In un’Italia sempre più instabile, caratterizzata da dubbi sull’efficacia di Next Generation EU e insufficienza dei servizi di prossimità territoriale, si discute ancora troppo poco delle precarie condizioni lavorative nelle quali versano i giovani progettisti, un mondo sommerso di Partite IVA, Co.Co.Co e prestazioni straordinarie che stanno dietro al duro lavoro di disegnare gli spazi dell’abitare quotidiano.
Architetti, pianificatori, designer che ormai da oltre un decennio affrontano un ingresso nel mercato del lavoro sensibilmente peggiore se comparato ai cugini ingegneri e geometri. Come spesso ci si accorge una volta laureati, gli architetti sono a tutti gli effetti “figli di un dio minore” poiché a fronte di un numero imponente di laureati i posti disponibili per un impiego dignitoso risultano essere assai limitati in un mercato largamente saturo.
Sicché un progettista neolaureato ha bisogno di reinventarsi, adattarsi alle opportunità del momento e talvolta persino accettare un lavoro che non contempla l’utilizzo delle competenze acquisite in 5 anni di università. In questo senso, il percorso accademico poliedrico e multidisciplinare permette spesso un adattamento verso altri settori non propriamente legati alla progettazione, i quali consentono almeno un equo compenso.
Gli architetti sono a tutti gli effetti “figli di un dio minore” poiché a fronte di un numero imponente di laureati i posti disponibili per un impiego dignitoso risultano essere assai limitati in un mercato largamente saturo.
Eppure, se nei primi anni dalla laurea non ci si può affidare al parziale mantenimento familiare, e dilapidare di conseguenza l’anticipo del patrimonio ereditato1Cfr. F. Barca, P. Luongo, Un futuro più giusto. Rabbia, conflitto e giustizia sociale, Il Mulino, Bologna 2020, p. 240., l’unica alternativa che rimane è quella di mettersi in gioco accettando qualunque lavoro precario. Questa scelta, tuttavia, si rivela ugualmente insufficiente, infatti ai miseri stipendi destinati ai neolaureati negli studi di progettazione si aggiunge la mancanza totale dei diritti lavorativi minimi garantiti dalla contrattazione collettiva essendo prevista, per gli iscritti agli ordini professionali, la formula della «collaborazione coordinata e continuativa» presso altri liberi professionisti in sostituzione, di fatto, del lavoro subordinato come dipendente2L’Art. 69, comma 1 del D. Lgs. n. 276 del 10 settembre 2003 (altre prestazioni lavorative rese in regime di lavoro autonomo) recita: «Le prestazioni lavorative rese da persona titolare di posizione fiscale ai fini dell’imposta sul valore aggiunto sono considerate, salvo che sia fornita prova contraria da parte del committente, rapporti di collaborazione coordinata e continuativa»..
Questa condizione determina, anche per i professionisti dotati di partita IVA non titolari di studi professionali, ad esempio l’assenza di periodi definiti di ferie, se non occasionali dopo la consegna dei progetti, spesso il lavoro prolungato oltre le 8 ore giornaliere consentite dalla legge e fenomeni di alienazione psicologica legati all’incessante continuità della prestazione di disegno a computer.
Alla base della condizione lavorativa precaria dei giovani architetti vi è tuttavia una profonda crisi del mercato dell’architettura nella sua totalità, il quale, a fronte di un crollo degli incarichi ha subito una parallela svalutazione del prezzo delle prestazioni. Sicché, la riduzione degli onorari degli architetti nelle gare per l’affidamento degli incarichi di progettazione, ha stabilito una rincorsa al ribasso generando l’avvilimento di un’intera categoria. Eppure la competenza ha un costo non comprimibile, le capacità degli architetti di progettare svolgendo un esercizio creativo ma tecnicamente complesso, nonché l’abilità di coordinare gli esperti coinvolti preservando la qualità del progetto, hanno un costo e non è più sostenibile mantenere la condizione professionale sin qui descritta, al netto di legittimare condizioni lavorative di sfruttamento che porteranno ad una progressiva svalutazione non solo del progetto, ma anche della figura dell’architetto stesso nella società.
Lo scenario analizzato tratta dunque una situazione generalizzata di crisi che non vale solo poche decine di professionisti, bensì migliaia. Infatti, solo guardando ai dati degli iscritti agli Ordini degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori italiani, sono oltre 150mila3Si veda CSAPPC, CRESME, Rapporto 2013 sulla Professione di Architetto. Terza indagine congiunturale sulla professione in Italia, Aprile 2013. http://www.awn.it/component/attachments/download/84. dei quali circa 11mila a Milano e 18mila a Roma. Sono numeri che restituiscono la dimensione di una fetta di lavoratori italiani, per lo più liberi professionisti, che oggi vive una condizione di disagio sociale.
Come è sempre stato nei momenti di grande rinascita europea, l’innovazione è stata guidata dagli architetti, i veri portatori di una nuova visione per i luoghi dell’abitare.
Una prospettiva di ripresa per la professione la offre senza dubbio Next Generation EU, attraverso ingenti finanziamenti per la riqualificazione urbana, la valorizzazione del territorio e la transizione ecologica (oltre 67 miliardi di euro totali)4Si veda il piano Next Generation Italia sul portale del MEF https://www.mef.gov.it/focus/Next-Generation-Italia-il-Piano-per-disegnare-il-futuro-del-Paese/. sul fronte progettuale e con gli stanziamenti per le assunzioni degli architetti nella pubblica amministrazione alla voce «Digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura» nell’ambito del policy-making. Un’altra ancora, almeno per Milano, sarà il rilancio del proprio “modello” di crescita, ma non basta. Il mestiere dell’architetto ha subito un crollo del proprio prestigio sociale, l’autorevolezza di chi è custode del sapere progettuale è stata intaccata e non basta reinventarne le prestazioni con nuove forme e modi di operare, serve un nuovo sistema professionale al passo coi tempi, capace di valorizzare e rilanciare le competenze espresse dai progettisti, soprattutto per lasciare ai giovani un mondo professionale “vivibile”.
In questo senso, l’emergenza Coronavirus offre l’occasione per riorganizzare il lavoro autonomo del sistema ordinistico5 A titolo esemplificativo, guardando ai dati del 2019 dell’Ordine degli Architetti PPC della Provincia di Milano il 76% degli iscritti esercita la libera professione. su alcune certezze, una chance per definire delle garanzie d’impiego ai neoiscritti degli Ordini. In particolare dovrebbero essere stabilite delle soglie di compenso minimo sia per le presentazioni sia per le gare di progettazione. A questo dispositivo andrebbe accompagnato, come estensione della domanda per i professionisti, una normata competenza al coordinamento della progettazione per i soli architetti, pianificatori, paesaggisti e conservatori. Inoltre Next Generation EU potrebbe rappresentare un’ultima occasione per ossigenare il mondo della progettazione con l’avvio di una nuova stagione di concorsi che siano in grado di dare opportunità agli studi emergenti, in particolare definendo una soglia di almeno del 10% dei bandi finanziati con le risorse del Recovery Plan per i professionisti under40, oppure stabilendo una “garanzia giovane” nella rosa dei vincitori dei concorsi.
Parallelamente, sul piano culturale, è questa stessa fase, e la sua contestualizzazione fortemente europea, a consentire l’avvio alla rilegittimazione della figura dell’architetto, grazie al comunicato della Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen per la fondazione di un nuovo Bauhaus europeo capace di disegnare il futuro sostenibile delle città e dei territori dell’Unione Europea. E non è un caso che da Bruxelles arrivi questo sollecito perché, come è sempre stato nei momenti di grande rinascita europea, l’innovazione è stata guidata dagli architetti, i veri portatori di una nuova visione per i luoghi dell’abitare.
In conclusione, se la pandemia da Coronavirus ha apportato un danno all’economia, può e deve essere un’opportunità non solo per ripartire, ma per ricostruire un paradigma sociale che riconosca una dignità professionale agli architetti, esigendo tutele soprattutto per il futuro delle nuove generazioni al centro del piano Next Generation EU.