I nuovi centri culturali sono residenze d’artista nei borghi di montagna, bagni diurni dove si lava chi non ha acqua in casa e dove si fanno reading di poesia, fabbriche e caserme riconvertite in auditorium, spazi espositivi, ristoranti sociali. Ma anche centri sociali occupati che sono club, spazi per la danza e laboratori di stampa o vecchi circoli dove a fianco di chi gioca a briscola si riuniscono gli appassionati di robotica. Non è facile confinare né definire una categoria di nuovi centri culturali, perché essi rappresentano “tante esperienze locali molto diverse tra di loro, ma che hanno punti in comune. Quello centrale è che rappresentano spazi multifunzionali per progettazione, produzione e distribuzione di cultura”, racconta Bertram Niessen, presidente e direttore scientifico dell’associazione cheFare, agenzia per la trasformazione culturale che nel febbraio del 2020 ha promosso una mappatura nazionale, laCall to Action: circa 800 sono realtà si sono riconosciute come nuovi centri culturali.