Il Teatro di FC Bergman: la cultura d’Europa tra macerie e innovazione

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    Non potrebbero essere più distanti, ma quando crolla il soffitto della scenografia in Het land Nod (“La terra di Nod”) di FC Bergman, un pensiero va al crollo della scenografia di Luciano Damiani nell’allestimento di Giorgio Strehler de “La tempesta” di Shakespeare. Anche in quella regia dei del 1978, il maestro del Piccolo, poi Teatro d’Europa, segnalava l’inizio di una crisi al passaggio d’epoca per la cultura del continente e occidentale tutta; fine dell’incanto teatrale, forse i prodromi di globalizzazione e predomino di industria culturale altra, oggi è al suo massimo punto di tensione. Il gruppo belga FC Bergman fa del crollo, dell’esplosione della scenografia il punto di arrivo, tra ironia e allegoria cupa,  di uno  spettacolo energico, vitale, spesso comico con una raffinata costruzione concettuale che sta dietro i 95 minuti di travolgente performance.

    Presentato in prima italiana a Venezia per la Biennale Teatro 2023 , dove al gruppo di Anversa è stato assegnato il Leone d’Argento,  Het Land Nod era stato pensato e poi realizzato prima della pandemia, quando ancora il gruppo era di sei componenti (oggi ridotti a quattro) ovvero  Stef Aerts, Joé Agemans, Bart Hollanders, Matteo Simoni, Thomas Verstraeten e Marie Vinck. Va riconosciuto, inoltre,  che avrebbe dovuto debuttare in Italia nel 2020 all’interno del Festival “Vie” di Emilia Romagna Teatro, allora diretto da Claudio Longhi che li aveva scelti. Era tutto pronto compreso l’allestimento della complessa scenografia, ma la pandemia ha annullato e rimandato tutto.

    Immagine di copertina di Billy Huynh su Unsplash

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