Uomo o donna, che differenza fa? Nella ricerca, tanta

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    I dati, si dice, non mentono. Eppure questa certezza oggi sembra essere messa in discussione, non per difetti intrinseci dei dati o perché non siano un valido parametro su cui basarsi, più semplicemente perché i dati dicono la verità solo sul campione a cui fanno riferimento. In molti ambiti tuttavia (per fortuna) ci stiamo accorgendo che il campione di riferimento per le analisi e le deduzioni che ne seguono – maschio, caucasico, tra i 18 e 65 anni – non è rappresentativo della popolazione generale: non lo è per età, per etnia, per parametri socioculturali e soprattutto non lo è per sesso e genere. Ignorare questi aspetti significa non considerare una persona su due, visto che secondo il World Population Prospect 2019 delle Nazioni Unite, il 49,58 per cento della popolazione mondiale è di sesso femminile.

    Una persona su due, per esempio, non è stata considerata nelle sperimentazioni che hanno portato all’approvazione di molti dei farmaci oggi in uso, nelle quali è stato seguito quello che il rapporto Gendered Innovation 2 – How Inclusive Analysis Contributes to Research and Innovation definisce modello “one size fits all”, dove la taglia unica in questo caso è quella maschile.

    Note

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