Milano oggi: grandi trasformazioni urbane, nuovi attori e nuove logiche immobiliari

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    È innegabile che l’ultimo decennio abbia lanciato Milano, la ‘capitale morale italiana’, sulla scena internazionale. Altrettanto significativo è il ruolo delle grandi trasformazioni urbane che a partire dagli anni novanta hanno interessato le aree dismesse del territorio Milanese (basti pensare all’area Bicocca e al progetto Santa Giulia a Rogoredo) e hanno contribuito al rinnovamento dell’immagine della città in Italia e all’estero (Porta Nuova, Expo, CityLife).


    Gli autori introducono “Milano oggi: grandi trasformazioni urbane, nuovi attori e nuove logiche immobiliari“, 4° seminario del ciclo “Territori di ricerca: natura, città e spazio pubblico“, organizzato dal dottorato di ricerca Urbeur dell’Università degli Studi di Milano Bicocca e a cura di cheFare, è giovedì 25 ottobre alle 18.30 a La Triennale di Milano.

    Per tutti gli articoli, gli appuntamenti e i materiali sul seminario vai al Progetto


    Come analizzare queste trasformazioni? Come sono cambiati gli attori? Quali sono le loro logiche? Queste sono le domande da cui parte la nostra riflessione in vista del quarto seminario URBEUR, all’interno del ciclo di incontri “Territori di Ricerca: Natura, Città e Spazio Pubblico” curato da CheFare.

    Chiave di lettura: Urban Political Economy

    La risposta a tali quesiti rimanda, da una parte, allo studio delle condizioni di contesto in cui queste grandi trasformazioni si collocano (la struttura sociale-politica- ed economica della città di Milano) e, dall’altra, all’analisi della governance di tali processi (attori, logiche e rapporto con le élite politiche cittadine).

    La chiave di lettura che vogliamo proporre si affida alla Urban Political Economy, prospettiva teorica che analizza le trasformazioni urbane non solo come procedure di pianificazione, ma anche come il risultato di un sistema di rapporti di forza fra attori pubblici e privati. In questo senso, il contesto urbano assume particolare rilevanza: la capacità negoziale delle élite locali viene spiegata anche in funzione di una migliore o peggiore performance dell’economia e della fiscalità locale. Parimenti importante è la dislocazione delle risorse critiche; con questo termine intendiamo tutti quegli asset (capitali, know-how) necessari per la chiusura di un determinato progetto. Da questa prospettiva deriva che attori in grado di controllare queste risorse godranno di maggiore potere negoziale, fino a sovradeterminare il progetto.

    Milano: dalla fabbrica al real estate

    Le radici della prosperità milanese affondano in una felice riconversione da ‘capitale industriale d’Italia’ a ‘capitale del terziario’. A differenza di altri poli urbani industriali (Torino, Genova) o di grandi metropoli del centro sud (Roma, Napoli) la rilocazione dell’industria fuori dai centri urbani, ed in contesti extra italiani non ha portato ad una crisi sociale. Sia i processi di deindustrializzazione degli anni ‘80 che la crisi del 2008 non hanno rallentato la crescita milanese. Quest’ultima ha saputo reinventarsi puntando su altri settori dell’economia urbana: dal design alla moda, dall’università alla comunicazione, dalla finanza alle nuove economie urbane (per maggiori informazioni su quest’ultimo punto, rimandiamo al contributo sulle nuove economie urbane di Luca Calafati e Letizia Chiappini).

    Secondo i dati resi disponibili da Assolombarda, il PIL milanese registra un aumento del + 3,1% rispetto ai valori pre-crisi (2008). La performance dell’intero territorio nazionale, per avere un termine di paragone, è ferma al -4,5%. Parliamo quindi di un territorio estremamente attraente per eventuali investitori (domestici e internazionali) nel settore immobiliare: secondo l’analisi di Scenari Immobiliari, nel 2016, il 49% dei flussi di capitale nel settore real estate è atterrato a Milano.

    La performance economica è solo uno dei due fattori da considerare. Il secondo è la disponibilità delle élite politiche locali a facilitare, attraverso dispositivi di pianificazione e di governo del territorio, l’ancoraggio di capitali soprattutto, ma non solo, per la riconversione delle grandi aree.

    La storia della Milano edilizia che ha senso raccontare, comincia negli anni ‘80 con il ‘sistema Milano’ o Tangentopoli. Le relazioni tra i developer della ‘Milano da bere craxiana’ e le élite locali sono di forte dipendenza: i primi necessitano della politica per le loro operazioni immobiliari e, allo stesso tempo, i secondi costruiscono il proprio consenso anche sulla base del sostegno delle élite economiche locali.

    In epoca pre-austerity, i meccanismi finanziari di trasferimento in qualche modo ‘contengono’ gli impatti delle trasformazioni urbane, indipendentemente dalle dimensioni dei progetti. Tuttavia, la situazione evolve a partire dai primi anni ‘90, non solo per i cambiamenti politici ma soprattutto per la ridefinizione della finanza locale: la quota di trasferimenti dallo stato centrale si contrae dal 1998 al 2006 (-78%), per poi riprendere una moderata crescita dopo il 2006.

    Date queste condizioni, la fiscalità riscossa localmente assume un ruolo centrale nelle politiche di sviluppo territoriale, sia in forma di oneri, sia in forma di vere e proprie imposte dirette.

    La relazione politica locale – sviluppo immobiliare evolve: la trasformazione urbana delle grandi aree dismesse e dei vuoti urbani rappresenta una fonte di entrata supplementare. L’adozione di politiche di austerity, quali il Patto di Stabilità, e la contemporanea devoluzione di poteri verso gli enti locali aggravano ulteriormente il problema. La possibilità di utilizzare gli oneri di urbanizzazione per la spesa corrente non produce una soluzione; se possibile, invece, aggrava il problema inducendo una vera e propria ‘fame di oneri’ per finanziare un bilancio locale in potenziale crisi. Il tutto, in un contesto di crescente mobilità internazionale dei capitali che rende urgente ‘catturare’ gli attori dotati di risorse, prima che trovino collocazione su altri territori.

    I motori finanziari della crescita: attori e logiche

    Una nuova classe di attori si affaccia nel mercato immobiliare milanese: i fondi di investimento e gli attori del settore finanziario-immobiliare. I, relativamente recenti, processi di progressiva liberalizzazione del settore finanziario, la saturazione dei ‘prime spot’ (es. Londra), la generale espansione del settore real-estate e, non ultima, la semplificazione e flessibilizzazione degli strumenti urbanistici milanesi producono un interesse per il comparto immobiliare cittadino. Alcuni progetti che ha senso menzionare sono Porta Nuova e Citylife (dal 2012 il Gruppo Generali Assicurazioni ricopre il doppio ruolo di unico proprietario dell’area e property manager).

    La differenza con i tradizionali costruttori milanese sembra netta in relazione alle risorse finanziarie, alla dipendenza dal credito bancario, alla capacità di sostenere i rischi nel lungo-periodo, alla professionalità e alla reputazione degli intermediari locali. Ma andiamo con ordine.

    In riferimento alle risorse finanziarie e alla dipendenza dal credito bancario, per quanto ricche fossero le dotazioni di capitale dei tradizionali player locali, viene difficile immaginare una chiusura di progetto che, come nel caso di Porta Nuova, vede coinvolto il fondo sovrano del Qatar.

    Per quanto riguarda, invece, la gestione del rischio nel lungo periodo, se il vecchio sistema mirava a rigenerazioni relativamente semplici e a ‘realizzi’ immediati, investitori dotati di maggiori capitali possono permettersi una strategia più ‘lenta’. I nuovi attori, infatti, calcolano le remunerazioni nel lungo periodo, relativamente sicuri che i rischi vengano neutralizzati nel tempo.

    Va anche considerato che le skill necessarie per sviluppare un progetto di dimensioni simili a Porta Nuova o Citylife sono decisamente importanti. La realizzazione di un mega progetto dipende dalla capacità del developer e dell’intermediario locale di costruire relazioni di fiducia in grado di sostenere la negoziazione tra gli attori finanziari e le élite politiche locali. Lo sviluppo di un mega progetto dipende, inoltre, dalla capacità di sfruttare le utilità di agglomerazione risultanti dal mix funzionale di tali interventi. La componente terziaria può, infatti, assicurare il traffico pedonale che, a sua volta, alimenta il settore commerciale.

    Le amenities di lusso e la vicinanza a anchor tenant assicurano la creazione di domanda per il settore residenziale e commerciale. Al tempo stesso, le sinergie con la progettazione comunale sono necessarie per garantire una buona accessibilità delle aree (basti pensare alla collocazione sia di Porta Nuova che di City Life sulla linea 5 della metropolitana).

    La capacità di mobilitare personalità di livello globale come garanti della buona qualità del progetto (es. Libeskind, Hadid, Pelli, Boeri) è anch’essa difficilmente disponibile nella vecchia generazione di imprenditori immobiliari. Un ragionamento simile, che in questa sede non tratteremo, potrebbe essere fatto per tutte le certificazioni ecologiche ed i premi architettonici di cui i nuovi mega progetti sono stati insigniti.

    Questioni aperte

    Alla luce di queste considerazioni, è possibile comprendere come le trasformazioni dell’ultimo ventennio abbiano radicalmente alterato i rapporti di forza con le élite politiche. Le Amministrazioni, in cerca di nuovi fondi per integrare la fiscalità locale e per alimentare la crescita urbana in vista di un suo posizionamento all’interno dei mercati immobiliari internazionali, si trovano in relazione con nuovi attori che controllano capitali mobili e che seguono logiche diverse rispetto ai tradizionali player immobiliari.

    Per concludere, crediamo sia necessario aprire alcune questioni.

    In primo luogo, ci chiediamo quanto progetti del calibro di Porta Nuova e CityLife possano essere considerati rappresentativi di un andamento nuovo per il sistema Milano. Altri progetti hanno interessato e interesseranno il territorio cittadino e metropolitano (es. Area Falk, Santa Giulia, Expo, Metro 4 e 5). Non è scontato affermare che anche in questi casi si siano riprodotte e si riprodurranno le medesime dinamiche: altri attori e rapporti di forza possono influenzarne lo sviluppo e la realizzazione.

    In secondo luogo, un filo rosso che lega i mega-progetti appena completati e quelli futuri è il ruolo degli enti pubblici locali e nazionali. In funzione di questo ha senso ricordare alcune criticità collegate ai più famosi progetti: le volumetrie di Porta Nuova e CityLife, i sovra-costi collegati alla realizzazione di Palazzo Lombardia, il processo di gentrificazione del quartiere Isola, i 2,2 miliardi pubblici spesi per la realizzazione di Expo, l’aumento dei prezzi del biglietto della metropolitana collegati alla realizzazione delle nuove linee. I processi di pianificazione negli ultimi 20 anni, come abbiamo visto, si sono sviluppati anche a partire da un cambiamento di paradigma che ha ‘demandato’ il controllo e la gestione delle trasformazioni urbane al mercato, complice anche una certa continuità nelle agende politiche delle amministrazioni locali in tema di sviluppo urbano. Ci chiediamo quindi: che ruolo hanno lo stato e gli enti locali in tali processi? In che misura queste trasformazioni hanno contribuito e contribuiscono alla creazione di beni pubblici?

    In terzo luogo, vale la pena di interrogarsi sulla distribuzione dei benefici urbani, in una città caratterizzata da una crisi abitativa (rimandiamo al seminario URBEUR dell’8 Novembre 2018 introdotto da Emanuele Belotti e Igor Costarelli) e da una diseguaglianza fra centro e periferie.

    Non crediamo che la risposta a queste questioni debba venire solo dall’accademia. Per questa ragione rimandiamo al seminario del 25 ottobre che vorrebbe essere un primo momento di discussione per collegare professionisti, ricercatori, attivisti e cittadinanza.

    Alcune letture:

    Adobati F. Ferri V. Oneri di urbanizzazione, crescita urbana e debito pubblico di domani. XIV Conferenza Società italiana di urbanistica Disponibile Online: https://aisberg.unibg.it/retrieve/handle/10446/26329/6075/SIU2011_adobati_ferri.pdf

    Bellicini, L. (2011) Immobiliare, debito, città: considerazioni sui primi dieci anni del XXI secolo in Dematteis G, a cura di. Le grandi città italiane. Roma:Marsilio (pp 77-115)

    Gibelli, M.C. (2016a) Milano: da Metropoli Post-Fordista a Mecca del Real Estate, Meridiana, No. 85, pp. 61-80.

    Gibelli, M.C. (2016b) Milano: “Lost in Transformation”. Disponibile online: http://www.eddyburg.it/2016/05/milano-lost-in-trasformation.html

    Nomisma (2017) 3° Osservatorio Immobiliare 2017

    Roberts, Hannah (2016) Milan, Italy’s Most Business- Focused City, Looks to Rival London, Financial Times, Disponibile online: https://www.ft.com/content/521a2d60-a2b2-11e6-aa83-bcb58d1d2193

    Urban Land Institute and PwC (2018) Emerging Trends in Real Estate (Europe). online: https://europe.uli.org/wp-content/uploads/sites/127/ULI-Documents/ETRE_2018_FINAL.pdf

    Sassen, S. intervento al Domus Forum di Milano (Ottobre 2018). Disponibile online: https://www.domusweb.it/en/events/forum/2018/saskia-sassen-the-city-is-one-of-the-few-places-that-those-without-power-get-to-make-a-history.html?fbclid=IwAR3N0wVRMjR2M7Zs7pAKBpRe4b-m51HMVmTAvShyZrH6l58YAwlk5I1b4Tw

    Scenari Immobiliari (2017) Milano Challenger: “Sul Podio d’Europa”. Disponibile online: http://www.interimmobili.it/public/upload/MILANO%20CITTA%27%20METROPOLITANA.pdf

    Tocci W. (2009) L’insostenibile ascesa della rendita urbana Democrazia e diritto 1/2009 Disponibile online: https://www.vorrei.org/images/stories/ambiente/201012/Walter-Tocci-Rendita.pdf


    Immagine di copertina: ph. Massimiliano Donghi da Unsplash

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