In un pomeriggio assolato della scorsa primavera, mentre lavoravo a un nuovo romanzo in uno studio affacciato sul Golfo del Bengala, ricevetti una telefonata da un’agenzia di collocamento di Boston incaricata di assumere dirigenti. Il lavoro sembrava stimolante: avrei diviso il mio tempo tra l’Italia e New York come direttore esecutivo di una fondazione culturale americana.
Ma perché lasciare l’India, mi sono chiesto, dove mi sono sentito così bene per oltre un decennio? Non mi mancava nulla, visto che durante l’estate sono tornato nella regione italiana della mia giovinezza, il Veneto, per stare con parenti e amici. Eppure, ero tentato dal fascino di quella che chiamavo ancora la mia New York. Percepivo un barlume lontano di un luogo e di un sentimento che mi erano stati familiari e che immaginavo avrebbero continuato a far parte di me: l’americanità.