Diario di un festival: Nuove Pratiche Fest, il senso di un percorso sempre aperto

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    “Da quando, ormai settimane fa, si sono conclusi a Palermo i lavori di Nuove Pratiche Fest – Comunità planetarie, il susseguirsi di notizie sui “migranti” non si è mai interrotto, segno evidente di un discorso che per convenienze politiche immediate vuole programmaticamente mantenere il registro dell’emergenza.

    Per questo ha senso ascoltare dopo tempo questo racconto, che viene da una voce insieme ruandese e italiana, la voce di una cittadina della comunità planetaria che abbiamo provato a immaginarci contro l’urgenza, nei tempi lunghi dell’ascolto e del rispetto. Anche perché sentiamo che la paura più profonda – e per fortuna quella che, a trasformarla, può portare i frutti più maturi – non è che “l’altro” arrivi, ma riguarda gli interrogativi su come fare a conviverci quando è già qui da un bel po’. Le nostre comunità sono già planetarie, e chi non se n’è accorto, chi non ci sta, è proprio fuori dal mondo. Ma la convivenza richiede organizzazione, mediazione, spazio alla diversità dei talenti, per far fiorire possibilità nuove.

    Per questo, piuttosto che chiamare professori e teorici tutti maschi e tutti bianchi a ragionare su come ci dovremmo organizzare, abbiamo chiesto a chi, venuto un tempo da qualche altrove, sta qui da qualche tempo, a chi appartiene alle seconde generazioni e alle terze, a chi si è sempre sentito altro da qualunque assimilazione, di raccontarci come si è organizzato, come vive insieme agli altri sul suo pezzettino di pianeta. Noi organizzatori, insieme ai nostri interlocutori abituali, noi operatori culturali e innovatori sociali locali, abbiamo soprattutto ascoltato. E poi ci siamo guardati intorno, e abbiamo visto che questo “noi” era già carico di tante tensioni, interrogativi.

    Abbiamo confrontato biografie, esempi, modelli, politiche. Abbiamo verificato quanto fosse ingannevole ogni retorica dell’identità. Eppure ci siamo ritrovati gli uni nelle storie degli altri. E vogliamo continuare a farlo, tanto che Nuove Pratiche sta pensando di evolversi da “festival dell’innovazione culturale” a “festival delle comunità planetarie”. Chissà, forse non avrà più neppure la forma di un festival. Ma qualunque cosa diventi, nella prossima edizione, da questa prospettiva, ci piacerebbe interrogarci sulla crisi climatica e della biodiversità, che investe il piano delle migrazioni e delle convivenze, della giustizia sociale, di un’etica planetaria. Oggi, partiamo dalla voce di Esperance”. Andrea Libero Carbone

    Qualche mese fa, girovagando per le pagine di Instagram, mi sono ritrovata in posta un messaggio inaspettato e pieno di possibilità. Così, quando mi è stato chiesto di partecipare a un festival come NuovePratiche Fest 2019, ho pensato subito a due cose: la prima che parole portare dalla mia storia piena di passaggi e di salti nel vuoto. La seconda, in realtà, l’ho imparata proprio saltando su un aereo per Palermo e scoprendo la vita negli spazi e le risposte nell’impegno delle persone.

    giovedì 11 aprile – Raccontare qualcosa che accade ora

    “Ho seguito l’urgenza di realizzare un film italiano, senza la retorica del cinema italiano”. Mi dice così Suranga Katugampala quando gli chiedo perché ha voluto girare Per un figlio (Italia, 2016, 74’). È sera, sono arrivata a Palermo da otto ore e ho dimenticato i colori dei muri di Torino. Sarà stata la luce o i Cantieri Culturali, un angolo di mondo immobile e il profumo di vite di passaggio. Il documentario che, insieme ad altri, ha aperto il Nuove Pratiche Fest 2019 il festival curato per CLAC da Cristina Alga e Andrea Libero Carbone nello spazio Cre.zi. Plus, parla delle vite nascoste di chi si prende cura degli anziani di questo paese.

    Una badante dello Sri Lanka, la donna anziana che cura e un figlio adolescente. Un corto che riempie gli spazi con dei silenzi pesanti ma pieni di grazia e di risposte. Una storia di provincia ma collettiva, generale, ambientata nel veronese ma che può accadere ovunque.

    Il regista è un ragazzo col coraggio delle seconde generazioni e il talento di pochi; chiacchierare con cui lui a fine proiezione è un piacere, il sorriso di suo figlio che zompetta per i Cantieri Culturali anche i giorni seguenti è una bella risposta alle domande che mi sono portata in aereo la mattina.

    Gli attori sono stati scelti per strada e la collaborazione della comunità è stata fondamentale. E in un film che racconta, senza parlarne in maniera esplicita, di un paese come lo Sri Lanka (in questi giorni sotto i riflettori per delle pessime notizie), è meraviglioso riscoprire una comunità aperta, collaborativa e disponibile all’altro.
    Torno a casa con la testa piena: il Festival è iniziato, e senza saperlo mi ha già detto tanto.

    venerdì 12 aprile – Cosa c’è nell’aria? Cosa accadrà nel prossimo futuro?

    La prima cosa che mi è piaciuta del Nuove Pratiche Fest è stata la location. Quando mi hanno spiegato cosa fossero i Cantieri Culturali della Zisa mi sono sentita lontanissima da casa e fortunata insieme.

    Per me è la prima volta a Palermo e il quartiere Zisa è un gioiello che ha un sacco di storie. Il programma dice che oggi è l’ora delle “Passeggiate Spaziali”; racconti di esperienze nazionali e internazionali grazie alla collaborazione di Nesta Italia. Una grande opportunità di confronto, scoperta e relazione tra realtà tecniche che abbracciano ambienti apparentemente lontani. Le sfide sociali, il ruolo della collettività, lo spazio urbano e attività pratiche.

    Quando i protagonisti escono dagli spazi addetti hanno lo sguardo soddisfatto. A tavola ci si scambiano ricordi e risate. Qualcuno racconta della sua esperienza appena terminata in Sud America, qualcun altro si ricorda della prima volta a Palermo e un’altra vita mi riporta a Torino. Non mi è mai sembrato di stare così vicino a casa pur standole così lontana. 
Il pranzo è stato così famigliare che quando è arrivata l’ora dei “Pitch Invaders”presentazioni brevi e intense all’ora del caffè, mi è sembrato di raccontare la mia storia a degli amici di sempre; e anche la storia di Aissetou Jaiteh e della sua “African Queen’s Creation” – una linea di moda con stoffe africane e cuore palermitano – mi è stata affine.

    C’è un clima rilassato e la voglia di riconoscersi. È quello che accade nei posti in cui si incontrano vite che stanno in prima linea da sempre, come Roberta Lo Bianco e i ragazzi di Harraga. Una realtà locale straordinaria nella forza dalle tinte multiculturali. A dare una linea all’”Incontro ravvicinato c’è il giornalista e autore Karim Letref. L’ho conosciuto a due passi dalla Mole e ritrovarlo col suo linguaggio dinamico mi ha fatto bene, mi ha dato una specie di fiducia. Vorrei che la conversazione durasse per ore.

    Ascolto questi ragazzi che arrivano da ovunque e capisco perché hanno scelto di restare. Ho il futuro davanti agli occhi. Le comunità planetarie partono anche dai ragazzi che aprono le strade e si aprono, in prima linea appunto, pronti ad ascoltare ma soprattutto a raccontarsi.

    Penso che può partire da qui un modo per mescolarsi bene col volume giusto e le risposte a portata di mano.

    È così che mi tuffo nel panel di “Cittadinanza e Diritto all’innovazione”. Mi sento gli occhi più grandi e mi chiedo anche io che ruolo abbia oggi l’inclusione di tutti e a tutti i livelli.
Ci aspettano già, nel futuro, progetti adatti all’accessibilità? Ci saranno, nel futuro, delle città pronte per accoglierci, per sostenerci?
 Fausto Melluso, consigliere comunale a Palermo per Sinistra Comune dice che “certe sfide uno deve essere in grado di sostenerle” ed è proprio delle città del futuro che si parla e si discute.

    Concentrati sugli obiettivi e sulle cause, pronti a chiedersi cosa manca e cosa si potrebbe fare di più. 
È la fiducia la base fondamentale di questo dialogo spalancato sulle finestre del domani curato da Federica Fulghesu e Luca Tricarico, ed è nell’ambiente di quartiere, quello conviviale, che si conosce fino in fondo il luogo da cui partire. Ed è proprio dal quartiere, dalla fiducia di chi lo abita che si può calcolare la distanza giusta e lunghissima per progetti nati da una mobilità che è cresciuta e si è risvegliata inclusione.

    Oggi lascio i Cantieri Culturali col naso all’insù; gli occhi fissi sui terrazzi pieni di vestiti e le madri che richiamano i figli da chissà dove. Ascolto, tento di imparare una grammatica nuova, fisso negli occhi questo squarcio di realtà. 
Mi piace immaginarle anche così, le città del futuro. Già presenti, pronte solo ad essere sottotitolate.

    sabato 13 aprile – L’ultimo giorno

    Dalla giornata di venerdì mi sono rimaste addosso un sacco di cose, la curiosità tra tutte. Mi sono persa il workshop organizzato da Nesta Italia per parlare del cielo con un commerciante del centro storico. È stato il mio workshop personale, su strada, in lingua e col sorriso gigante. 
Ormai la strada per i Cantieri Culturali la so, e la so abbastanza bene da allungarla e perdere il tempo.

    Quando arrivo sono le 15, tutti hanno già mangiato e incrocio le vite conosciute in queste ore intente a leggere e a farsi passare accanto il vento.

    Parlo della mia storia e delle mie passioni con un insegnante di storia dell’arte svizzero che al Nuove Pratiche ci è finito per caso e ha trovato un sacco di citazioni per le sue prossime lezioni. È un Festival culturale, per chi lavora nella cultura e nel sociale, che quest’anno è giunto alla sua quinta edizione e ha deciso di lanciare uno sguardo a chi con l’innovazione sociale non ci pratica ma in qualche modo la vive.

    Mi piace questa versione alternativa di “schema di collaborazione con le comunità locali”; ci si parla, si stringono le mani, si raccontano gli studi e poi davanti a una birra fresca si aspettano i Pitch Invaders per imparare qualcosa di nuovo sui parchi culturali e la rigenerazione urbana (Farm Cultural Park ) e sulla ristorazione interculturale (Ciwara presentato da Doudou Diouf).

    Il reale motivo per cui sono capitata a Palermo a metà aprile è per la Conversazione Galattica che come titolo ha “Futuro Plurale”.

    Sulla carta mi sembrava una chiacchierata come le altre ma appena incontro le mie interlocutrici mi viene in mente una citazione che ho letto aspettando l’aereo a Roma Fiumicino: “A casa non si va, a casa si torna, e a volte il viaggio dura una vita intera.”
Yodit Abraha è psicologa e mediatrice culturale, è etiope, abbiamo gli anni dell’infanzia in comune e quando parla della sua storia politica la sala si riempie di luce.

    Nwares Ghouma ha origini tunisine, rappresenta Italiani senza cittadinanza e solo dopo, quando faremo più tardi un giro in città, scopro le sue immense conoscenze sulla storia di Palermo – la sua città – e un miliardo di altre meraviglie.
Lina Hissa arriva dal Libano, realizza arte ad Amsterdam e quando ci racconta cosa ha fatto per rompere i confini della burocrazia tutti hanno trattenuto il respiro.

    Elide Lattuca ha 19 anni ma ha una forza che ne dimostra il doppio, scrive per Afroitalian Soul e ogni volta che dice che forse non si è spiegata bene strabuzziamo gli occhi e invidiamo le sue certezze.
 Poi c’è Martino Lo Cascio, regista e psicoterapeuta, che quando parlava si rivolgeva a tutti e quando ci ascoltava esistevamo solo noi. Ci ha guidato in una conversazione profonda utilizzando solo due domande. Ascoltarlo e ascoltarsi è stata un’esperienza che mi mancava, un pezzo di esperienza che ho deciso di mettere al riparo tra i polmoni.

    Il nostro incontro ha chiuso il Festival e le reazioni dei presenti dagli spalti ci hanno allargato la visuale. 
Agli organizzatori ho detto che in un settore così specifico come quello dell’innovazione sociale riuscire a rendere i concetti di spazio e di comunità così vicini a chiunque è stata una grande cosa.
Come si può organizzare la diversità culturale? Come si superano le rivendicazioni identitarie? Su quali modelli si possono costruire le nuove comunità mobili?
 Da queste domande io una risposta vera e propria non l’ho trovata.

    Mi piace l’idea di poterla pensare con in sottofondo Nwares che mi guida per il centro di Palermo, mi piace poterci ragionare a tavola con i ragazzi di CLAC e Nesta Italia che mi hanno fatto scoprire un campo che si affaccia al mondo di oggi con occhi grandi e pronti a riempirsi.

    E adoro la fortuna di sapere da un Festival sulle comunità planetarie io non mi sia mai sentita lontana da casa ma sempre a un passo. Disponibile ad allontanarmi, ad avventurarmi verso nuove conoscenze e ogni volta riscoprirmi più uguale agli altri, più vicina a me.

    Note