Social network come bene comune: il caso Bonfire Networks

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    Un ringraziamento speciale a Mayel de Borniol, Beatrice Messineo e Luca Recano per i loro feedback e revisione.

     

    Nei prossimi anni, comunità di ogni tipo non solo si formeranno, ma governeranno e gestiranno gran parte delle loro attività attraverso i social network. Queste piattaforme diventeranno così profondamente intrecciate con il tessuto della società che la loro presenza definirà in larga parte i modi di partecipare alla vita pubblica, politica ed economica delle nostre comunità.

    Già oggi vediamo segnali di questa trasformazione: leader mondiali utilizzano social network per annunciare guerre e condurre campagne elettorali. Piattaforme come X e TikTok vengono vietate in alcuni paesi per timori legati alla sicurezza nazionale, mentre altre, come Truth Social, nascono per alimentare fanatismi ultra-conservatori. Lo scandalo di Cambridge Analytica durante le elezioni americane del 2016 ha evidenziato la responsabilità di Facebook nell’influenzare l’opinione pubblica, portando Mark Zuckerberg a testimoniare davanti al Congresso degli Stati Uniti, mentre WeChat è così integrato nelle attività quotidiane della popolazione cinese che il blocco di un account può avere conseguenze significative sulla vita delle persone.

    Nuove proposte come quella del “Network State“, teorizzata da Balaji e supportata da molti crypto-entusiasti e ultra-liberisti come Elon Musk e Peter Thiel, rappresentano tentativi di superare i contratti sociali tradizionali per creare nuovi stati autonomi, dove deregolamentazione, progresso tecnologico ad ogni costo e privatizzazione definiscono le nuove regole di ingaggio, probabilmente scritte su una blockchain.

    In questo scenario, è legittimo pensare che la soluzione sia considerare definitivamente fallito l’esperimento di connettere persone e idee attraverso i social network, abbandonarli e lasciare che gli algoritmi finiscano di consumare l’attenzione e la dopamina degli utenti ancora attivi. Oppure, possiamo immaginare social network che non solo funzionino in modo diverso, ma che siano anche costruiti e governati con modalità e fini differenti.

    Fornire un’alternativa all’utilizzo e alle implicazioni dei social network nella nostra società, significa ripensare i modi di produzione e la governance dei social network, iniziare a pensarli come beni comuni al servizio delle comunità, piuttosto che piattaforme commerciali al servizio di privati.

    Considerare un social network un bene comune è innanzitutto un modo per aprire un dialogo che non si focalizzi unicamente sulla critica delle piattaforme. Se un social network è un bene comune, dovrà dotarsi per forza di caratteristiche diverse da quelle che definiscono le piattaforme mainstream e, di conseguenza, produrrà scenari altrettanto differenti.

    Questa visione implica la creazione di spazi digitali che mettano al centro gli interessi e le visioni di individui e gruppi, promuovendo la partecipazione democratica e l’autogestione delle comunità. Richiede di ripensare alcune delle più importanti strutture di potere e infrastrutture della società, passando da modelli centralizzati e orientati al profitto a sistemi decentralizzati e autogestiti.

    Significa, ad esempio, assicurarsi che l’inclusione e l’integrazione dell’intelligenza artificiale nei nostri spazi digitali avvenga con un processo partecipato e trasparente e non in modo passivo o imposto dall’alto. È fondamentale che le comunità trovino collettivamente modi per gestire, limitare, escludere e giocare con questo nuovo fenomeno. Solo attraverso un approccio decentralizzato, con esiti e sperimentazioni diverse tra loro, possiamo confrontarci con modi di interagire con l’IA che siano in linea con i valori e le esigenze delle pluralità che abitano i social network.

    Noi di Bonfire Networks identifichiamo quattro caratteristiche fondamentali per definire un social network come bene comune:

    1. Uso di licenze open source
    2. Implementazione di protocolli aperti
    3. Implementazione di crittografia end-to-end (E2EE) attraverso standard open source
    4. Adozione di un sistema di governance aperto, trasparente e orizzontale

    1. Uso di licenze open source

    L’adozione di licenze open source permette a utenti e comunità di avere libero accesso al codice sorgente, favorendo la trasparenza e la partecipazione. Questo approccio consente a chiunque di leggere, modificare e distribuire il software nei modi e termini stabiliti dalla licenza, riducendo la dipendenza da enti esterni e prevenendo situazioni di lock-in tecnologico.

    2. Implementazione di protocolli aperti 

    Adottare protocolli aperti, come ActivityPub, garantisce l’interoperabilità tra diverse piattaforme e la portabilità dei dati. Gli utenti possono trasferire i propri dati da una piattaforma all’altra senza ostacoli, evitando quel processo che Cory Doctorow definisce “Platform Enshittification”.  “Protocols, not platforms” è uno slogan che evidenzia la necessità di dare priorità all’adozione di protocolli per limitare lo strapotere delle piattaforme che rinchiudono i propri utenti in recinti digitali da cui è difficile uscire indenni. 

    3. Implementazione di crittografia end-to-end (E2EE) attraverso standard open source

    La crittografia end-to-end (E2EE) è fondamentale per garantire la privacy e la sicurezza nelle comunicazioni digitali. Impedisce a qualsiasi intermediario, inclusa la piattaforma stessa, di accedere alle chiavi private degli utenti e quindi ai dati che questi producono e scambiano. 

    4. Adozione di un sistema di governance aperto, trasparente e orizzontale

    Una governance aperta permette alle comunità di contribuire formalmente alla definizione della roadmap, alla scelta delle priorità, alla sostenibilità e a tutte le decisioni che influenzano in modo diretto  gli utenti del social network. Per essere un bene comune, un social network deve essere gestito collettivamente, privo del controllo da parte di corporation o consigli di amministrazione chiusi e senza dipendere da finanziamenti elargiti in cambio di quote societarie o posizioni di controllo che ne compromettano l’indipendenza.

    Bonfire: spazi digitali federati a misura di comunità

    Bonfire è il nostro contributo a questa visione. È un framework open source progettato per creare spazi digitali federati, adattabili alle diverse esigenze delle comunità. Le comunità sono eterogenee, con bisogni, valori e obiettivi differenti. Bonfire offre gli strumenti per costruire piattaforme personalizzate e interconnesse, dove le comunità possono:

    • Definire le proprie policy: stabilire regole e codici di condotta che riflettano i loro valori.
    • Personalizzare funzionalità ed esperienze utente: aggiungere o modificare moduli per creare ambienti digitali su misura.
    • Gestire le connessioni con altre comunità: decidere con chi interagire e con chi no, garantendo spazi sicuri e coerenti con le proprie esigenze.

    Il framework open source consente a qualsiasi sviluppatore di poter creare autonomamente nuovi moduli, utilizzando una serie di librerie per integrare le sue funzionalità nel social network e offrire alle comunità nuove e continue possibilità. 

    Navigare la pluralità

    Non esiste un’unica piattaforma Bonfire. Ogni comunità inizia la propria avventura installando e configurando il proprio spazio digitale, aggiungendo le funzionalità e scegliendo le impostazioni di base. Ogni comunità definisce le proprie policy e permessi, con l’obiettivo di plasmare lo spazio digitale a misura delle proprie esigenze. L’obiettivo di Bonfire è creare dialoghi con e tra comunità differenti e, attraverso questi scambi, sviluppare spazi digitali che possano emancipare gruppi e individui.

    Bonfire è un framework modulare: le funzionalità possono essere estese come blocchi Lego. Questo significa che moduli e componenti possono essere combinati, adattati e riutilizzati per soddisfare esigenze diverse. Un’estensione che permette a una comunità territoriale di creare una libreria diffusa sul territorio può essere riconfigurata per consentire a un’altra comunità di creare una bacheca di offerte e richieste. Lo stesso strumento, adattato a contesti diversi, facilita lo scambio di risorse e conoscenze. Un calendario progettato per gestire gli eventi di un monastero buddista può essere adattato per organizzare le attività di un bene comune a Napoli. Le funzionalità rimangono le stesse, ma l’interfaccia e la user experience sono modellati sui bisogni specifici di ciascuna comunità. Un sistema di voto maggioritario, sviluppato per permettere ai membri di una cooperativa di effettuare votazioni online, può essere esteso per includere modelli di governance alternativi. Comunità interessate a sperimentare con il quadratic voting o processi decisionali basati sul consenso possono estendere il modulo secondo le proprie esigenze. Un esempio di come diversi gruppi collaborino per sviluppare nuove funzionalità è rappresentato dal cerchio di Open Science. In seguito all’acquisto di Twitter da parte di Elon Musk, un numero crescente di scienziati e ricercatori ha abbandonato la piattaforma in segno di protesta o a causa della deriva populista imposta dal nuovo proprietario. Nella diaspora che ne è seguita, la comunità accademica ha cercato una nuova casa: alcuni hanno preferito Mastodon, parte del Fediverso; altri sono approdati su Bluesky, un nuovo social network decentralizzato.

    Tuttavia, in entrambi i casi, pur dotandosi di piattaforme meno oppressive, si sono scontrati con gli stessi limiti: l’utilizzo di piattaforme in cui non hanno voce in capitolo e dove restano utenti passivi delle decisioni prese dai proprietari o dagli sviluppatori. Da questa frustrazione è nato il primo dialogo tra un collettivo di scienziati sudamericani e Bonfire, che ha portato in seguito ad un processo di co-progettazione con collettivi, ricercatori e comunità scientifiche. Nel giro di pochi mesi, questo percorso ha portato alla creazione di diverse funzionalità per l’Open Science, pubblicate come un’estensione di Bonfire attualmente in fase di prototipazione. Questa estensione è stata presentata durante l’ultimo FediForum, una conferenza per sviluppatori e comunità che fanno parte della più grande rete di social network aperti al mondo.

    Attualmente in Beta, Bonfire si propone come un catalizzatore per queste nuove alleanze. Invitiamo comunità, organizzazioni, fondazioni e collettivi a unirsi a noi in questo percorso. 

    Perchè come scrive Anna Tsing nel suo Il fungo alla fine del mondo:

    “Mentre la contaminazione cambia progetti di creazione di mondi, possono emergere mondi reciproci e nuove direzioni. Tutti hanno alle spalle una storia di contaminazione. La purezza non è un’opzione disponibile.”

     

    Le illustrazioni dell’articolo e l’immagine di copertina sono di Rocco Lombardi

    Note