Fare editoria: appunti per un decalogo

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    Come tutti i tempi, è questo un tempo fatto di luci e ombre. “Quest’anno è come l’anno di mille anni fa” scriveva il poeta e, come tutti i poeti, aveva, al tempo stesso, sia torto sia ragione.

    Negli ultimi dieci anni – bastino questi dieci – molto è cambiato nell’industria culturale mondiale. Molto nel lavoro editoriale. Moltissimo cambierà nei prossimi anni. Per indagare le trame, le modalità, le infinite possibilità di questo mutamento, avremmo la necessità di centinaia di pagine. Un nuovo Lavoro culturale ad altezza anni 20; questa volta, forse, Il lavoro culturale dovrebbe essere un saggio. Bisognerebbe analizzare i nuovi modelli, studiare le cause di alcune involuzioni. Proporre ulteriori nuovi modelli. E tanto altro.

    In questo spazio, ci abbandoneremo, invece, alla frammentazione. A pochi appunti emersi dalla vita quotidiana. Ci rifugeremo nel facile territorio delle liste. Si passerà dunque dalla pratica alla teoria. Come sempre in questi casi, dunque, molti dettagli saranno dimenticati. Nella vita quotidiana, i dettagli sono le colonne d’Ercole del nostro futuro.

    In casa editrice, all’ingresso, abbiamo affisso il Decalogo di Klaus Wagenbach. Questi, per l’editore tedesco, i punti fondamentali per fare bene questo lavoro:

    1. Non aggregarsi a gruppi editoriali, ma conservare la propria indipendenza, innanzitutto sul piano societario;
    2. Investire sulla backlist, ovvero sui titoli longevi che non si esauriscono nel giro di una stagione, perché il catalogo non è solo la spina dorsale di una casa editrice, ma anche il suo vero capitale;
    3. Perseverare nelle proprie persuasioni, anche se passano per follie, perché «non ha senso non servirsi della propria indipendenza»;
    4. Mantenere viva e costante la comunicazione con i redattori, i consulenti, i grafici, gli autori, i librai;
    5. Non curarsi troppo dell’estetica alla moda, ma fare libri fisicamente ben riconoscibili, che i lettori fidelizzati possano «trovare alla svelta»;
    6. Mantenere il proprio territorio (che per Wagenbach è la letteratura italiana), ma anche integrarlo coltivando il contesto (p.es. con saggi sulla storia italiana, libri di cucina, guide);
    7. Mantenere alti i prezzi dei libri che si vendono bene (non disdegnando di «inventarsi» titoli di successo né di ripubblicare vecchi titoli in una nuova veste, poiché «tutto è nuovo per i lettori giovani») e finanziare coi profitti extra i (decisivi) progetti in perdita;
    8. Non correre dietro al frenetico mercato delle opzioni, ma prendersi il tempo per leggere i libri che non hanno «prospettive di tiratura superiori ai 500 esemplari»;
    9. Coltivare la parsimonia e la precisione, come un grande editore non può permettersi di fare;
    10. Perseguire una crescita moderata, commisurata alle proprie forze, evitando il più possibile i «casi editoriali», che attirano l’attenzione su un solo libro, oscurando gli altri.

    Il decalogo, come si vede, è molto legato a una precisa idea di editoria, che fa della sua indipendenza un punto di forza e che affonda le sue radici in un modo di fare antico (l’antico è nobile, il vecchio è vecchio). Il nostro tempo è certamente aereo ed è dunque necessario scandagliare più a fondo le dinamiche: lasciarsi la possibilità di generare un sistema e poi, talvolta, contraddirlo. Eludere qualsiasi gabbia. O forse: costruirsi una gabbia per essere più liberi. È un tempo in cui l’indipendenza non deve essere più, o non soltanto, politica; ma deve configurarsi come indipendenza da sé stessi, predisposizione a nuovi territori, esplorazione di nuovi continenti o di vecchie lande dimenticate. Andare incontro a un principio favoloso dell’esperienza umana: lo shock dell’ignoto.

    L’esperienza che la casa editrice il Saggiatore in questi anni ha affrontato è stata mirata proprio a questo: individuare non solo una politica editoriale, ma anche e soprattutto un preciso approccio alla vita, una visione del mondo. Da questo punto di vista, questa esperienza ancora in divenire non è, per quel che riguarda la mia prospettiva, un’esperienza editoriale o non solo: bensì un’esperienza che avrebbe potuto prefigurarsi in vari modi e in varie forme anche al di là di un prodotto, in assenza di esso (e che ancora in futuro potrà prefigurarsi in tal modo, con altre modalità e altre nomenclature): laddove una pratica culturale si può configurare ben oltre un singolo oggetto, ma piuttosto esplorando, con una precisa organizzazione, anche aziendale, una visione del mondo (una visione del mondo che sia sempre in divenire, onde evitare che diventi una religione).

    • Al decalogo di Wagenbach, si aggiungono qui, dunque, alcuni appunti su un personalissimo lavoro culturale, in una determinata contingenza storica e aziendale. Senza pretese di completezza, tantomeno di magistralità.
    • Scegli i titoli da pubblicare in un’ottica armonica. Ogni singolo titolo dialoghi con l’altro per modalità, universi simbolici, coerenza.
    • Considera i titoli della casa editrice come testi che compongono un unico grande testo.
    • Rifiuta di pubblicare i libri che non rientrano in questo unico grande testo.
    • Non essere militante su questa modalità. Concediti la sprezzatura. Sorprendi te stesso. Sii flessibile: sappi che, di casa editrice in casa editrice, questo approccio avrà un ventaglio sempre diverso di possibilità.
    • Conduci una politica d’autore. Non acquisire, se possibile, un libro ma un autore con cui lavorare per anni.
    • Quando decidi di pubblicare un libro, comprendi prima, esattamente, ciò che ti aspetti da quel libro. Non in termini economici, o non solo; ma stabilisci qual è la sua esatta funzione nel catalogo.
    • Ricordati del catalogo del passato ma ambisci a costruire il catalogo del futuro.
    • Non essere rigido: pubblica anche, talvolta, libri che non possono ambire a far parte del catalogo del futuro.
    • Metti in rete gli autori della casa editrice affinché si generino punti focali di complessità.
    • Sii libero da pregiudizi il più possibile. Acquisirai il libro di un autore. Ti diranno che è “fascista”, un “ladro”, o un “rompicoglioni”. Disinteressatene. Valuta il suo testo e incontralo senza pregiudizio alcuno.
    • Non considerare i lettori come degli inetti. Non credere che sia necessario spiegare loro tutto, o semplificare tutto. I lettori, spesso, fanno il loro lavoro meglio di tutti.
    • Credi nella profondità e pubblica libri che, con le loro caratteristiche e con i loro difetti, abbiano l’obiettivo di giungere in profondità.
    • Non credere neanche per un istante alla vecchia distinzione Cultura Alta vs Cultura Bassa. Essa è fallace e porta fuori strada. È una distinzione che crea colonnelli e quando arrivano i colonnelli è perché è arrivata la guerra.
    • Considera il catalogo non soltanto come un territorio su cui sedersi; ricorda che talvolta un titolo di catalogo può essere più forte di una novità.
    • Non credere mai a chi pensa che il passato sia meglio del presente: ambisci a dimostrare il contrario.
    • Interessati di tutto il possibile. Studia sempre Platone e l’Iliade ma indaga i meccanismi comunicativi ed estetici di Chiara Ferragni, i testi del gruppo indie, Sanremo, il mercato librario internazionale. Se non sai nulla di neuroscienze rimedia, e fai altrettanto con la geopolitica, la letteratura ungherese, le ricette vegane. Lo snobismo è una malattia letale.
    • Prova a progettare la casa editrice affinché tutto sia armonico. Ogni ufficio sia armonico con gli altri. Tutto sia programmato il prima possibile, affinché ci sia più spazio e più tempo per la creatività.
    • Ambisci a un luogo di lavoro in cui vi sia uno spirito prussiano del lavoro affiancato alla creatività del Brasile di Pelè (o almeno di Romario e Bebeto).
    • Ricorda che tutti gli uffici di un’azienda hanno pari importanza.
    • Guarda oltre sempre. Cerca di immaginare il lavoro della casa editrice nel 2020. E lo stesso fai con il gruppo di lavoro. Cerca di vedere, nelle persone, qualità che essi stessi non sanno di avere.
    • Ricorda che il giusto autore per un libro che vuoi pubblicare può arrivare da qualsiasi luogo reale e digitale. Da quelli istituzionali fino a quelli più casuali. Non è escluso che il tuo vicino di casa non sia proprio ciò che stai cercando.
    • Evita se possibile di rifiutarti di pubblicare libri di autori i cui precedenti lavori non hanno venduto. Il lavoro dell’editore è quello di costruire. Rinunciarci è un buon modo per non rischiare, ma non è necessariamente un buon lavoro.
    • Applica nella costruzione del catalogo il pensiero laterale. Guarda le cose sempre da un’angolatura diversa.
    • Non credere alle mode. Non lasciarti tentare dall’attualità. Ambisci alla contemporaneità. Talvolta scommetti sull’inattuale.
    • Non lasciarti abbagliare dagli algoritmi. Ciò che su un social network può apparire decisivo per un nutrito gruppo di persone, può senz’altro non esserlo.
    • Evita, il più possibile, che il lavoro in casa editrice sia abitudinario. Tutti i reparti devono ambire a sfidare se stessi continuamente.
    • Ricorda che è fondamentale commissionare il libro giusto all’autore giusto. Lì dove il libro giusto sia commissionato all’autore sbagliato, non è detto che sia l’autore ad accorgersene; si creerà dunque un fraintendimento di lunga durata.
    • Non temere i progetti in perdita, se puoi. Recupera la perdita con gli altri libri. Ambisci non solo a portare guadagni con un libro, ma a portare guadagni con tutti i libri della casa editrice.
    • Osserva, il più possibile, il mondo intero. Conoscere la situazione del Burundi un giorno ti sarà utile.
    • Non preporre i tuoi gusti nella scelta di un libro. Faresti un cattivo lavoro per il lettore. Sii in grado di pubblicare anche (e soprattutto) ciò che non è nelle tue corde, ma nel quale riconosci delle potenzialità e un carattere.
    • La copertina di un libro che sceglierai da editore non ha a che fare con i tuoi impulsi. Non sceglierla in base ai tuoi gusti personali (o in base ai gusti dell’autore). “A me piace questa” non è un buon modo di lavorare.
    • Ricorda che una copertina non è bella o brutta. Ricorda che una copertina non deve raccontare il libro. Piuttosto deve rappresentare uno dei vari spiriti del libro, e in particolare lo spirito che si è deciso di comunicare verso l’esterno.
    • Rispetta il lavoro di tutta la filiera, e dunque non soltanto quello dei collaboratori della casa editrice, ma anche gli agenti letterari, gli agenti della rete di promozione, gli stampatori, i distributori, i librai eccetera eccetera.
    • Non credere all’antica semplificazione per cui il lavoro dei piccoli editori è più nobile di quello dei grandi. Ci sono piccoli editori che compiono un lavoro superficiale e grandi editori che compiono un pregevole lavoro. E viceversa, naturalmente.
    • Sia nei rapporti verso l’interno che verso l’esterno cerca di essere gentile. Quando occorre sii rigido ma non fare della tua rigidezza uno schermo d’insicurezza.
    • Sii sempre in grado di chiedere scusa. Non si conosce persona al mondo che non abbia sbagliato più di una volta.
      Non credere di poter fare questo lavoro senza aver mai visto un bilancio o un conto economico.
    • Non credere in una specie di assolutismo dei libri. È possibile virare il tuo lavoro, più in generale, sui contenuti.
    • Ricorda che in questo paese l’aggettivo “giovane” ti precederà ancora a lungo. Ti seccherà essere considerato un giovane uomo, un giovane direttore editoriale, un giovane scrittore, un giovane appassionato di basket, un giovane inquilino eccetera.
    • Ma non prenderla sul personale. È solo la retorica di un paese e i suoi abitanti ne sono intrisi.
    • Non lasciarti abbagliare dal mercato. Non proporre iniziative simili ad altre già esistenti solo perché quelle hanno successo.
    • Mantieni la tua idea, sii in grado di mutarla man mano, ma abbi, il più possibile, una tua precisa identità.
    • Non credere mai di poter essere un maestro per qualcuno, neanche per un secondo. Spesso i maestri non sanno di esserlo.
    • Alla sera, quando leggi per te, e non per lavoro, non leggere come un editore, leggi come un lettore. Dimentica il tuo lavoro e non farti fuorviare. Non giudicare un libro sulla base delle tue necessità editoriali, bensì sulla base dei tuoi gusti personali.
    • Non pensare mai: “Non andrebbe bene per noi” oppure, peggio, “non venderebbe quindi non è un bel libro”. Pensa alla forza di quelle parole. In quel momento sei un lettore. Dimentica tutto il resto. Vivi l’esperienza della lettura come fosse la prima volta. Prova a leggere come facevi da bambino, quando Pinocchio ti sembrava l’avventura più incredibile che potesse capitare.
    • Poi chiudi gli occhi e dormi, ma prima, nel dormiveglia, ricorda che c’è ancora tanto da fare, tanto da crescere, e crescere sempre di più, fino al giorno in cui tutto si spegne. E cresceremo ancora.

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