Le Wireless Community Networks

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    Reti di libertà è il bel titolo di un libro, disponibile integralmente anche in formato ad accesso aperto in rete, dedicato da alcuni studiosi della Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Trento, tra cui Roberto Caso e Federica Giovanella, al fenomeno delle Wireless Community Networks (d’ora in avanti WCNs), reti che consentono agevolmente all’interprete un approccio interdisciplinare (politico, tecnologico, giuridico e sociologico) ai problemi ad esse correlate.

    Le WCNs, per i meno esperti, altro non sono che reti wireless che nascono, per così dire, dalla comunità stessa, ossia dalla volontà di cooperazione fra vari membri di una comunità che decidono, a un certo punto, di condividere connessioni e contenuti creando, appunto, un network.

    Ciò avviene, di solito, installando nodi sui tetti degli edifici e creando un sistema modulare e non permanente: modulare in quanto può essere ampliato o ridotto a seconda delle risorse disponibili, non permanente perché può “apparire” e “sparire” a discrezione della comunità stessa.

    Lo studio contenuto nel libro muove dall’idea, corretta, che queste reti non siano interessanti soltanto da un punto di vista tecnico ma anche sotto il profilo dell’aggregazione sociale e dei rapporti con la libertà, essendo idonee, per di più, a creare ambienti simili a quelli teorizzati da tempo dagli studiosi di tutto ciò che è open (open source, open code, open access) nell’informatica.

    Il motivo per cui tali reti nascono è, di solito, legato alla mancanza di connettività fisica a reti telematiche in determinate zone e, quindi, a un problema di geografia del territorio o di scelte commerciali; al contempo, anche in luoghi ben connessi dalle tecnologie “tradizionali” una rete di questo tipo può benissimo essere utilizzata per evitare di subire attività di sorveglianza o per non utilizzare i sistemi di connessione standard.

    Non essendo, poi, obbligatoriamente collegate a Internet, ma potendo funzionare anche per la diffusione di informazioni connesse a piccole realtà, tali reti possono garantire l’ulteriore vantaggio di non essere soggette ai controlli tipici effettuati su Internet stessa, soprattutto la sorveglianza governativa di tutte le comunicazioni o l’attività di profilazione selvaggia portata avanti da tutte le realtà commerciali. In questo caso si controlla la rete, il suo funzionamento e la sua diffusione semplicemente attraverso il controllo dell’hardware installato sui tetti.

    L’analisi contenuta nel libro, che conclude un progetto di ricerca molto ampio che affronta anche questioni giuridiche, muove da diversi ambiti, tutti interessanti.

    Il primo è, a parere di chi scrive, il delicato rapporto tra rete e libertà, soprattutto in Paesi con regimi o contesti politici ritenuti oppressivi o liberticidi. La richiesta di un nuovo tipo di rete si può manifestare, in detti casi, sotto periodo di elezioni, di sommosse o di altri eventi sociali quali anniversari importanti per il popolo o il nascere di proteste diffuse in tutto il territorio.

    La creazione di WCNs renderebbe allora questi network, in tali contesti, come veri e propri strumenti tecnologici di “liberazione”, ossia ritrovati perfetti per far veicolare i diritti di libertà dell’uomo.

    Ma non solo: in un quadro dove gli strumenti principali quali Twitter e i protocolli stessi di comunicazione potrebbero essere soggetti a controllo o, persino, utilizzati per il controllo, le WCNs presentano il grande vantaggio di poter essere usate come strumenti di libertà grazie al controllo completo da parte degli utenti sugli strumenti di comunicazione utilizzati.

    Siamo in presenza, in un certo senso, di una ricerca di un’alternativa ai sistemi di rete comunemente diffusi che possa superare i limiti e le vulnerabilità delle tecnologie più diffuse, e ciò avviene, nel caso de quo, riscrivendo le regole tecniche e di utilizzo a livello locale.

    Un’attenta analisi tecnica, infatti, mostrerebbe numerosi lati d’insicurezza di Internet e del suo utilizzo, alcuni dei quali svelati anche dal recente Datagate e dai documenti diffusi da Snowden. Le WCNs permetterebbero di allontanarsi un po’ da questo quadro minaccioso.

    Molto significativo è anche il fatto che, dal punto di vista tecnico, il superamento di un Access Point centralizzato e la creazione, al contrario, di reti wireless “mesh”, ossia con una configurazione “a maglia” dei nodi, permette il raggiungimento di un primo obiettivo essenziale: la parità di importanza, e di efficienza, di tutti i nodi della rete.

    In concreto, in una rete wireless comunitaria le persone che appartengono a una data comunità installano sui tetti o sui terrazzi delle loro case degli apparati wireless a basso costo che creano dei “collegamenti”, appunto, con altri membri della stessa comunità. Le antenne si devono ovviamente “vedere” tra loro, ossia non devono essere intralciate da ostacoli fisici nella loro comunicazione, e la rete si estende in maniera organica, pian piano, non appena altre persone entrano nella “maglia”.

    Queste reti, come si diceva, possono anche rimanere disconnesse da Internet (e “vivere” di servizi informativi, di messaggistica e di chat interni e proprietari) o possono, tramite un nodo, collegarsi anche a Internet e sfruttare le informazioni della rete stessa.

    Si noti, infine, che tale struttura orizzontale aumenta non poco la sicurezza e migliora il quadro delle possibili vulnerabilità. Non ci sono, infatti, obiettivi singoli da attaccare, né ci si può accordare con un singolo individuo per intercettare i dati. Ciò comporta, come conseguenza diretta, una forte attenzione alla privacy dei soggetti che fanno parte di una simile comunità. Inoltre, ultimo ma non ultimo, una simile rete è in grado di offrire servizi locali simili a quelli delle grandi società commerciali ma meno controllati o sviluppati tenendo presente come priorità la sicurezza del “cliente”.

    Il requisito più importante per un simile sistema è la fiducia, cardine di tutto l’apparato che viene messo in azione. Una sorta di accordo di non controllare il traffico che passa dal proprio nodo unito alla consapevolezza dell’idea di comunità, di sistema volontario creato non tanto per avere vantaggi commerciali diretti (come se ci si collegasse a un provider) ma per esaltare proprio questo senso di vicinato, di comunanza d’idee e di progetti, di ricerca, insieme, di nuovi margini di libertà. E questo è sicuramente l’aspetto più affascinante, e nobile, di tutto il sistema.

    Note