Datapoiesis. Il Made in Italy dei Dati che rende sensibili al pianeta

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    Possiamo immaginare di riposizionare i dati e il calcolo nelle nostre società? Trasformarli da asset di un’industria prevalentemente estrattiva in qualcosa che contribuisce positivamente al benessere per costruire relazioni ed empatia, solidarietà e partecipazione, conoscenza e informazione, produzione e condivisione?

    Come può la grande disponibilità di dati e la potenza di calcolo delle intelligenze artificiali aiutarci a sviluppare “sensibilità aumentate” con cui percepire, comprendere e affrontare i  fenomeni complessi del nostro mondo globalizzato, come il cambiamento climatico, le migrazioni, la povertà?

    E come è fatta un’azienda che fa tutto questo per mestiere?

    In questo articolo cercheremo di descrivere come siamo arrivati a definire il concetto “Datapoiesis”, perché ha senso che tutto questo nasca e si sviluppi in Italia e perché ci siamo dati appuntamento dal 25 al 30 novembre 2019 Ivrea, nelle Fabbriche ex-Olivetti, per dargli forma.

    [0] 

    La “poiesi” non è un concetto nuovo.

    Ne conosciamo tante in filosofia e in natura (autopoiesi, allopoiesi, practopoiesi, sympoiesi… ). Wikipedia ci dà una definizione molto semplice ma efficace di poiesi come “l’attività in cui una persona crea qualcosa che prima non esisteva”

    In un mondo in cui ogni cosa che usiamo e produciamo genera dati, emerge la Datapoiesis: il processo attraverso il quale i dati (e la computazione necessaria a elaborarli) portano all’esistenza qualcosa che prima non c’era.

    In questo mondo (il nostro) dati, computazione e intelligenze artificiali non sono più artefatti tecnici o tecnologici, ma culturali ed esistenziali: contribuiscono a definire la nostra esistenza, le nostre possibilità di accedere alle opportunità, di esprimerci, di godere dei nostri diritti e delle nostre libertà.

    La Datapoiesi è proprio questo: i dati e la computazione abbandonano il dominio esclusivo della tecnica e abbracciano quello della sensibilità, del significato, della relazione, della cultura. Un neologismo, in questo senso, ci aiuta a navigare un territorio che non conosciamo, definendo il confine (esistenziale, politico, economico) tracciato dai dati per rendenderlo visibile.

    [1]

    I dati vengono costantemente estratti dal nostro ambiente, elaborati e calcolati. E i risultati di questa elaborazione utilizzati per prendere decisioni, personalizzare servizi e interfacce, classificare gli esseri umani, gli oggetti e i luoghi, orientare i modi in cui le cose accadono.

    Questo processo non è sempre trasparente o accessibile. La maggior parte delle volte, infatti, è vero il contrario: non possiamo conoscere quali dati generiamo e come; non sappiamo come sono utilizzati e da chi; o, anche se lo sappiamo, queste informazioni sono talmente separate e distanti da noi che difficilmente riuscirebbero ad avere senso.

    E, invece, dovrebbero. Nel nostro mondo iperconnesso e globalizzato, forse l’unico modo di avere esperienza dei fenomeni complessi è attraverso enormi quantità di dati. Cosa e dove è il cambiamento climatico, oltre la percezione che potrebbe star aumentando la temperatura nella mia città. Dove e cosa sono i mercati globali? Dove e cosa è il consumo energetico di una nazione? Come si relazionano gli uni con gli altri.

    Dati. Dati. Dati.

    Senza Dati e Computazione restiamo monchi, impossibilitati a conoscere e comprendere il nostro mondo e a relazionarci.

    [2]

    L’anno scorso abbiamo partecipato a una due giorni a Ivrea, The Future is Back Home, entrando in contatto grazie agli amici di PlusValue con ICONA: il gruppo di 18 imprenditori che sta rigenerando le Fabbriche ex Olivetti.


    Fabbriche ex Olivetti: img courtesy by ICONA – workshop #0 “The future is back home”, luglio 2018

    I luoghi non sono neutri, hanno una loro energia.

    È qui che, partendo da queste considerazioni, è nata l’ispirazione della Datapoiesis e la spinta di tradurre questo concetto  in una forma di design capace di far vivere i dati nel bel mezzo della società, trasformandoli in occasione per unire anziché dividere. Per eliminare la separazione tra noi e la possibilità di conoscere. Per comprendere e agire il mondo in cui viviamo, come individui e come società.

    L’essenza di un oggetto datapoietico dipende da dati e computazione. Questi nuovi oggetti (mobili, dispositivi, gadget e tecnologie indossabili: per la casa, la scuola, l’ufficio, lo spazio pubblico e gli altri spazi del nostro vivere), connessi ai dati si animano con uno scopo preciso: consentirci di avere esperienza dei fenomeni complessi del nostro mondo globalizzato, trasformandoli in occasioni di riflessione, emozione, condivisione, discussione e, soprattutto, di presa di responsabilità ed azione partecipata.

    Nella Datapoiesi, l’arte è una strategia: in un mondo in cui dati e computazione intervengono anche nelle dimensioni fisiche e delle relazioni, l’arte può aprire nuove opportunità per la sensibilità. Ciò che era immateriale può prendere forma sensibile. Ciò che era assente si materializza. Ciò che prima mi osservava, ora lo posso osservare. Ciò che era oggetto, può diventare soggetto, con cui relazionarmi. Le questioni fondamentali dell’arte diventano nuove opportunità per esplorare, nella società, i nuovi spazi della nostra esistenza, tra ambiente, politica, economia, comunità, culture…

    Costruendo Obiettivo a Spazio Chirale

    Nei mesi successivi, queste riflessioni si sono trasformate in progetto. Insieme a PlusValue abbiamo coinvolto prima il gruppo ICONA e poi Sineglossa. Ci siamo uniti in un consorzio per partecipare al bando ORA!: produzioni di cultura contemporanea Compagnia di San Paolo, e lo abbiamo vinto.  Il progetto si chiama “Datapoiesis. Mobili e oggetti data-poietici per il corpo, la casa e lo spazio pubblico”.

    [3]

    Nello spirito che anima trasversalmente il gruppo di lavoro, Datapoiesis è simbolo di una nuova stagione del made in Italy “data-driven”, in cui (cit. dal progetto): “IoT – Internet delle Cose –, Big data e Intelligenza Artificiale sappiano generare per le persone non solo efficienza, ma anche poesia e senso, raccogliendo la sfida culturale e psicologica posta da dati e nuove tecnologie”.

    Ha veramente senso per l’Italia competere nel mercato degli investimenti miliardari di Cina, Stati Uniti, Francia ed altre nazioni, alla ricerca dell’algoritmo più potente, dell’hardware più avanzato o della maggior potenza di calcolo? Ha senso, per esempio, aderire all’approccio pseudo-militare che vediamo in tema di fake news e disinformazione – una vera IA e Data warfare, una corsa agli armamenti digitali?

    O, forse, ha più senso aprire un nuovo terreno di gioco, un nuovo spazio di leadership nel settore dell’innovazione, trasformandosi nel laboratorio europeo e internazionale in cui, attraverso arte e design, queste tecnologie che ci circondano e ci modificano possano generare senso, bellezza e coesione sociale? È questo il ruolo che vediamo per l’Italia.

    E non sarebbe una novità. Si tratterebbe di fare quello che abbiamo sempre fatto, per cui siamo riconosciuti e che meglio sappiamo produrre ed esportare. Ma di farlo in modo contemporaneo.

    Il nuovo Made in Italy dei dati che abbiamo in mente è questo.

    [4]

    I primi passi, grazie al progetto, sono stati fatti.

    OBIETTIVO è la prima opera d’arte datapoietica: una lampada per l’illuminazione pubblica animata da fonti di dati globali (fra cui ONU, OECD, World Bank, World Poverty Clock..) che rimarrà accesa fin quando la povertà estrema nel mondo non scenderà sotto una certa soglia, tenendoci svegli. Davanti a OBIETTIVO potremo riunirci, per comprendere i dati e riflettere criticamente, mettendo in discussione i dati come rappresentazioni del reale: di quale povertà ci parlano questi dati? possiamo immaginare altri indicatori? siamo, per esempio, poveri se non abbiamo tempo, se siamo stressati, se siamo soli? Ma potremo riunirci anche e soprattutto per dare vita a nuove forme di socialità e nuovi rituali basati sull’accesso a questi dati e sulla capacità di trasformarli in sensibilità planetarie e capacità di azione collaborativa che prima non avevamo.

    Il primo rituale lo realizzeremo fra poco a Torino: per tutta la settimana dell’arte contemporanea, dal 28 ottobre al 3 novembre, alla Galleria Wild Mazzini potremo non solo avere esperienza della povertà attraverso gli impulsi luminosi della lampada, ma anche “ascoltare” la povertà per un’ora al giorno, sotto forma di una musica generativa: un “concerto data-driven” in tempo reale.

    OBIETTIVO, come ogni oggetto datapoietico, è un oggetto totemico attorno a cui creare neo-rituali urbani.

    [5]

    Dal suo lancio ad art+b=love(?) Festival in Maggio, OBIETTIVO è stata acquisita dalla Collezione di Arte Contemporanea della Farnesina,  in occasione del suo ampliamento, insieme a 20 capolavori del contemporaneo. E si trova al 4 piano del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale. Una delle principali istituzioni politiche e culturali dell’Italia ha riconosciuto il valore innovativo della Datapoiesi: la capacità di un oggetto d’arte di stimolare processi di cooperazione e consapevolezza su grandi questioni di scala planetaria. Ovvero il senso della Collezione Farnesina: il valore dell’arte come diplomazia culturale.

    I prossimi passi ci vedono impegnati in quella che, nella vita di questo progetto, si può considerare la seconda sua fase: ispirandoci a OBIETTIVO, progetteremo il modello organizzativo e di business e la linea di prodotti e servizi della prima start-up datapoietica.

    Lo faremo durante la Fall School Internazionale di Datapoiesis, che si svolgerà a Ivrea nelle Fabbriche ex-Olivetti dal 25 al 30 di novembre prossimo.

    La School è aperta a 25 giovani (studenti, ricercatori, designer, artisti, professionisti) di background e discipline differenti, è gratuita e si svolgerà in lingua inglese.

    Per 5 giorni lavoreremo, ci comporteremo e vivremo come il team della futura startup datapoietica: un’esperienza performativa di ricerca e produzione durante la quale immaginare collaborativamente la forma, l’organizzazione, la comunicazione e i prototipi di una prima linea di oggetti di design e servizi ispirati alla nostra instancabile lampada che vuole renderci sensibili alla povertà.

    Obiettivo, art+b=love(?) Festival 2019 , Ancona

    L’obiettivo del progetto è, infatti, creare le condizioni per il lancio vero e proprio di questa start-up. Che questa organizzazione datapoietica – nata nello spazio di immaginazione dell’arte, progettata in modo partecipativo e aperta alla review e alla critica del comitato scientifico, della città di Ivrea e di chiunque se ne voglia interessare – alla fine del progetto possa vivere ed operare nel mondo.

    I partecipanti alla Fall School saranno i primi a sperimentarla beneficiando e restituendo il più prezioso dei feedback, e saranno anche i primi potenziali attori del team alla sua creazione nei mesi prossimi.

    Non si tratta solo di una bella idea. Il gruppo ICONA trasformerà parte del suo investimento in share dell’azienda e fornirà degli spazi alla futura organizzazione all’interno delle Fabbriche ex Olivetti in corso di rigenerazione. Il team di progetto, e in particolare Plus Value, è all’opera per individuare potenziali investitori e questa startup che ancora non c’è beneficerà della ricerca, della comunicazione e del patrimonio simbolico e culturale, materiale e immateriale, che il progetto ha generato.

    Con questo chiudiamo il circolo sull’appuntamento eporediese che apre l’articolo. E con una nota storica, che ci ha raccontato la giornalista Rita Cola su La Sentinella del Canavese. Una di quelle microstorie che danno il senso e il peso specifico delle cose.

    Datapoiesis e questa Fall School riportano dopo 20 anni una produzione di arte e di design nei luoghi di Adriano Olivetti. Lo prendiamo come un segnale bello e positivo: il Made in Italy dei dati è un seme già piantato in una terra speciale.

    ps Ricordiamo per chi volesse iscriversi che per partecipare a Datapoiesis Fall School c’è tempo fino massimo al 10 di novembre.

    Note