I quattro mesi del disastro Coronavirus nelle chiamate ai centralini delle Brigate per l’Emergenza

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    Questo articolo è stato originariamente pubblicato su MiM.

    Lei ha ottantatré anni, in casa è da sola, lavorava alla Scala di Milano, nei camerini. Dice che la pensione non le basta neanche per pagare l’affitto e che deve aiutare i figli che sono via da Milano e sono senza lavoro da così tanto che non se lo ricorda neanche più l’ultima volta che hanno preso lo stipendio. E che però la cosa che le pesa di più è che lei è sempre sola .

    Vive sola, ha 41 anni è in cassa integrazione che ancora non arriva, da marzo non lavora e già prima il lavoro era poco, ma adesso non c’è più. Signorina se venite io non posso alzarmi dal letto, sono sola, con l’ossigeno, però sto al piano rialzato e se potete la spesa me la dovreste portare proprio qui…

    L. faceva le pulizie, sua moglie la domestica ma adesso li hanno lasciati a casa. In famiglia sono in 5, c’è anche il genitore anziano, e due figli. Dovrebbero seguire la scuola, ma il computer a casa non c’è e neanche la connessione. La casa è piccola, il nonno non si alza dal letto e nella stanza c’è lui e i due figli e non c’è posto dove stare.

    Da tre mesi non lavora, la ragazza è senza documenti, a casa c’è sua mamma che non si alza e non cammina e ha dolori tutto il giorno. Senza documenti adesso un lavoro chi glielo dà? Neanche il dottore si fida a chiamare adesso.

    In casa siamo due trans, adesso non si lavora più. Via Arquà, via Clitumno…prima c’era il parchetto di via Mosso. Poi hanno tolto anche quello. Ma ci si spostava. Adesso il lavoro è finito. Tutti hanno paura. Che nome vuole scrivere, quello sulla carta d’identità o quello mio da trans? Quello che vuoi, quello con cui vuoi essere chiamata…

    Note

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