Robin Hood, il selvaggio della finanza

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    Si è appena concluso il programma di AB-STRIKE organizzato da Macao e Sale Docks nelle città di Milano e Venezia, giornate in cui piattaforme artistiche, filosofi ed economisti hanno lavorato sul rapporto fra arte e finanza, intelligenza algoritmica, automazione e trasformazione del lavoro, debito e istituzioni culturali. A Milano abbiamo incontrato Robin Hood Minor Asset Managment, un progetto nato in Finlandia ed ora trasferitosi in Silicon Valley. L’obiettivo di Robin Hood è quello di coniugare mercati finanziari, nuove tecnologie, e azione politica radicale. Abbiamo intervistato Akseli Virtanen co-fondatore e attuale presidente del gruppo.

    L’idea iniziale di Robin Hood Minor Asset Management è nata ad Helsinki da un gruppo di artisti, economisti e filosofi. Da un punto di vista politico e sociale è uno dei primi casi in cui si affronta il mercato finanziario in modo affermativo e alternativo. Avete creato un algoritmo parassita per catturare risorse economiche dai mercati finanziari e distribuirle alle persone che ne sono escluse. Puoi descrivere come questo approccio coniuga aspetti performativi alle nuove tecnologie e una certa idea estetica?

    Quando Robin Hood ha rilasciato il suo protocollo minor asset management due anni e mezzo fa, intendevamo fare tre cose radicali. In primo luogo affermare che non c’è possibilità di stare fuori dai processi di finanziarizzazione e abbiamo preso questo assunto come un punto di partenza molto serio per la nostra impostazione politica ed economica. Noi tutti siamo già parte del processo di accumulazione finanziaria, non importa chi siamo o quanti pochi soldi abbiamo. Questa concezione dell’economia implica anche la consapevolezza che i soldi non sono qualcosa di brutto o di sporco, ma al contrario che è un bene poter aver accesso ai soldi e poter governarne i flussi. E che il campo in cui avviene tutto ciò non è più quello del lavoro e della produzione.

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    In secondo luogo abbiamo creato nel nostro portafoglio una replica sintetica delle principali operazioni delle elite del mercato finanziario, abbiamo creato un simulacro, un falso potere mostruoso, ma che replicandosi ha portato ad una qualità differente. Una brutta copia del modello di accumulazione finanziaria di capitale si è tramutata improvvisamente in qualcosa d’altro, ribaltando il terreno su cui si può basare qualsiasi distinzione fra copia e originale. Abbiamo copiato i loro mezzi di produzione, la loro conoscenza, le relazioni, le posizioni, e le abbiamo usate in un modo che non appartiene allo spazio economico ortodosso. Questo è ciò che noi chiamammo minor asset management (gestione patrimoniale minore) (Democratizing the power of finance).

    In terzo luogo che è possibile riprogettare la finanza, (nei suoi flussi finanziari e di rischio, come nei flussi delle interdipendenze e delle potenzialità) lavorando con la sua materia e con le capacità divergenti latenti, ma che sono in già incorporate nella sua sostanza. Abbiamo il potere e l’immaginazione per farlo. Le tecnologie finanziarie sono modellabili e in attesa di un tocco d’artista che le porti a produrre qualcosa d’altro che i rapporti di indebitamento. Finanza qundi come nostro strumento e materia plastica: collegata direttamente al potere dell’arte per creare un oggetto economico politico, sociale e immateriale inedito, fino ad oggi sconosciuto e impensabile.

    Attraverso il rendimento del suo portafoglio Robin Hood Cooperative sostiene poi progetti dal forte impatto politico e sociale. Puoi fare qualche esempio, e puoi spiegare come scegliete i progetti da sostenere?

    Ci siamo anche definiti come la banca di contro-investimento del precariato. I nostri membri decidono in modo indipendente quanto del loro guadagno vogliono reinvestire nel fondo di investimento comune. I membri propongono anche differenti progetti basati sui commons che ritengono importanti. I membri possono poi candidarsi alla selezione (determinata a sorte) dei tre membri deputati a decidere ogni anno su quale progetto investire. I progetti devono essere in ogni caso generativi e espansivi, creando crescita in soggettività, possibilità, organizzazione, condivisione, scala, mobilità, accesso e indipendenza. Investiamo nella crescita.

    Quest’anno ci sono più di 50 progetti candidati. Sono tutti molto interessanti , ci sono progetti che creano incubatori per economie collaborative e produzioni p2p, come ricostruire una scuola per la democrazia a Kobane in Kurdistan. Un programma di geolocalizzazione per la guerra del carbone o la creazione di una stazione radio locale per contrastare il dominio mediatico di una compagnia proprietaria di una miniera d’oro che sta distruggendo l’ambiente in Grecia. Strumenti per riprogettare le tecnologie finanziarie, un programma di prevenzione per casi di suicidio, acquisizione di strumentazioni per il lavoro di un gruppo di carpentieri sordi in nord Corea. Mezzi di produzione per un collettivo di lavoratori che vogliono riaprire una fabbrica, migliorare l’approvvigionamento all’acqua e gli standard sanitari in Zambia. Potete dare un’occhio a tutti i progetti sul nostro sito. L’investimento in questi progetti è un’apertura molto concreta al campo del possibile che sta già producendo una trasformazione culturale nel nostro modo di pensare alla finanza, come Tiziana Terranova ha scritto recentemente (The Tale of Robin Hood Retold). Essere in divenire: questo è il vero business di Robin Hood.

    Dalla prima versione 1.0 state ora creando un Robin Hood 2.0. State per rilasciare in Agosto 2015 un White Paper, il cui titolo provvisorio è Equità, Opzioni, Assemblaggio – Robin Hood 2.0. Il progetto di Robin Hood verrà sviluppato con la tecnologia del Blockchain, e sul modello delle organizzazioni autonome decentralizzate (DAO), dirigendosi verso una nuova frontiera che molte start-up e laboratori politici stanno sperimentando. Possiamo immaginare la possibilità di una moltitudine algoritmica, l’automazione tecnologica di una produzione di valore autogestita e prodotta dal basso. Secondo te quali sono le principali sfide in questo campo? Quali i rischi?

    La produzione algoritmica e l’economia finanziarizzata stanno già operando con aspetti inerenti alla soggettività, con il nostro sapere, la nostra memoria, la nostra forza fisica e con potenzialità non ancora individualizzate. Ciò che la gente vuole o desidera è del tutto irrilevante. Non importa cosa diciamo, votiamo, per cosa protestiamo, argomentiamo, occupiamo, scioperiamo… non cambia nulla. Il nuovo meccanismo di produzione di valore non lavora con soggetti individuali, ma con la loro deterritorializzazione in dividui ossi con il soggetto umano, da una parte, nella sua infinita divisibilità in differenti banche dati, e dall’altra, in quanto decostruibile nelle sue componenti e relazioni che non sono unificate in un Io.

    Questo livello non include la rappresentazione o la coscienza, non opera attraverso la repressione o la ideologia, ma ci prende alle spalle sia che lo vogliamo o no. In questo senso l’economia cattura e sfrutta qualcosa di più profondo: il processo di singolarizzazione e le condizioni di divenire soggetto. Robin Hood ha ad ogni modo descritto il suo funzionamento mostrando il meccanismo di questo potere arbitrario, che è il potere in definitiva dell’economia. (vedi Power at the End of the Economy. Discussion with Maurizio Lazzarato, Brian Massumi, Peter Pal Pelbart and Akseli Virtanen).

    Tutto ciò ci ha portato ad operare al di là della persuasione, oltre la comunicazione di un significato, portando il gioco al di fuori delle identità e del sé, attraverso dividui e trans-soggetività. Collegamenti di frontiera e eventi di incontro, simpatia, e fondamenti di dubbio come basi di una organizzazione. È qui che si gioca il funzionamento dell’organizzazione, non sul piano razionale e cognitivo. In questo modo l’algoritmo parassita di Robin Hood usa per esempio combinazioni di banche dati di attori del mercato e selezionando milioni di dati riguardanti  i loro comportamenti, ordini, abitudini, competenze, inclinazioni, gusti, preferenze. Non hanno idea di quanto sappiamo sul loro conto, ma queste informazioni riguardano precisamente dividui, i profili dei quali non sono altro che frazioni di input ed output nella nostra macchina di produzione e consumo.

    I dividui hanno solo una esistenza statistica controllata da un parassita le cui operazioni differiscono dalle individualizzazioni estrapolate dal potere pastorale che è esercitato sui veri e propri individui reali. Sono sicuro che capisci cosa intendo. Dobbiamo approfittare del vantaggio della deterritoralizzazione in corsa e dirigerci verso politiche di dividui, evitando di ritornare ad un “soggetto di interesse” o riferirci a programmatiche politiche di “persuasione cognitiva” o ricadere sulle narrative mitologiche del “lavoro”, dell’impiego”, “welfare” ect. Questo significa affrontare il capitale finanziario la dove agisce il suo potere: nel suo paradosso, nella sua arbitrarietà, nel suo automatismo. Penso semplicemente che senza dispositivi che operano su questo piano non c’è possibilità di fare politica, di prendere parola, di presa, e di intervenire in processi e sul futuro delle nostre vite. La posta in gioco è la stessa possibilità di fare la differenza.

    Stiamo ora lavorando per rilasciare Robin Hood 2.0. Questa è la ragione per cui mi sono dovuto trasferire in Silicon Valley, ed è il motivo per cui abbiamo riunito ora il nostro gruppo a Milano e a Venezia. Ora sappiamo che abbiamo il potere e l’immaginazione per riprogettare le tecnologie finanziarie. Ora sappiamo anche che abbiamo a disposizione degli strumenti organizzativi per aggiornare la cooperativa – la quale dal punto di vista organizzativo ha una forma che appartiene più al secolo scorso – ai bisogni di questo secolo e alle nostre soggettività.

    Robin Hood 2.0 sarà allo stesso tempo una ripetizione e una differenziazione di Robin Hood 1.0. Continuerà a concentrarsi nel produrre sistemi di equità, opzioni e assemblaggi per i nostri membri, ma lo farà meglio, con più creatività, flessibilità, efficenza, scalabilità, e in più dimensioni.

    Il nuovo prodotto che stiamo per lanciare, la “Hood Note” (la banconota Hood) è una prima generazione di Collateralized Equity Note (Banconota Equa Collateralizzata) progettata dal nostro team R&D fondendo il concetto di equità comune con le tecnologie esistenti della finanza strutturata. Qualcosa che non è mai stato fatto fino ad ora. Si tratta di una riprogettazione della tecnologia finanziaria che sta alla base della crisi del 2008, ma ora utilizzata per produrre equità, e non debito. È impostata su di un contratto smart basato su Blockchain, cosa che le fornisce anche maggiore compatibilità future.

    In pratica le Hood Note è una non-criptomoneta, un capitale criptato giocato dal nostro portafoglio dinamico sui titoli delle migliori compagnie del mondo, o più precisamente dal nostro portafoglio dinamico di accordi fra le elite finanziarie emergenti sul mercato. Robin Hood è il lato selvaggio della finanza!

    Con le Hood Note e con le Hood Options stiamo lavorando con le potenzialità del blockchain. Questa tecnologia si adatta molto bene ad un modello rizomatico di economia, rendendo possibile e sicuro un nuovo modo di relazione diretta. Nel blockchain le relazioni e le transazioni sono registrate in “blocchi” e poi “incatenati” insieme, producendo così uno storico e un registro pubblico verificabile, digitale e decentralizzato. Ciò permette una relazione non gerarchica e cooperativa. Ogni coppia di operatori, anche se in modo diffuso ed eterogeneo, nel momento in cui usano un blockchain per organizzarsi, diviene immediatamente un sistema autonomo basato su un consenso distribuito digitalmente ed equipaggiato per accordarsi sull’ordine e il carattere della relazione, senza alcun bisogno di una autorità centrale. (vedi e e.g. Ethereum Whitepaper). Non è il blockchain a risvegliare in noi qualche possibilità preesistente, ma che crea in se stesso un nuovo spazio di possibilità.

    Blockchain rende possibili relazioni rizomatiche, e se a questo aggiungiamo finanza strutturata e sintetica, stiamo riprogettando nuovi modi di operare attrattori economici. Attrattori che non producono relazioni puramente competitive basate sul debito, o su decisioni razionali, ma relazioni piene di differenti opzioni, possibilità, simpatia, attrazione e scommesse condivise per il futuro.

    Stiamo producendo uno spazio economico in sé. Non uno spazio economico in cui semplicemente ci si divide ciò che viene prodotto. Uno spazio nomadico, o una distribuzione nomadica, dove niente compete o appartiene a qualcuno, ma in cui tutte le persone si dispongono in modo da coprire il massimo dello spazio possibile. La riorganizzazione e la redistribuzione del denaro contante e dei rischi e delle relazioni che Robin Hood 2.0. sta portando avanti riguardano la produzione di un nuovo spazio economico.

    Qui per aderire a Robin Hood

     

    Foto di Joseph Gonzalez su Unsplash

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