Un piano per Torino: lo spazio dei problemi pubblici e come risolverli

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    Torino è orfana di futuro. Dopo la stagione dei grandi piani strategici, la città si è via via ripiegata sulla gestione dell’esistente, senza riuscire a dare voce e spazio a vecchi e nuovi bisogni, alle aspettative di cambiamento e capacità progettuali diffuse nel territorio.

    Il futuro non è mai un pranzo di gala, tantomeno in questi tempi difficili. Il futuro è costellato da wicked problems che, per loro natura, non hanno una soluzione univoca e richiedono risposte capaci di coniugare soluzioni tecnologiche, modelli giustizia sociale e ambientale, impegno individuale, consenso politico, azione amministrativa, sostenibilità ambientale e imprenditorialità (Raab e Orlemans, 2016).

    Pubblichiamo un estratto dalla prefazione di Filippo Barbera a Torino 2030, un nuovo libro di Sossella editore nella serie cheFare

     

    Problemi che coinvolgono interessi contrastanti e scambi dove i guadagni si distribuiscono in modo asimmetrico, con attori che devono “pagare di più” e dove – almeno nel breve periodo – si danno vincenti e perdenti.

    Per questo, le soluzioni ai wicked problems non sono gestibili solo tramite approcci di ingegneria sociale, ma richiedono la costruzione del consenso politico e la definizione condivisa di orizzonti temporali di lungo periodo, spesso non basati sul calcolo costi/benefici immediato (Alford e Head, 2017).

    Il libro sarà presentato online il 26 maggio all 17.30 con la partecipazione di Filippo Barbera, Patrizia Lombardi, Bertram Niessen, Alessandra Quarta, Luca Sossella

    Per cogliere le difficoltà che un futuro costellato di wicked problems pone ai territori, è necessario chiarire che la loro complessità può derivare sia da dimensioni tecniche connesse alla lunghezza, incertezza e/o opacità delle catene mezzi-fini, sia da dimensioni riguardanti gli attori, i contesti e i processi decisionali.

    La complessità tecnica si snoda lungo un gradiente strutturato dalla chiarezza/trattabilità dei problemi e delle soluzioni, mentre il livello degli attori /contesti è definito dalla maggiore o minore rilevanza di problemi di coordinamento (conoscenza, informazione) e di cooperazione (interessi, valori, potere) tra gli attori.

    Questi due assi, individuano uno spazio di attributi e nove tipi di problemi pubblici, da intendersi come sovrapposti lungo un continuum analitico (tab. 1).

    Troviamo così problemi semplici e “addomesticabili”, problemi cognitivamente complessi e anche problemi che riguardano l’assenza di una buona comunicazione pubblica, fino a problemi “politicamente turbolenti” e a quelli propriamente wicked.

    Diverse combinazioni, basate su specifici mix di mercato, azione pubblica, tecnologia, azione collettiva e imprenditorialità sociale, assumono diversa rilevanza in relazione al tipo di problema pubblico con il quale intendono misurarsi. Inoltre, va detto che il medesimo problema ricade in un tipo piuttosto che in un altro se affrontato a una diversa scala. Per esempio, la transizione dalle fonti energetiche fossili a quelle rinnovabili e, in generale, i problemi ambientali sono ricchi di esempi positivi e virtuosi di soluzioni locali per un “buon antropocene” a livello di grandi città, Regioni o Stati, ma ancora deboli su scala globale. Quale è il futuro di Torino rispetto allo spazio analitico dei problemi pubblici?

    Come verrà illustrato, gli scenari individuati mostrano un campo di variabilità ampio, fortemente dipendente da scelte collettive riguardo le biforcazioni possibili. In altri termini, gli scenari dei futuri possibili indicano che la prossima classe dirigente avrà responsabilità oggettive cruciali: potrà essere ricordata come quella che ha salvato la città, oppure come quella che l’ha affondata.

    Il decennio scarso che si separa dal 2030, infatti, vedrà la combinazione di macro-trend demografici, ambientali, tecnologici e istituzionali che porranno l’area vasta di Torino di fronte a scelte drastiche, dalle conseguenze dirompenti (Hajkowics, 2015). Il futuro non sarà, in ogni caso, business as usual.

    La classe dirigente dovrà saper dimostrare non solo la capacità di indirizzare le azioni del presente verso futuri auspicati e scenari desiderati (la visione strategica) ma anche, e soprattutto, mostrare di avere consapevolezza delle forze trasformative in atto nel presente (segnali forti e segnali deboli), delle loro dinamiche evolutive nel futuro, dei diversi eventi a bassa probabilità ma ad alto impatto, costruendo di conseguenza strategie di adattamento e anticipazione solide e fondate. In altre parole, ci si aspetta che chi sta alla guida e detiene il potere decisionale per la collettività sappia disegnare e attuare strategie “a prova di futuro”.

     

    Immagine di copertina: Particolare dalla copertina di Torino 2030

    Note