Nelle sue Lezioni americane Calvino lascia trasparire uno dei suoi temi dominanti, quasi nella forma del motivo musicale, che chiama in causa la tensione fra unità e molteplicità ed evoca il senso delle possibilità affidato alla trama della scrittura e a un’idea di letteratura.
“Forse stavo scoprendo solo allora la pesantezza, l’inerzia, l’opacità del mondo, qualità che s’attaccano subito alla scrittura, se non si trova il modo di sfuggirle.” E di alcuni fra i suoi eroi letterari, Lucrezio e Ovidio, Calvino scrive: “La poesia dell’invisibile, la poesia delle infinite potenzialità imprevedibili, così come la poesia del nulla nascono da un poeta (Lucrezio) che non ha dubbi sulla fisicità del mondo […]. Anche per Ovidio tutto può trasformarsi in nuove forme; anche per Ovidio la conoscenza del mondo è dissoluzione della compattezza del mondo”. Allo stesso modo, “Cyrano celebra l’unità di tutte le cose, inanimate o animate, la combinatoria di figure elementari che determina la varietà delle forme viventi, e soprattutto egli rende il senso della precarietà dei processi che l’hanno create: cioè quanto poco è mancato perché l’uomo non fosse l’uomo, e la vita la vita, e il mondo un mondo”.
Le infinite potenzialità imprevedibili di Lucrezio, la metamorfosi come dissoluzione della compattezza del mondo, la combinatoria di Cyrano che si alimenta della percezione della precarietà e, in particolare, della contingenza hanno fra loro un’aria di famiglia, e sono tenute assieme da una sorta di amore o di passione per la varietà dei mondi possibili.
Si consideri l’esperienza stessa della scrittura: “Alle volte cerco di concentrarmi sulla storia che vorrei scrivere e m’accorgo che quello che m’interessa è un’altra cosa, ossia, non una cosa precisa ma tutto ciò che resta escluso dalla cosa che dovrei scrivere; il rapporto tra quell’argomento determinato e tutte le sue possibili varianti e alternative, tutti gli avvenimenti che il tempo e lo spazio possono contenere”. Ed ecco che emerge il tema dell’immaginazione: “l’immaginazione come repertorio del potenziale, dell’ipotetico, di ciò che non è stato né forse sarà ma che avrebbe potuto essere”.
Nel caso paradigmatico di Gadda, secondo Calvino, ciò che vale è “la rete di connessione tra i fatti, tra le persone, tra le cose del mondo”. Gadda “vede il mondo come un ‘sistema di sistemi’, in cui ogni sistema singolo condiziona gli altri e ne è condizionato”. Questo, e non altro, è per Gadda il garbuglio, o gomitolo, o groviglio: “La molteplicità delle relazioni, in atto e potenziali”. Così come, nel caso paradigmatico di Borges, Calvino individua “il modello della rete dei possibili”.
Potremmo concludere, allora, che “non ci può essere un tutto dato, attuale, presente, ma solo un pulviscolo di possibilità che si aggregano e si disgregano”.
Un pulviscolo di possibilità che sembrano connettere fra loro la remota visione di Lucrezio e gli sviluppi attuali della fisica quantistica. Si delinea, in questo modo, una prospettiva incentrata sul senso vivo delle possibilità e della contingenza, che sembra indebolire la ferrea presa della pesantezza, dell’inerzia e dell’opacità del mondo. La prospettiva per Calvino può essere guadagnata grazie a un’idea di letteratura. Una delle versioni del mondo, dello stesso mondo, nel senso di Nelson Goodman.
Com’è facile vedere, la lezione di Calvino è un’altra tessera del mosaico dei temi dell’interminabile discorso utopico. Come ho accennato, ai temi dei mondi sociali possibili e delle vite congetturali possiamo ora accostare il tema metafisico e leibniziano dell’alone di possibilità che ruota intorno al nostro mondo attuale, il mondo comune che condividiamo con qualche miliardo di coinquilini del pianeta. Riconoscendo, ancora una volta, la nostra insaturazione e incompletezza. E non dimenticando che siamo letteralmente fatti di polvere di stelle.
José Saramago, a proposito del suo Lucernario: “Tutto ciò che ho scritto avrebbe potuto essere scritto in altro modo”. “Tutto può essere raccontato in un altro modo” disse Saramago dopo aver attraversato deserti e navigato per acque tenebrose. Allo stesso modo, tutto ciò che ho detto avrebbe potuto essere detto in altro modo. Così, osservando scrupolosamente la massima del vecchio professore di Musil, che ho evocato nell’album di immagini, il circolo è completato e la sequenza dei miei frammenti a proposito delle possibilità del sé può, a questo punto, concludersi.
Alla fine, vi suggerisco due immagini come addenda a questa lezione, dedicata all’idea di utopia come mondo sociale possibile:
Marcel Proust: “Il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre, ma nell’avere nuovi occhi”.
Oscar Wilde: “Una carta del mondo che non contiene il paese dell’utopia non è degna nemmeno di uno sguardo, perché non contempla il solo paese al quale l’umanità approda di continuo. E quando vi getta l’ancora, la vedetta scorge un paese migliore e l’umanità di nuovo fa vela. Il progresso altro non è che il farsi storia delle utopie”.
Pubblichiamo un estratto da Il senso della possibilità. Sei lezioni (Feltrinelli) di Salvatore Veca