La migliore riflessione sui futuri potenziali esplora l’intera gamma del Cono di Plausibilità. Espandendo la nostra comprensione di ciò che è possibile, ampliamo le nostre scelte riguardo a ciò che è preferibile. Tamara Serrao-Leiva, capo vicario e curatrice di Antropologia presso il Museo della Contea di San Bernardino, sostiene la necessità di superare una falsa dicotomia che limita il pensiero sul rimpatrio delle opere.
Quali sono le scelte di un museo, al di là di “conservarlo o restituirlo”?
Serrao-Leiva introduce una terza opzione, la “curatela consensuale”, come modo per promuovere spazi condivisi e amministrazione collaborativa.
L’abbiamo visto tutti: il pendolo che oscilla da “Rimpatria tutto” a “Cosa resterà?”. Ma è davvero una domanda binaria? Le uniche risposte sono imprigionare gli oggetti o svuotare gli scaffali dei musei?
In effetti, più a lungo ho fatto questo importante lavoro al San Bernardino County Museum (SBCM), più sono arrivato a vedere la falsità di questo binario. La restituzione e il rimpatrio possono e devono avere un aspetto diverso su tutta la linea, e il nostro futuro comune deve essere trovato nella sfumatura della consultazione e del consenso. Questa consapevolezza mi ha portato a coniare una frase di lavoro che è arrivata a racchiudere i miei obiettivi personali e istituzionali: la curatela consensuale. Per me personalmente, e per la SBCM, la curatela consensuale significa che, al di là del mandato legislativo del rimpatrio, i musei possono funzionare come uno spazio sicuro e accessibile per le comunità nazionali e globali per conservare i loro oggetti, con i permessi, spesso incorniciati da un documento di “cura in fiducia”. Sebbene non tutti i musei utilizzino lo stesso linguaggio, modelli simili stanno diventando sempre più comuni nel settore, come il concetto di “custodi collaborativi” di cui ha parlato Jackie Swift, responsabile del rimpatrio presso lo Smithsonian National Museum of the American Indian, al Future of Museums Summit dell’AAM.