Torna il bando iC. Intervista a Alessandro Rubini

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    Fino al 19 dicembre 2017 è aperto il bando del progetto iC – Innovazione Culturale. Si tratta di uno dei principali percorsi in Italia per il finanziamento di nuove imprese culturali, ormai giunto alla sua quarta edizione. Abbiamo chiesto ad Alessandro Rubini, Programme Officer di Fondazione Cariplo e Project Leader iC-InnovazioneCulturale, di spiegarci meglio come si articola il percorso.

    Quali sono le principali caratteristiche del bando e cosa c’è in palio per i progetti che vengono selezionati?

    Il bando è la prima parte del progetto iC – Innovazione Culturale e serve a raccogliere proposte da tutta Italia e oltre. È un bando anomalo per un ente come Fondazione Cariplo poiché si rivolge direttamente a gruppi di persone (team) e lo fa attraverso un format di facile accesso che richiede di rispondere a 12 semplici domande attraverso le quali presentare la propria idea di innovazione culturale. Per innovazione culturale intendiamo qualsiasi prodotto o servizio capace di portare un cambiamento rilevante nel modo in cui facciamo o viviamo la cultura.

    Nelle prime tre edizioni abbiamo raccolto 962 proposte che hanno coinvolto più di tremila persone. Dietro ogni proposta c’è un gruppo di lavoro (amici o colleghi che condividono idea e sfida), la cui coesione e completezza è fondamentale. E’ il capitale umano infatti il punto di partenza, potentissimo e delicatissimo: autentico capitale di rischio dell’impresa culturale nascente.

    Nel corso delle tre edizioni abbiamo selezionato 54 gruppi a cui offrire un accompagnamento alla costruzione dell’impresa culturale. Questo percorso è stato disegnato e realizzato insieme a validi collaboratori di Fondazione Fitzcarraldo, Make a Cube e altri enti e mette i gruppi nelle condizioni di chiarire la propria proposta di valore, confrontarla con l’esterno, validarla e rappresentarla nel modo migliore. Al termine del percorso ogni gruppo costituisce un’organizzazione e può presentare a Fondazione Cariplo un progetto di lavoro biennale per l’avviamento d’impresa e la diffusione della propria attività. Finora Fondazione Cariplo ha sostenuto 38 di queste con un contributo complessivo di 3.499.000 €, con un contributo medio di 92.000 € a progetto.

    Cosa state cercando, esattamente? Puoi indicare alcune macro-categorie di progetti nati da iC negli anni passati? 


    L’innovazione è qualcosa che cambia il modo di pensare le cose e di farle. Le possibilità sono infinite. Da una parte l’ambiente digitale ci permette forme di creatività e disintermediazione prima dispendiose, dall’altra ci sono sperimentazioni e pratiche recenti e storiche che possono essere riattualizzate e organizzate in maniera nuova. Faccio degli esempi.

    Le piattaforme digitali permettono di connettere gli attori della filiera in maniera rapida e diretta per scambiarsi beni e servizi.  Ma questa facilità d’incontro tra domanda e offerta per beni complessi come quelli culturali richiede sempre un coordinamento curatoriale e logistico di buon livello; qui si aprono possibilità per imprese culturali e così hanno fatto, per esempio, Movieday creando una piattaforma di Cinema on Demand, o Teatroxcasa con una piattaforma che porta il teatro e il pubblico direttamente nelle case delle persone. Oppure c’è il caso di Twletteratura che ha creato una piattaforma di social reading che crea con studenti e appassionati di letteratura comunità di lettura condivisa e riscrittura. In tutti questi casi si è riportato il consumo culturale a una dimensione meno individuale e più collettiva facendo leva sul desiderio insoddisfatto di aggregazione a base culturale presente in molte persone.

    Il coinvolgimento ludico intelligente nell’esperienza culturale è un’altra leva importante, resa possibile da una maggiore interazione umana (è il caso delle visite teatralizzate di Dramatrà) oppure tecnologica come proposto da TuoMuseo, o bARTolomeo su target diversi. Oppure ancora da Bepart e StreamColors grazie a servizi digitali che sconfinano nella abilitazione creativa diffusa.

    In altri casi l’innovazione è diretta a soddisfare alcuni bisogni delle istituzioni culturali che, travolte dal cambiamento tecnologico e dalla crisi di risorse, cercano soggetti con la sensibilità e la competenza idonea per avviarne una sostenibile trasformazione. È il caso di MeetMuseum che connette musei e imprese, oppure Aedo e Memooria che utilizzano tecnologie sofisticate ed economiche per aiutare la fruizione e la conservazione. Ma tante altre forme di innovazione e creatività stanno nascendo e crescendo. Siamo quindi aperti a sorprese.

    Negli ultimi anni i bandi per il supporto di nuove progettualità sono diventati strumenti cruciali in Italia. Che ruolo gioca iC da questo punto di vista?

    Il merito di iC e di altri programmi simili è stato di risvegliare e rappresentare la ricchezza di idee e desideri di persone innamorate della cultura. Con processi rigorosi e trasparenti sono state effettuate delle scelte che hanno permesso ad alcune idee di diventare realtà. E fin qui sembra una bella fiaba.

    All’apparir del vero però, non siamo caduti né scappati, anzi. Abbiamo supportato le imprese culturali nelle loro trincee ricercando, per quanto possibile, alleanze e accreditamenti per loro e per tutto il movimento. Se oggi parliamo serenamente di impresa culturale è perché negli ultimi anni tanti sforzi invece di confliggere hanno cominciato a convergere delineando nuove linee di lavoro e nuovi desideri di rappresentazione e narrazione. Il merito di questi primi risultati è collettivo così come collettivamente e con lucidità bisognerà continuare ad andare avanti dando un respiro internazionale e intergenerazionale al lavoro da fare e ai risultati da raggiungere. È la durata che dà senso alle politiche e su questo credo che iC, arrivato alla sua quarta edizione, stia facendo la sua parte correggendo ogni volta i propri errori e abbattendo ogni volta qualche diffidenza in più. Non solo tra le istituzioni, spesso più curiose di innovazione di quanto si possa pensare, ma anche in tanto mondo professionale abituato a considerare la cultura come un semplice passatempo.

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