Vademecum per oratori dilettanti

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    Riportiamo un puntuale quanto ironico galateo sotto forma di vademecum che Giulio Iacchetti ha pochi giorni fa postato sui social. In un tempo in cui chi fa un lavoro culturale è spesso chiamato ad esibirsi in pubblico è sempre più necessaria la consapevolezza che il corpo è il mezzo principale con cui i propri contenuti raggiungono il pubblico, saperli veicolare con cura e attenzione non è quindi solo una questione di maniera, ma di qualità del confronto (ndr)


    All’ennesima partecipazione a conferenze dove nessuno ha rispettato il tempo del proprio intervento, dove la noia è arrivata a livelli stratosferici, dove le slide propinate sembravano progettate da Bocelli con la consulenza di Ray Charles, mi sono permesso di scrivere questo vademecum. Se anche voi siete stati vittime o carnefici pentiti, condividete, vi prego!

    Ma soprattutto non mi accontento di like buttati lì senza leggere sino in fondo e poi sono graditi i commenti e soprattutto condividete… Chissà mai che così non si possa migliorare la situazione delle conferenze!

    1. Rispettare tassativamente il tempo che ti viene assegnato

    Esistono comode funzioni nel tuo cellulare che ti possono aiutare a misurare il tempo, è assodato che regolarsi con il movimento del sole non rappresenta un modo scientifico per misurare i 5 minuti assegnati al tuo speech.

    2. L’uso di Power Point è bandito dalla legislazione internazionale

    È stato concesso l’uso del Power Point solo per la conferenza stampa presso il Cern Main Auditorium (con l’aggravante del font Comic Sans) per l’annuncio della scoperta del Bosone di Higgs. Se la tua conferenza viaggia su contenuti un pelo inferiori rispetto a ciò che avvenne qualche anno fa a Ginevra, vai di pdf senza effetti deformanti tra una slide e l’altra, il risultato sarà assicurato.

    3. Valgono più i fatti che le parole

    Se ti vendi come esperto/a di questioni informatiche, se lasci sottendere che la tua attività ha ispirato Bill Gates, se la tua azienda è splendidamente 4.0, ma non sai impostare il portatile con funzione “schermo intero” e se urtando distrattamente la presa di corrente causi un black out e per far ripartire tutto guardi disperato/a il tecnico di sala, ecco diciamo che sei un pelo poco credibile.

    4. Coerenza

    Se appartieni o dichiari di appartenere al variegato popolo dei creativi, ma le tue slide sono state partorite senza che mai l’occhio di un grafico minimamente accreditato le abbia sfiorate, se i testi hanno la concentrazione dell’uranio impoverito, o si possono leggere solo ad un metro di distanza dallo schermo, se le foto sono sgranate come un rosario rotto, o se il logo della tua attività creativa è stato generato ai tempi di “banner mania”, ecco diciamo che sei un pelo poco credibile.

    5. Preparazione

    Tutti gli oratori hanno già caricato la loro presentazione sul pc e tu ti presenti bello bella con un mac senza adattatore per il proiettore? Oppure ti presenti a convegno iniziato con una chiavetta con caricato l’iradidio di pdf che rintracciare il tuo intervento è impresa certosina? Oppure la tua fantastica presentazione è farcita di file audio e non ti sei assicurato/a che il pc sia collegato a delle casse acustiche? Che il Dio della tecnologia ti strafulmini! Anche i Rolling Stones dopo 50 anni di concerti fanno le prove prima di ogni concerto, chi sei tu per arrivare all’ultimo minuto e improvvisare come un jazzista ottantenne di New Orleans?!

    6. Vocazione

    Al mio paese esiste un detto che suona pressapoco così “se mio nonno avesse pisciato benzina avrebbe aperto un distributore”. Questa sofisticata metafora insegna che ognuno deve fare il suo. Se tu fossi un attore nato saresti a Cinecittà a girare un film, o su un palcoscenico a far innamorare di te un pubblico in adorazione. Invece sei un ingegnere/designer/architetto/economista ecc ecc magari anche abbastanza triste, che per una serie di circostanze anomale si ritrova su un palco a dire la sua: se mai ti venisse la patetica idea di intrattenere il pubblico con una delle tue micidiali battute, pensa a mio nonno nell’atto della minzione.

    7. Microfono

    Il quarto segreto di Fatima ha svelato definitivamente il mistero del microfono: ovvero che amplifica solo se te lo metti davanti alla bocca e se eventualmente hai qualcosa di dire.

    Ps Il microfono è acceso quando c’è la luce rossa: non agitarti compiendo azioni deleterie come:
    spegnerlo per provare che non funziona; riaccenderlo e batterci sopra il dito spaccando i timpani al prossimo, chiedendo poi se funziona…Funziona!!!!

    8. Pubblico

    Vale la pena ricordare che siamo lì, difficile da credere, perchè ci sono delle persone che vogliono ascoltarci. L’ideale sarebbe modulare il proprio intervento in base alle condizioni del pubblico evitando così la sindrome degli irrigatori di prima generazione. I siffatti irrigatori metodicamente e scientificamente irrigavano l’orto all’ora stabilita nonostante si fosse appena scatenato l’uragano Katrina, in altre parole non era ancora stato inventato il sensore della pioggia. Se il tuo pubblico ha già subito un diluvio di parole, se sei il ventesimo oratore della giornata e nessuno prima di te ha rispettato i tempi, se i due coreani in prima fila hanno già ampiamente superato la soglia dello stadio REM del sonno, evita di irrigare ulteriormente il pubblico con il tuo fiume di parole, taglia corto e scappa via.

    9. Rapidità e leggerezza

    Ti eri preparato per esprimere tanti bei concetti, ma sei arrivato/a solo a metà ed il tempo è finito. Che fare? Mollare il microfono a quello dopo di te o inscenare una resistenza sgomitando per arrogarti il diritto di sparare sino all’ultima parola che ti eri infilato/a nell’esofago? C’è un metodo infallibile per sapere cosa fare: Se la platea alla fine del tuo discorso non si è prodotta in una steding ovation al grido di BIS! BIS! BISSS!!! Se le ragazze in prima fila non si sono strappate il reggiseno buttandolo sul palco, direi che puoi stare sereno/a: quello che hai detto è bastato e forse pure avanzato.

    10. Un buon ricordo

    Cosa ne sarà di tutte le parole e le immagini che abbiamo riversato su quell’incauto pubblico? Cosa resterà di noi alle persone intervenute in quell’aula magna, sala conferenze, auditorium? Poco o niente.

    E se mai qualcosa da noi partorito si fosse infilato tra le meningi di qualche presente, sarà più dovuto al caso che alle nostre capacità istrioniche o intellettuali. Per non lasciare nulla al caso siate brevi, e tutti vi ricorderanno con particolare affetto.


    Immagine di copertina: Mikael Kristenson

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