Women of Sex Tech

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    Se un’azienda cresce in un anno del 700% sta evidentemente riempiendo un vuoto nel mercato e lo sta facendo bene. Se due persone riescono a raccogliere più di 800 mila dollari per creare un prodotto con il crowdfunding, allora sono decisamente intelligenti e brillanti. Se poi tutto questo succede negli Stati Uniti, capita anche che a vent’anni si riesca a guadagnare progettando una app.

    Fin qui insomma nulla di nuovo, la storia in questione sembrerebbe ricalcare quella delle centinaia di intuizioni “sgorgate” dall’impetuoso fiume della new economy americana, se non fosse per un piccolo particolare: gli imprenditori e gli ingegneri in questione sono tutte giovani donne under 35 impegnate nel campo del SexTech, dove la tecnologia viene usata per indagare, innovare e promuovere una nuova visione della sessualità umana in tutte le sue sfaccettature.

    “Loving yourself is a rebellious act” è il claim della homepage di Unbound, l’azienda che lo scorso anno è cresciuta del 700% vendendo sex toys e soprattutto costruendo un nuovo modo di pensare a quel tipo di prodotti. Le pagine del sito presentano un’estetica per nulla sessualizzata, con colori accesi, fiori e frutti, una sorta di nuovo paradiso terrestre dove cogliere il frutto proibito diventa occasione solo di piacere e non più di “perdizione”.

    Polly Rodriguez, 30 anni, fondatrice di Unbound, cerca di commercializzare i propri prodotti come fossero linee di cosmetici; il suo punto di forza è l’abbonamento a una curatissima scatola regalo che viene consegnata a casa ogni tre mesi. La unbound box, appunto, che contiene prodotti sempre diversi dedicati al proprio sexual wellness cioè al prendersi cura di sé e del proprio piacere. Una sorta di “gruppo di acquisto”, ma al posto di frutta e verdura biologiche arrivano dildo, paperelle e condom.

    I prodotti si possono anche comprare singolarmente, acquistandoli online in un ambiente decisamente SFW (suitable for work), per cui ci si può connettere anche dall’ufficio in pausa pranzo. Ma la cosa interessante è che oltre alla vendita dei prodotti si può consultare un magazine online con una grande quantità di informazioni, notizie, riflessioni su ogni possibile argomento legato alla sessualità, sempre a partire da un punto di vista femminile.

    Unbound non è l’unica azienda a riscontrare un grande successo in questo settore, ne esistono altre, con base per lo più a New York, e sono tutte accomunate da due caratteristiche: che producano sex toys (Unbound, Dame, Lioness, House of plume), app e siti di educazione sessuale (Tabu, MakeLovenotPorn), condom o lubrificanti rigorosamente organic (Sustain),sono tutte aziende create da giovani donne che, intelligentemente, hanno sfruttato un vuoto del mercato e soddisfatto una domanda ben precisa.

    Una domanda di prodotti progettati da donne e una community di riferimento e di magazine online in cui vengono fornite informazioni sull’importanza del piacere e del benessere sessuale, femminile in particolare. Consumatrici e consumatori completamente diversi, lontani, dai frequentatori dei sexy shop con la vetrina oscurata in cui, entrando, si vedono soltanto prodotti con immagini di donne in lingerie da pornostar.

    Graficamente essenziali e in toni pastello, sono anche video in cui le due fondatrici di Dame, Alexandra Fine e Janet Lieberman, illustrano al pubblico di Kickstarter e Indiegogo i prodotti per cui stanno richiedendo finanziamenti. Parlano del pleasure gap tra uomini e donne (ovvero gli uomini godono più spesso delle donne) e del fatto che lo si possa colmare con i loro piccoli vibratori, usandoli col proprio partner o da sole. Dopo una spiegazione sull’alta tecnologia dei prodotti, spiegata da Janet Liebermam che li ha progettati, le due ragazze concludono sorridendo con un “Vogliamo rendere il mondo un posto più felice, una vagina alla volta” e la campagna chiude con più di 800 mila dollari e migliaia di prodotti venduti. Dame è stata la prima società a cui è stato consentito fare una campagna di crowdfunding su kickstarter per la creazione di un sex toy.

    (www.indiegogo.com/projects/eva-the-first-truly-wearable-couples-vibrator-technology#/).

    Un bel successo che arriva dopo aver ricevuto decine di rifiuti da parte di finanziatori che non volevano trattare prodotti “di indecente natura sessuale”, come racconta la stessa Alexandra Fine. Problemi simili anche per Polly Rodriguez di Unbound che all’inizio della sua carriera ha raccolto soldi tra amici e parenti perché nessun investitore voleva finanziare un’azienda che produce oggetti “non etici”.

    Anche Mia Davis, 25 anni, fondatrice di Tabu, racconta la sua esperienza alla ricerca di finanziatori nella Silicon Valley: “Molti degli uomini a cui presentavo il progetto si irrigidivano e non riuscivano superare il disagio rispetto all’argomento”. La lista di rifiuti è lunga nella Silicon Valley dominata da uomini e Liz Klinger, 29 anni, fondatrice di Lioness – società produttrice del vibratore in grado di passare le informazioni sui propri orgasmi a una app che analizza i dati e definisce quello che più ci piace – racconta: “un finanziatore della Silicon Valley non riusciva proprio a considerare il mio progetto, ma era pronto a finanziare un prodotto contro l’incontinenza maschile”.

    “Più del 90% dei componenti delle società di investimento in capitali di rischio nel mondo sono maschi e i maschi non capiscono quali siano i prodotti legati al sesso che le donne possono desiderare”, afferma Elisabeth Galbut fondatrice insieme a Pocket Sun di SoGal Ventures la prima società di investimento capeggiata da due millenials (ovvero sotto i 35 anni) che ha scommesso su Unbound. “Essendo noi stesse millenials siamo noi le consumatrici e l’obiettivo di mercato di tutte le aziende in cui investiamo”.

    Per comunità di obiettivi, le fondatrici di queste nuove aziende si sono riunite nel gruppo Women of Sex Tech che ha tra i suoi scopi l’organizzazione di incontri d’affari e il sostegno alle start up del settore. Per tutte queste nuove imprenditrici il business legato alla sessualità è accompagnato da una sorta di filosofia: quella di rendere “sociale” il sesso. Socializing sex significa poterne parlare in modo laico, consapevole, senza pudore, senza giudizio, sostenendo che provare piacere sessuale in coppia o da sole è un’ottima occupazione del tempo libero e che fa bene alla salute. Va da sé che, se si prende consapevolezza e non ci si vergogna più, si può aver voglia di acquistare un prodotto progettato con materiali di ultima generazione, tecnologicamente avanzato, ricaricabile via usb, elegante, pubblicizzato con una grafica alla moda e consegnato direttamente a casa.

    Pur essendo magari una semplice strategia per fare soldi, non si può negare che l’idea risulti utile anche a livello culturale. In particolare per le ragazzine più giovani. In un’intervista, Polly Rodriguez racconta come l’educazione sessuale di una ragazza del Midwest come lei, consiste solo nel sentirsi dire di non rimanere incinta o non prendere malattie. Chi è, invece, che parla apertamente alle donne del sesso anche come fonte di piacere?

    “Il settore SexTech è importante anche per via dell’atteggiamento conflittuale che la società ha nei confronti del sesso – piace a tutti ma nessuno ne parla.” afferma Cindy Gallop, fondatrice di Make Love Not Porn e componente delle Women of Sex Tech, “Nessun altro campo dell’esistenza umana è circondato da così tanta vergogna, imbarazzo, senso di colpa e tormento quanto il sesso. Se combiniamo l’importanza che ha la sessualità con il conflitto che genera dentro di noi, ci troveremo di fronte a un fertilissimo terreno in cui progressi e innovazioni possono indagare, promuovere ed esaltare la nostra esperienza sessuale”.

    Questioni importanti soprattutto per le più giovani, spesso alle prese con l’unica educazione sessuale disponibile tra gli adolescenti e tacitamente accettata dagli adulti: il porno hard accessibile sul web, pensato da maschi e dedicato al piacere maschile. Tabu (talktabu – app e sito), per esempio, ha il motto Educate to empower e presenta sezioni di informazione come digital abuse, consent, sexual identity, oltre che le più tradizionali masturbazione, orgasmo, mestruazioni. Tabu dà la possibilità di fare domande in modo anonimo online su qualsiasi cosa e frequentare una community in cui scambiarsi informazioni, perché “no conversation is too tabu”.

    È importante che le ragazze possano capire meglio cosa può piacere loro, senza sentirsi né giudicate, né strane. Citando la mission di Lioness: “Spesso parlare del sesso è semplice ma, soprattutto per le donne, è difficile parlare della propria sessualità. Noi stiamo cercando di cambiare questa situazione.” Le donne, millenials o meno, ne vogliono parlare e soprattutto: vogliono godere. E rendere questa affermazione non “provocatoria/sconcia/imbarazzante/vietata ai minori è sicuramente uno degli obiettivi delle Women of Sex Tech – sia nel business che non – ma dovrebbe esserlo di tutte e tutti noi.

    Note