Nei due mesi di campagna elettorale che hanno preceduto il voto del 25 settembre, in Italia siamo stati testimoni di un dibattito politico orfano di un ragionamento strutturato su alcuni temi fondamentali quali l’aumento del debito pubblico, l’indebitamento delle famiglie e le diseguaglianze socio-territoriali interne al nostro paese. Eppure, in una parte importante della società civile e del mondo accademico, si avverte il bisogno di rimettere in discussione le logiche di mercato e finanziarie che, ancorate a principi di massimizzazione del valore ed estrazione della rendita, si sono affermate nelle politiche di welfare, in quelle economiche e di sviluppo territoriale.
Manuel Aalbers, geografo e professore della KU Leuven in Belgio, ci aiuta a comprendere il significato del termine “finanziarizzazione”
Complici gli effetti devastanti della crisi del 2007-20081La crisi, iniziata negli Stati Uniti d’America dallo scoppio della bolla immobiliare e finanziaria guidato dai mutui subprime, ha avuto un’onda d’urto devastante a livello globale su conti pubblici, imprese e famiglie. In questo contributo si è deciso di non entrare nel merito delle cause della crisi. Per approfondire si rimanda al prossimo contributo scritto da Simone Tulumello. Si consiglia inoltre la visione di The Big Short, film del 2015 diretto da Adam McKay e ispirato al libro di Lewis Il Grande Scoperto., nelle scienze sociali si afferma il dibattito sulla finanziarizzazione dell’economia, un fenomeno ciclico di espansione finanziaria2Come argomentato da Giovanni Arrighi nel libro “Il lungo XX secolo: denaro, potere e le origini del nostro tempo”. che oggi assume una dimensione più critica. È in questo contesto che studiosǝ propongono una serie di riflessioni sui processi di regolazione economica, sui modelli di impresa emersi in seguito alla crisi e, non ultimo, sui meccanismi che hanno portato a un crescente indebitamento delle famiglie per l’accesso ad alcuni beni primari, come la casa, la sanità e l’istruzione.
Manuel Aalbers, geografo e professore della KU Leuven in Belgio, ci aiuta a comprendere il significato del termine “finanziarizzazione”, riflettendo sulla relazione tra economia –reale e finanziaria— e Stato. Seguendo la scia di lavori accademici, come quello proposto dal suo gruppo di ricerca, e giornalistici, come quello sviluppato dall’Arena for Journalism in Europe, la conversazione affronta il tema della finanziarizzazione della città, un processo da comprendere alla luce di una relazione sempre più forte tra finanza, governo del territorio e mercato immobiliare. Molti temi emersi in questa intervista saranno oggetto di approfondimento nei prossimi contributi della serie, che vede coinvolti studiosǝ italianǝ che hanno svolto ricerche su politiche abitative, rendita, turismo e governo del territorio.
Nel dibattito pubblico e in quello accademico, si utilizza spesso il concetto di finanziarizzazione per indicare il ruolo crescente della finanza nella nostra vita politica ed economica. Ma cosa significa esattamente “finanziarizzazione” e come questo concetto può aiutarci a interpretare la realtà sociale in cui viviamo?
Quando parliamo di finanziarizzazione ci riferiamo generalmente al crescente dominio della finanza, delle pratiche e delle metriche/logiche finanziarie in diverse sfere della vita e in diversi ambiti dell’economia, nelle imprese così come nelle famiglie. La finanziarizzazione si osserva su diverse scale. Questo, secondo alcuni, ne rappresenta il punto di debolezza ma io sostengo che ne costituisca anche il punto di forza, in quanto ci permette di cogliere processi che, in fondo, non sono separati tra loro. Il fatto che un nucleo familiare dipenda in maniera crescente dal mercato finanziario, ad esempio per acquistare una casa o studiare, non è slegato dal fatto che l’economia in senso lato sia a sua volta più dipendente dalla finanza. Questi due processi sono strettamente in relazione, nonostante avvengano su scale differenti. In questo senso, finanziarizzazione non è diversa da concetti come globalizzazione e neoliberalizzazione, anch’essi oggetto di critica nelle scienze sociali ma che io credo valga la pena continuare a utilizzare.
Lei ha fondato un gruppo di ricerca (Real Estate/Financial Complex -REFCOM) che ha prodotto numerosi contributi sul complesso immobiliare/finanziario. Ci aiuta a comprendere cosa significa parlare di complesso immobiliare/finanziario?
Il mercato immobiliare, la finanza e lo Stato sono interconnessi e interdipendenti. Alcuni teorici che afferiscono alla Regulation School sostengono che l’economia sia guidata dalla finanza ma io aggiungerei che l’economia è guidata dalla finanza e dal mercato immobiliare. Analizzando le operazioni delle banche, vediamo che in media esse investono principalmente nell’immobiliare… gli altri investimenti sono minoritari. Quindi, usando questa metafora (Real estate/financial complex), si vuole sottolineare questa relazione di interdipendenza. In linea con quanto appena detto sulla possibilità di osservare la finanziarizzazione dell’economia su differenti scale e livelli, si può osservare il complesso immobiliare/finanziario a livello di nucleo familiare: in questo senso, la dipendenza dal mercato finanziario per soddisfare un bisogno fondamentale, come quello della casa, spiega perché negli ultimi anni diventare proprietari significhi indebitarsi attraverso il mercato dei mutui. Alcune persone potrebbero sostenere che l’acquisto di una casa dipenda dal capitale familiare, e questo è sicuramente vero in molti casi, ma spesso l’acquisto di una casa è possibile grazie al capitale familiare e a forme di debito. Se analizziamo i bilanci delle banche notiamo che queste ultime investono molto denaro nell’immobiliare e nel residenziale. Alcuni studi condotti dalla Federal Reserve mostrano che, in un periodo di 150 anni dalla fine del XIX secolo, per 17 Paesi dell’OCSE i prestiti erogati dalle banche rispetto alla dimensione del PIL (e la dimensione del PIL è aumentata) sono aumentati nel lungo periodo. Si tratta di un aumento costante, non di un’esplosione. Se si considerano solo i prestiti immobiliari rispetto al PIL notiamo un’esplosione superiore a quella di altre forme di prestito messe insieme, come quelli ai governi, alle grandi e piccole imprese, al consumo e agli studenti. Ciò significa che l’immobiliare è in realtà ciò che fa andare avanti le banche: non solo gli immobili hanno bisogno di finanziamenti, ma anche le banche hanno bisogno di immobili per continuare le loro operazioni. Un economista definirebbe quello che ho appena descritto come un fatto stilizzato che dimostra come l’immobiliare e la finanza siano sempre più interconnessi. L’argomentazione secondo cui lo Stato fa sempre più affidamento sul settore immobiliare e sulla finanza è, invece, un po’ più complicata ed è più difficile da quantificare in questo modo. Ho qui sulla mia scrivania il libro di Shatkin “Cities for profit: the real estate turn in Asian urban politics” [Città per il profitto: la svolta immobiliare nella politica urbana asiatica]: questo è un testo che illustra bene cosa intendo per complesso immobiliare/finanziario in quanto dimostra come i governi nazionali e locali facciano sempre più affidamento sul settore immobiliare e sulla finanza, spesso per soddisfare i propri interessi e per attuare le proprie agende politiche.
Dove possiamo osservare il complesso immobiliare/finanziario nella città? Mi fa qualche esempio concreto?
Pensiamo ai progetti di larga-scala, di fatto strumenti utilizzati da molti governi locali per implementare la propria agenda politica ed economica. In questi casi non sono solo i promotori immobiliari a voler realizzare un progetto su alcuni siti specifici ma sono anche i governi locali a richiedere la realizzazione di grandi progetti in aree strategiche. Inoltre, per lo sviluppo di queste grandi aree si cerca di favorire la cooperazione tra promotori e istituzioni finanziarie. Queste forme di collaborazione non sono solo finalizzate all’ottenimento di denaro ma spesso implicano che le istituzioni finanziarie sviluppino interessi più strutturali nello sviluppo, ad esempio entrando nei partenariati pubblico-privati e nelle joint venture. Un altro campo di osservazione è su una scala molto più ridotta. Si pensi ai piccoli sviluppi immobiliari, come ad esempio un blocco di sette appartamenti di nuova edificazione: anche in questo caso vediamo che le istituzioni finanziarie non solo finanziano, ma sono spesso coinvolte come partner. Bruxelles è un caso molto interessante a questo riguardo. Alice Romainville ha svolto un dottorato di ricerca su questo tema, dimostrando che in molti progetti di piccole dimensioni le istituzioni finanziarie non si limitano a erogare finanziamenti, ma sono attivamente coinvolte nelle joint venture.
E cosa mi dice degli impatti sulle nostre città e delle conseguenze in termini di governo della città?
Sia l’industria immobiliare che quella finanziaria spesso spingono per sviluppi specifici nella fascia alta del mercato, come ad esempio nel segmento terziario (uffici) o nei progetti a uso misto. Questi ultimi sono spesso rivolti alla classe medio/alta e ciò, ovviamente, non risolve la crisi dell’accessibilità abitativa. Sembra chiaro che avere più unità abitative non allevia la carenza di alloggi. È comune vedere molte unità residenziali vuote all’interno di questi progetti perché sono in realtà forme di investimento o, nel migliore dei casi, non abitate a tempo pieno. Inoltre, non è detto che costruire nuove case risponda al bisogno reale. In Belgio, ad esempio, negli ultimi anni sono state costruite più unità abitative rispetto alla crescita del numero di famiglie. Bruxelles non è la città più costosa d’Europa ma i prezzi degli alloggi continuano ad aumentare nonostante la costruzione di nuove unità abitative. Per quanto riguarda le conseguenze in termini di governo della città, la questione è più spinosa. Molto dipende dai contesti specifici. Ci sono alcuni governi locali che assumono una posizione più attiva nell’attirare investitori e promotori immobiliari e, per contro, ce ne sono altri che riescono con successo ad ottenere un maggior numero di alloggi a prezzi accessibili.
Mi fa qualche esempio positivo?
Gli esempi positivi si possono trovare nei Paesi Bassi, in Austria e nei paesi scandinavi. Amsterdam è una città nota per l’aumento costante dei prezzi della casa anche se, negli ultimi anni, circa il 30% del residenziale costruito rientra nella categoria dell’affordable housing. Ciò dimostra che anche quando un governo è più propenso a intervenire, questo non comporta necessariamente una diminuzione dei prezzi di mercato. Ci sono altri processi in ballo, altri meccanismi e altri fattori che sono diventati dominanti nel funzionamento dell’immobiliare e che sono molto difficili da governare.
Sino ad adesso, abbiamo parlato di residenziale, grandi progetti e terziario. Cosa mi dice di altri settori economici? Ad esempio, vede il complesso immobiliare/finanziario entrare anche nel settore e nell’industria turistica?
Tradizionalmente molte economie urbane hanno puntato sul turismo per incrementare la crescita economica, e questo è il caso anche di aree non urbane che offrono una serie di attrattività naturali, come ad esempio le località di mare. Alcuni luoghi beneficiano di una forma di rendita di monopolio dovuta, ad esempio, alla presenza di un monumento, come la torre Eiffel a Parigi, o alla presenza di un bel litorale. Tutti questi elementi costituiscono una forma di rendita di monopolio che può essere sfruttata favorendo ulteriormente la crescita del turismo. Alla luce di questo, in alcuni contesti, il turismo diventa un fattore importante di crescita, se non il più importante. Favorirlo significa costruire nuove infrastrutture, molte delle quali hanno a che fare con il mercato immobiliare. Costruire un grande resort non è molto diverso rispetto a sviluppare un grande progetto a uso misto nel centro di una città. Non mi sorprenderebbe vedere alcuni grandi promotori immobiliari specializzarsi anche in questo segmento di mercato! Poi parlare di turismo significa anche, e soprattutto, parlare del settore dell’ospitalità. I grandi gruppi alberghieri dipendono da finanziamenti esterni…. Questa è una connessione “naturale”! Airbnb e le altre piattaforme digitali presenti nel mercato stanno corporativizzandosi. Inoltre, si assiste al proliferare di quelle che in letteratura vengono chiamate corportate management companies [società di gestione], le quali gestiscono le proprietà per conto terzi. A una scala più ampia, possiamo osservare che le catene alberghiere stanno sempre più adattando i propri modelli di business per aprirsi a forme di affitto a breve e medio termine. Tutto ciò, per concludere, contribuisce alla creazione di un complesso immobiliare/finanziario che opera attraverso le piattaforme digitali.