Cultura a Milano: spazi, contesto e opportunità

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    Negli ultimi anni si è assistito in città ad un aumento della qualità e della quantità dell’offerta culturale complessiva e ad un passaggio da una fase di stagnazione ad una di attivazione delle energie più diverse.

    Questo fermento si è tradotto da una parte in un incremento e miglioramento dell’offerta gestita direttamente dalla pubblica amministrazione e legata soprattutto a spazi culturali più tradizionali; dall’altra nell’insediamento e nell’apertura sempre più frequente di spazi multidisciplinari a vocazione artistica e culturale. Questi spazi si trovano talvolta anche nei territori che per alcuni sono rimasti più ai margini, dove si erano generate situazioni di difficoltà e privazione di natura sociale, urbana o economica; segnano così un orizzonte di trasformazione nei modi più tradizionali di produrre cultura e, parallelamente, effetti di rigenerazione urbana.

    In questo quadro di fermento ed eterogeneità culturale la Fondazione Giangiacomo Feltrinelli ha inaugurato in questi giorni in viale Pasubio la nuova sede che, a partire dall’identità della Fondazione, ha l’obiettivo di valorizzare il patrimonio documentale e i contenuti della ricerca per aprirsi al pubblico e diventare uno spazio di conoscenza e di cittadinanza.

    Fenomeni come questo si sono realizzati spesso grazie a partnership pubblico/private che hanno dato origine ad un quadro reticolare e multidimensionale di relazioni sempre più fitte tra i vari attori, ad una produzione e diffusione molto spesso co-progettata, e talvolta ad una messa a sistema di alcune precise esigenze e necessità per stimolare una nuova domanda, creare un nuovo pubblico di riferimento e coinvolgerlo direttamente nella co-produzione.

    Queste condizioni di fermento hanno imposto la necessità di interrogarsi in generale su cosa significhi produrre e offrire cultura a Milano oggi, e di fornire un quadro interpretativo su quali siano state e siano oggi le possibilità per farlo, quali le tipologie di governance e le modalità di funzionamento dei numerosi spazi multidisciplinari a vocazione culturale e artistica che si sono avviati e quali possano diventare le traiettorie e le direzioni per il futuro e per la sostenibilità nel tempo.

    Per comprendere meglio queste dinamiche e provare a disegnarne una prima rappresentazione, seppure non esaustiva, con Fondazione Feltrinelli e cheFare abbiamo promosso ad ottobre il primo workshop del ciclo Economia delle Culture, che ci ha permesso di delineare tre dimensioni di lettura fondamentali per l’analisi dell’organizzazione e della gestione di alcuni casi di produzione e distribuzione culturale attivi da tempi più o meno recenti a Milano.

    Una prima dimensione di analisi riguarda le forme della produzione culturale, l’assetto e l’organizzazione interna di questi spazi/progetti culturali. Attraverso l’analisi della loro autodefinizione e collocazione nello scenario culturale urbano complessivo è possibile comprendere i fattori di innovazione relativi alla filiera di produzione culturale e le strategie di imprenditorialità e sostenibilità necessarie all’effettiva implementazione del sistema spazio/progetto/offerta culturale.

    Il primo workshop si rivolgeva ad un gruppo di ospiti accomunati dal legame con il rapporto tra cultura e città -comunità scientifica, decisori politici, esponenti del mondo imprenditoriale, operatori culturali. Dal lavoro svolto insieme sono emersi alcuni spunti di riflessione riguardo alle diverse declinazioni che il fare innovazione può assumere.
    Una prima categorizzazione sembra delineare almeno quattro tipi di innovazione.

    Il primo, di tipo amministrativo, è legato al rapporto e al dialogo con l’attore pubblico e con le procedure e normative amministrative in un’ottica sia di accesso agli spazi e alle infrastrutture che di supporto nella gestione.

    Il secondo tipo è relativo al rapporto e al coinvolgimento dei pubblici, alla promozione e alle strategie di audience development.

    Un terzo tipo di innovazione ha a che fare con quello che può essere definito “funding mix”, ovvero l’accesso, l’organizzazione e la gestione delle diverse possibilità di finanziamento.

    Il quarto ed ultimo tipo riguarda invece più da vicino il prodotto e l’aspetto curatoriale dell’offerta culturale, in riferimento a nuovi contenuti e modalità di programmazione delle proposte.

    Una seconda dimensione di analisi intercetta il contesto multiculturale della città. Attraverso l’indagine delle declinazioni dell’offerta culturale è possibile comprendere come questo contesto si interfacci con nuove comunità locali e minoranze etniche e come la progressiva interculturalità stia caratterizzandosempre di più i territori e il contesto urbano. Da questo punto di vista, risultano essere imprescindibili la relazione tra la dimensione fisica e urbana, uno spazio pubblico e accessibile come opportunità di scambio, interazione, aggregazione e sviluppo di capitale sociale e la dimensione locale come possibilità di rigenerazione e di sinergia tra realtà meno consolidate, reti esistenti e pratiche innovative.

    Il terzo cluster tematico attraverso cui vogliamo testare alcuni casi di organizzazioni culturali riguarda la dimensione fisico-spaziale e mira in particolare al rapporto tra hardware e software e ai modi in cui la gestione dello spazio interno può influire su una declinazione attenta dell’offerta culturale, sulle condizioni di accessibilità in grado di favorire l’interazione, l’inclusione e intercettare bisogni e tempi di vita della collettività. Questa dimensione riguarda non solo la progettazione vera e propria degli spazi, la loro ibridazione, apertura e informalità, ma anche la relazione con il contesto urbano e la possibilità di coinvolgere target e comunità specifiche di un territorio e di creare sinergie o di rispondere ad esigenze specifiche di quartiere.

    Per approfondire la seconda dimensione relativa al contesto multiculturale della città, dotarci di alcuni strumenti per analizzare e interpretare tale contesto e raccogliere alcuni possibili casi e pratiche, lunedì 19 dicembre presso gli spazi di cheFare si svolgerà il secondo workshop a porte chiuse del ciclo Economia delle Culture, i cui contributi si svilupperanno a partire da due domande specifiche rivolte ai partecipanti:

    In che modo l’innovazione culturale può costituire un driver di integrazione sociale e di dialogo interculturale, favorendo e contribuendo alla diversificazione delle offerte culturali di Milano?

    Quali sono le pratiche e i casi più interessanti e significativi a Milano di iniziative culturali proposte da o per comunità locali, etniche e minoranze?

    Note