in direzione fearless. Da “Mediterranea Saving Humans” – rete civica che sulla via delle migrazioni di mare sta garantendo la presenza di una nave di monitoraggio e soccorso nel Mediterraneo centrale – a “Mediterraneo Antirazzista”, una delle più interessanti, ben riuscite e meno conosciute azioni dal basso, che offrono un modello di politica culturale inclusiva per le periferie.

    Prendersi il mare, per riprendersi uno spazio di azione sociale diretta sulla terra. Appartenere al suolo, ripoliticizzare l’appartenenza al suolo, scegliere come prospettiva di intervento quella del Terrestre è azione creativa e contemporanea: la vediamo al lavoro nel riattivare un immobile dismesso incrociando pratiche culturali e servizi di welfare, nel coniugare lavoro, impresa e inclusione sociale in un quartiere difficile, nel ripopolare le “terre alte”, nella sperimentazione di nuove pratiche di abitare.

    Quello che serve è tempo, lunga lena, tempo per durare. Non c’è cambiamento nelle aree marginali e nei quartieri difficili senza prossimità, opera quotidiana da formiche. L’azione sociale diretta è pratica di educazione alla cittadinanza, dà luogo a forme di ingaggio attraverso l’apprendimento e utilizza la mobilitazione come strumento di crescita delle competenze.

    Oggi assistiamo ad un fenomeno rilevantissimo, attorno al quale cominciano ad essere impostate nuove politiche pubbliche (come la Scuola dei Quartieri a Milano) e iniziative di rete (come Lo Stato dei Luoghi). Riguarda la costruzione di nessi tra capacitazioni diffuse e presa di parola, tra education e advocacy, supportati da dispositivi sperimentali che provano a coniugare tensione progettuale e costituzione di nuovi attori.

    Ora, ci servono anche per provare a sconfiggere la nuova paura in cui siamo gettati, nelle periferie e non. La pandemia ha fatto emergere bisogni e povertà, ne ha esteso i confini, pone inedite domande su disuguaglianze di reddito e riconoscimento, su quella che potremmo definire spatial justice, sull’accesso alle infrastrutture in questo caso digitali. Non sono nuove queste domande, le periferie senza paura le conoscono bene.


    Questo testo è una sintesi aggiornata di uno scritto più esteso comparso con il titolo “Periferie senza paura e azione sociale diretta”, nel libro curato da G. Laino, Politiche urbane per le periferie. Quinto rapporto di Urban@it, Il Mulino, Bologna, 2020. I due autori – una progettista e attivista del Sud che “pensa” le cose per farle, e un pianificatore e analista di politiche, che prova a esercitare “riflessione nel corso dell’azione” – richiamano pratiche, che sono professionali, di ricerca e di intervento, svolte principalmente a Palermo e a Milano.

     

    Immagine di copertina: ph. Alex Rerh da Unsplash

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