A Barcellona una madre single che ha perso il lavoro a causa della pandemia può rivolgersi al servizio di baby-sitting di quartiere. Il progetto è stato avviato dal Comune con l’obiettivo di aiutare le famiglie monoparentali o in situazioni di difficoltà economica: sostenuto grazie a un fondo da 248mila euro, ha luogo in sei quartieri a basso reddito e si rivolge a 1.500 bambini tra i quattro e 12 anni supportati da 20 educatori dell’infanzia ogni giorno della settimana. È solo una delle misure che il Comune sta mettendo in atto nell’emergenza sanitaria e che secondo l’assessora alla Casa Lucía Martín -eletta nella lista Barcelona en comù, il movimento politico cui appartiene la sindaca Ada Colau, al governo del municipio dal 2015- rappresenta il risultato delle politiche sociali che si possono attuare quando una città gestisce direttamente i suoi servizi pubblici. Sempre la proprietà e la gestione comunale dei centri anti-violenza, per esempio, ha consentito di rafforzare gli interventi per le donne che subiscono abusi, sovvenzionati dal Plan de Choque Social per cui sono stati utilizzati 35 milioni di euro. “I Comuni hanno la capacità di dare una risposta immediata alle richieste della popolazione di cui conoscono bisogni ed esigenze. La loro dimensione locale consente di realizzare pratiche di prossimità in grado di affrontare le crisi in modo rapido”, spiega l’assessora. “È quello che Barcellona ha fatto sin dal primo lockdown, anche coordinandosi con le altre città della regione mentre lo Stato era lento e assente”, prosegue.