Nei grandi centri urbani, la finanziarizzazione dell’immobiliare e la turistificazione hanno separato la disponibilità di alloggi dalla domanda reale di chi vorrebbe abitarci. Non si parla più di situazioni di fragilità estrema: sempre più persone non trovano case dignitose a meno che non vi consacrino una componente insostenibile del loro reddito. Eppure, in Italia si parla solo di superbonus, il dibattito sulla casa si esaurisce nei confini della proprietà privata e di casa pubblica e sociale non parla (quasi) più nessuno.
In una recente indagine della Banca d’Italia si legge che le agevolazioni per la casa (ovvero l’universo dei bonus), hanno rappresentato nel 2022 circa 36 miliardi di euro, più del quadruplo di quanto speso nello stesso periodo per le politiche sociali e familiari (8 mld). Tuttavia, l’Italia è tra i paesi europei dove la spesa per la casa pubblica e sociale è più bassa (6€ pro capite contro una media UE di 146€), le case pubbliche sono il 4% del totale (contro una media UE del 20%) e riescono a intercettare solo il 5% delle domande in graduatoria, lasciando fuori circa 1,4 milioni di persone. Mentre le politiche abitative sono in caduta libera, la situazione italiana è drammatica – se paragonata agli altri paesi europei – sotto tutti gli aspetti del bisogno abitativo.
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