Siamo ovunque, una cassetta degli attrezzi per le rivoluzioni di domani

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    È uno dei primi spettacoli cui ho assistito, appena arrivato al festival di Santarcangelo, lo scorso luglio. Dopo aver fatto una piccola coda, in attesa che a tutti partecipanti venga consegnato un dispositivo d’ascolto con delle cuffie, ci sediamo. Siamo riuniti in cerchio, su sedie diverse poste su uno dei lati di piazza Ganganelli. Trovandoci nel centro del paesino, c’è chi si avvicina, osserva, cerca di capire quello che sta per accadere in questo spazio trasformato in una meditativa agorà. Gli organizzatori danno poche istruzioni in italiano e in inglese, poi la lettura pubblica comincia. Chi se la sente può prendere parola e leggere uno dei testi che ci sono stati consegnati all’inizio. Il materiale di presentazione spiega che «Siamo ovunque raccoglie e diffonde voci antifasciste, femministe, anticapitaliste, antirazziste, antispeciste, hacker e di chi si batte per i diritti dei e delle migranti, contro qualunque forma di oppressione sociale, per i diritti delle persone LGBTQIA+, contro gli ecocidi, per i diritti delle lavoratrici e dei lavoratori del sesso, contro la violenza poliziesca, per l’autodeterminazione e l’emancipazione di tutte le lavoratrici e i lavoratori, contro la precarietà del lavoro, contro il sistema penitenziario e a favore delle occupazioni a difesa dei territori».

    Le lotte descritte in realtà prendono la forma di voci personali, storie di attivismo che nascono da desideri profondi di cambiamento, di solidarietà, dalla voglia di migliorare la propria condizione e quella di chi subisce ingiustizie simili alle nostre. La vicenda di due persone che cercano di trasformare un carcere in un centro culturale. Il diario di un ragazzo malato di Aids, che descrive il difficile percorso contro le discriminazioni subite. Le peripezie di chi deve confrontarsi con una burocrazia soffocante e non riesce a ottenere il diritto di asilo politico. La scelta di un’ambientalista che ha deciso di andare a vivere in una collina minacciata dalla costruzione di un cementificio. Il fatto che queste parole siano ora affidate a sconosciuti, a persone che non conoscono direttamente i luoghi e le biografie di chi è ritrovato a mettersi in gioco per una causa, fa sì che si sviluppi una strana e scomoda immedesimazione. Queste lotte non sono le mie, almeno non direttamente, ma dando loro voce le rendo vive, presenti, di tutti. Sono pubbliche. Diventano strumenti di resistenza da tramandare e condividere, per l’uso che chiunque sceglierà di farne, quando servirà.

    L’idea iniziale di Siamo ovunque era proprio quella di una cassetta degli attrezzi, una raccolta di pratiche e saperi, di azioni dirette, che possano diventare utili a chi, magari dall’altra parte del mondo, si trova in simili condizioni di difficoltà, di discriminazione, di repressione. Ha preso forma quando Yan Duyvendak, fondatore del collettivo artistico Dreams Come True, attivo dal 2003, ha sentito raccontare da un suo amico che viveva a Hong Kong come i manifestanti si organizzavano per bloccare e rendere inoffensivi i lacrimogeni lanciati dalla polizia durante le manifestazioni del 2019. Perché non raccogliere tutti queste informazioni e condividerle? Strumenti giuridici, che cambiano da territorio a territorio, istruzioni per proteggere le proprie conversazioni elettroniche quando si è soggetti a repressione, le iniziative di mutuo soccorso dei riders, i consigli per avviare la propria attività di permacultura. 

    Siamo ovunque raccoglie e diffonde voci antifasciste, femministe, anticapitaliste, antirazziste, antispeciste, hacker e di chi si batte per i diritti dei e delle migranti, contro qualunque forma di oppressione sociale, per i diritti delle persone LGBTQIA+

    La prima vera incarnazione del progetto ha avuto come centro di riferimento Ginevra, città in cui Dreams Come True è entrata in contatto con la compagnia pluridisciplinare Hichmoul Pilon Production e con il collettivo Anthropie, più legato alla militanza. I diversi gruppi, nella raccolta del materiale e nella definizione del modo più efficace di comunicarlo, si sono dati tre linee guida, che valgono per tutti i capitoli di Siamo ovunque, che possono facilmente moltiplicarsi come per germinazione. 

    La prima è quella di non fare una storia dei movimenti, ma di raccontare il presente, «di fare una fotografia precisa di quello che sta succedendo ora in un determinato territorio», come mi spiega Roberta (il cognome preferisce non dirlo), svizzera di origine italiana, membro del collettivo Anthropie. Il secondo punto è quello di non parlare di teoria politica, ma di rivolgersi solo a testi che abbiano un legame forte con l’azione diretta, con un cambiamento molto concreto. E poi l’idea di circoscrivere molto chiaramente un territorio: più è contenuto e definito, più è possibile focalizzarsi su azioni precise, su gruppi ristretti o individui singoli, in un discorso il più orizzontale possibile. «Si tratta di una realtà di attivismo molto pratico», spiega Roberta, «è un dispositivo che abbiamo pensato anche per mettere in connessione gruppi diversi, per imparare a usare a strumenti nuovi».

    In questo modo, il primo capitolo di Siamo ovunque è dedicato alla Svizzera romanda, la zona francofona che comprende le città di Ginevra e Losanna e il territorio circostante. Tutti i testi sono raccolti e tradotti in tre lingue nel sito di Nous sommes partout, il nome originale del progetto. Ogni raccolta locale viene stampata in un libro, che viene venduto al prezzo più basso possibile. I testi sono comunque scaricabili dal sito e stampabili autonomamente, come piccoli opuscoli da distribuire gratuitamente ovunque, «e così in Svizzera hanno girato un sacco in centri sociali, spazi autonomi, si trovano un po’ dappertutto».

    Le letture pubbliche, all’interno di contesti più istituzionalizzati come il festival di Santarcangelo, sono un modo per continuare a finanziare il progetto, per coprire le spese di stampa e retribuire tutti gli autori dei testi che compaiono nelle raccolte, «un modo per redistribuire». I testi letti durante il festival sono quelli che compariranno nella pubblicazione che si concentra su Bologna, in cui dunque sono i collettivi e gli attivisti della città emiliana ad aver messo insieme pratiche molto diverse e peculiari di resistenza e lotta. Un terzo volume sta prendendo forma in Francia, nella regione della Normandia. 

    «L’attività militante cambia molto in base al luogo» riflette Roberta, «perché anche le possibilità e le aperture sono diverse». È per questo che «lo scopo del nostro progetto è quello di dare parola a chi agisce nello spazio pubblico, a chi si organizza, facendo azione politica in un senso molto basico, semplice. Quando svolgiamo le letture pubbliche, l’intento è quello di creare un momento accogliente, tranquillo, durante il quale ascoltare parole e discorsi anche molto radicali, in un’atmosfera non di dibattito ma di ascolto. Troppo spesso infatti accade che quando si parla di certi temi la discussione diventa subito polemica. E invece per noi questo è un momento di apprendimento collettivo». Siamo ovunque è un augurio, un invito al moltiplicarsi di pratiche di resistenza in ogni luogo, in un dialogo aperto, fecondo, un esempio prezioso per chiunque si trovi in simili condizioni di discriminazione, magari dall’altra parte del mondo.

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