La retorica ‘doer’ di Fiverr celebra l’ammazzarsi di lavoro

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    Oggi pubblichiamo il quarto estratto da Entreprecariat. Siamo tutti imprenditori. Nessuno è al sicuro di Silvio Lorusso. È l’ultimo della serie di 4 estratti dallo stesso libro dedicati a Fiverr e ai cosiddetti ‘gig’: piccoli lavori una tantum intorno ai quali sta fiorendo un intero sistema economico legato alle piattaforme digitali


    (Continua da questa pagina) – Qualche tempo fa Jia Tolentino ha firmato un articolo per il New Yorker intitolato «La Gig Economy celebra l’ammazzarsi di lavoro». Il pezzo in questione è solo una delle numerose reazioni a una campagna pubblicitaria che ha fatto balzare Fiverr agli onori della cronaca.

    Pubblichiamo, su concessione dell’autore, un estratto da Entreprecariat. Siamo tutti imprenditori. Nessuno è al sicuro di Silvio Lorusso (Krisis, 2018)

    L’indignazione di massa è stata causata innanzitutto da un poster che mostra il primo piano di una giovane doer dai tratti un po’ lividi tipici di alcune modelle Calvin Klein. Il ritratto, firmato da Platon, fotografo britannico che ha immortalato Obama, Putin e Mark Zuckerberg, è associato alla tipografia schietta del seguente testo:

    Mangi caffè per pranzo.

    Finisci ciò che c’è da finire.

    La privazione del sonno è la tua droga preferita.

    Potresti essere un doer.

    Il manifesto è apparso nella metropolitana di New York, dove ha attirato l’attenzione di pendolari assonnati che hanno prontamente riversato la loro rabbia su Twitter contro quella che è solo una piccola parte della campagna pubblicitaria di Fiverr.

    Campagna che va sotto l’hasthtag #InDoersWeTrust, uno slogan che mescola riferimenti religiosi a richiami economici e identitari («In God We Trust», il motto degli Stati Uniti d’America, è stampato sui vari tagli del dollaro).

    Ulteriore declinazione: uno spot in cui ripercorriamo la routine dei doer, dove vediamo i microimprenditori comunicare con l’altro capo del mondo («Ni Hao Ma») dalla toilette di un club, oppure promuovere instancabilmente il loro business con parenti e familiari.

    I doer si danno da fare e sono sempre disponibili, anche mentre fanno sesso; i doer in questione sono perlopiù donne bianche, anche se a finire sulla copertina di Entrepreneur è un ragazzo. Il ritmo frenetico dello spot ricorda film mozzafiato come Birdman e Whiplash, entrambi esplorazioni dei dilemmi relativi al successo individuale. L’atmosfera always on di Fiverr, pervasa com’è da un’ansia subliminale e scandita dal battito di un cuore che pompa energy drink, sembra un adattamento del manifesto generazionale di Trainspotting fatto da un gruppo di manager. In questo caso però «scegliere la vita» significa trascurare i bisogni del proprio corpo.

    Significa ignorare la morte, che fa la sua apparizione in un breve cameo. Il doer se ne frega delle idee («la mia sorellina è piena d’idee…») perché non è certo un sognatore (chi ha tempo per dormire?). Il doer disprezza l’industria hi-tech e i suoi profeti. È tempo di «battere i guru, battere i ragazzi dei fondi di fiducia, battere i bro del settore tecnologico». Nessuno crede più agli “unicorni”: le fiabe sono per i bambini. I burocrati del settore finanziario – banchieri, capitalisti di ventura ecc. – sono (letteralmente) squali agli occhi del nuovo imprenditore.

    Per non parlare delle gang dei nerd con i loro sciocchi gadget. Stop ai brainstorming, ai meeting infiniti e a tutti quei rituali aziendali che servono solo a perdere tempo. Lo spot ne ricorda un altro: quello della Cadillac del 2014, una schietta celebrazione dell’etica lavorativa americana dal punto di vista di uno che ce l’ha fatta. Con una differenza: qualsiasi traccia di lusso è ora scomparsa.

    La campagna è stata creata da DCX Growth Accelerator, agenzia di base a Brooklyn che non si fa scrupoli a chiamare «ideologia» quello che un pubblicitario comune chiamerebbe concept. L’ideologia in questione è definita da una tensione culturale tra l’imprenditore agile e l’élite burocratica. Per i creatori della campagna, l’imprenditore agile non è altro che il piccolo freelance che lavora duro mentre l’élite burocratica non è, come si potrebbe pensare, quella composta da grigi quadri aziendali, bensì si tratta del popolo dei TED talk, di quelli che campano di pane e disruption.

    L’imprenditoria celebrata da Fiverr è dunque quella invisibile ai media, troppo impegnati a spendere fiumi d’inchiostro a proposito dell’ultima bizzarria di Elon Musk. Citato sul sito Attn:, Chris Lane, Global Head of Digital di Fiverr, non esita a definire la campagna una celebrazione dello spirito imprenditoriale e ne spiega gli intenti: «vogliamo far sì che le persone oltrepassino la loro zona di comfort, vogliamo sfidarle a riflettere sulla loro vita e chiedersi se stanno facendo tutto il possibile per ottenere il successo». A proposito di successo, lo scopo della campagna era quello di trasformare Fiverr in un brand riconoscibile. Oltre allo spot e ai poster, slogan quali «Make America Do Again» (ricordate la ragazza di Singapore?) e «Niente come una busta paga sicura e affidabile. Per schiacciare la tua anima», sebbene motivo di sdegno mediatico, hanno garantito che ciò accadesse: Fiverr vuol dire fare.

    La campagna segnala un mutamento dell’ideale imprenditoriale che riecheggia nei tumulti politici del momento: i doer non sono i tipici imprenditori celebrati dai media per i loro pronostici fantascientifici. Il nuovo imprenditore non è né un visionario, né un mago della tecnologia.

    Il nuovo imprenditore, il doer, non è, come da tradizione americana, semplicemente operoso, bensì indaffarato. Ciò che Fiverr promuove è una specie di populismo imprenditoriale, secondo cui l’élite tecno-finanziaria dei nullafacenti sarà presto demolita dalla moltitudine dei facenti, quelli veri. Che i pubblicitari abbiano avuto un’illuminazione durante i loro brainstorming, rendendosi conto che non c’è tema più virale della nostra relazione perversa con il lavoro? La campagna è uno specchio deformante che ingigantisce l’ossessione collettiva con la busyness e i sensi di colpa che vi si associano. Ci arrabbiamo con Fiverr ma in fondo ce l’abbiamo con noi stessi e con la nostra incapacità di vivere rispettando un adeguato work-life balance. «Se non stai facendo, allora che stai facendo?» domanda il doer che è dentro di noi.

    L’elogio del fare, dell’etica lavorativa e della competizione non sono i soli valori che compongono la narrazione di Fiverr, così come la campagna pubblicitaria non ne rappresenta l’unico veicolo. Un altro tema chiave è quello dell’indipendenza che, come abbiamo visto, va a braccetto con la celebrazione del lavoro autonomo.

    A tal proposito Fiverr ha prodotto uno studio in cui tenta di dimostrare che la microimprenditoria conduce all’indipendenza finanziaria. Il tema dell’indipendenza trasforma inoltre la struttura stessa della compagnia a livello manageriale, dato che Fiverr si considera un’organizzazione in cui ognuno è CEO. Sono parecchi gli articoli e gli infomercial in cui Micha Kaufman in persona si spende a favore della gig economy, quella che, come dichiara su Wired, è la «forza che potrebbe salvare il lavoratore americano».

    Un altro tema ricorrente è quello del globalismo: il lavoro freelance non ha bisogno di radici; è nomade, fluido, diffuso. Non a caso la campagna pubblicitaria predilige le infrastrutture mobili del lavoro informale, come tornelli e stazioni metropolitane. Fiverr lancia una call per assumere un Chief Digital Nomad, il cui compito è quello di girare il mondo per documentare la vita dei freelance.

    L’atmosfera always on di Fiverr sembra un adattamento del manifesto generazionale di Trainspotting fatto da un gruppo di manager. In questo caso però «scegli la vita» significa trascurare i bisogni del proprio corpo.

    La candidata scelta è la nigeriana Chelsy O, che per prima cosa si reca in Vietnam per celebrare la Festa internazionale dei lavoratori. Infine come ogni tech-company che si rispetti, Fiverr non è priva di autoironia, e così si prende gioco dell’universo del self-help («C’è una sola regola per avere successo» al contrario di quanto sostiene Stephen Covey) o della stessa retorica imprenditoriale e i suoi feticci, come il gene imprenditoriale, protagonista di un video pubblicato come Pesce d’aprile.

    Leggi tutti gli altri estratti da Entreprecariat di Silvio Lorusso su come funziona Fiverr e sul suo concept

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