Il mondo Slow Food si trasforma: il cibo buono e pulito cambia pelle e logo

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    Questo articolo è stato originariamente pubblicato su Corriere della Sera.

    Forse sarebbe successo lo stesso. Non in maniera così traumatica, ma sarebbe successo. Il Terra Madre-Salone del gusto che prenderà il via giovedì 8 cambierà natura, si trasformerà da moloc in moltitudine, da evento fortissimamente torinese ad appuntamento straordinariamente globale: non una manciata di giorni ma sei mesi, non il mercato al Lingotto ma un market virtuale, non un solo grande incontro sabaudo ma migliaia di appuntamenti in 160 Paesi. Certo: c’entra anche il Covid. Ma la verità è che a 34 anni dalla fondazione, Slow Food, uno dei marchi piemontesi più conosciuti nel mondo, sta cambiando totalmente pelle. Slow Food 2.0, si potrebbe dire. «Ci siamo definitivamente trasformati in una rete di migliaia di comunità in tutto il mondo, e ogni comunità ha autonomia decisionale, nel rispetto dei nostri valori. Io sono presidente, è vero, ma ormai è più un titolo onorifico» ride Carlin Petrini, che come un papa laico si rallegra di quest’evangelizzazione planetaria.

    Tutti diciamo «Slow Food» ma la struttura è complessa. All’inizio di tutto c’è Slow Food Italia il cui bilancio sociale 2018 (ultimo disponibile) somma poco meno di tre milioni di ricavi. Da questa è gemmata nel 1989 l’Associazione Slow Food che coordina la rete internazionale — nel 2018 ricavi per 5 milioni — e nel 2004 la Fondazione Slow Food per la biodiversità (1 milione). L’altro grande attore della galassia è Slow Food Promozione, la srl che gestisce gli eventi che, sempre nel 2018, ha realizzato un valore della produzione di 8,420 milioni. Ancora: l’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo ha un bilancio attorno ai 9 milioni (dati 2017) e ancora ci sono Slow Food Editore, Terra Madre e la Banca del vino. Nel complesso: una realtà sostanzialmente no profit, fortemente radicata tra Bra e Pollenzo. Ma il futuro è alle porte: «Siamo nati in Italia, ma ormai siamo presenti in 150 paesi con un milione di attivisti», questo è Paolo Di Croce, Segretario Generale di Slow Food.

    Note

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