Supportare il Contemporaneo in Lombardia: proposte per rivedere i criteri dei bandi

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    laGuida nel Contemporaneo è la ricerca di cheFare per scoprire come sta cambiando il mondo delle organizzazioni culturali indipendenti a Milano, e rappresenta la seconda tappa de laGuida, il programma nazionale per i nuovi centri culturali di cheFare.

    Durante il 2021 abbiamo realizzato una serie di interviste e tavoli di lavoro con i protagonisti del Contemporaneo in Lombardia (come direttori di musei, pubblica amministrazione, policy maker, curatori e operatori di nuovi centri culturali) con l’obiettivo di creare uno spazio di confronto tra i diversi mondi della cultura, facendo emergere bisogni e scambiando conoscenze così da poter proporre nuovi strumenti e strategie. 

    Grazie al supporto di Fondazione Cariplo abbiamo pubblicato la ricerca sul nostro sito, ed è scaricabile gratuitamente.

    La pubblicazione raccoglie 19 proposte di misure e strategie per migliorare il contesto del Contemporaneo indipendente in Lombardia e a Milano. Queste misure sono da intendere come uno stimolo per i policy makers, gli erogatori, le istituzioni culturali consolidate e le stesse organizzazioni indipendenti.

    In alcuni casi si tratta di implementazioni di misure e strategie esistenti; in altri casi, riguardano campi di sviluppo interamente nuovi. Non indichiamo nelle singole misure gli specifici destinatari potenziali, nella convinzione che un maggiore grado di astrazione renda le proposte assimilabili e armonizzabili da soggetti anche molto diversi tra loro.

    In questo terzo estratto, presentiamo le proposte pensate per

    Revisionare i criteri dei bandi

     

    Supporto alle organizzazioni e non solo ai progetti

    Per quello che riguarda la costruzione di bandi e sistemi di erogazione ai soggetti indipendenti del Contemporaneo, è necessario innanzitutto tenere presente il dibattito che si è sviluppato di recente in Italia relativamente al sostegno ai soggetti del Terzo Settore in generale1Carazzone, «Due miti da sfatare per evitare l’agonia per progetti del Terzo Settore». in ripresa di una linea di riflessione inaugurata in ambiente anglofono2Gregory e Howard, «The Nonprofit Starvation Cycle». 3Schubert e Boenigk, «The Nonprofit Starvation Cycle: Empirical Evidence From a German Context»..

    Come è stato osservato, il sistema di finanziamento “per progetti” tende ad innescare uno “starvation cycle” (ciclo di affamamento) nel Terzo Settore che riduce all’osso le strutture organizzative, focalizzando gli sforzi produttivi su obiettivi pratici di breve e medio termine ma limitando drammaticamente la loro capacità di lavorare su obiettivi di missione di lungo termine. Questo è tanto più vero per le organizzazioni che operano nel Contemporaneo, le cui logiche di ricerca, di produzione e di impatto si adattano a fatica a quelle della logica per progetti. In questo senso, è importante trovare percorsi per erogare una parte delle risorse agli indipendenti del Contemporaneo con modalità trasparenti di selezione, supporto, capacity building in grado di valorizzarne, mettere a sistema ed espandere le missioni e non solo i singoli progetti.

     

    Analisi dei costi di ricerca, sperimentazione, curatela e produzione

    Per comprendere la relazione tra missione culturale ed operatività, nella valutazione delle organizzazioni indipendenti – così come dei nuovi centri culturali più in generale – può essere molto utile costruire percorsi di analisi che mettano in relazione costi di ricerca, sperimentazione, curatela e produzione con le altre voci.

    Questo non può essere fatto esclusivamente sulla base di rendicontazioni economiche: come abbiamo visto, molte organizzazioni indipendenti vivono in modo ambiguo e irrisolto (per sé stesse in primis) il rapporto tra lavoro volontario e lavoro remunerato. È necessario quindi costruire percorsi sperimentali che siano in grado di far esplicitare e tradurre l’enorme valore prodotto in queste sedi, che troppo spesso rimane implicito per gli interlocutori istituzionali.

     

    La qualità della produzione al centro della valutazione

    Riportare la produzione artistica al centro della valutazione implica necessariamente compiere un passaggio, per gli enti erogatori, dalle logiche di rendicontazione e di impatto prevalentemente quantitative che si sono sviluppate negli ultimi decenni ad altre con una forte componente qualitativa. Si tratta di un cambiamento organizzativo ed epistemologico al quale è impossibile sottrarsi se si vuole costruire sistemi territoriali in grado di rispondere efficacemente alle sollecitazioni del presente. Il nodo – concettuale ma anche pratico – sta nel superare il legittimo timore della valutazione qualitativa come un elemento di arbitrarietà ed iniziare a considerarlo come uno strumento per definire la produzione culturale come facente parte di un sistema di senso per specifici pubblici, scene e comunità.

    In questo senso, ci sono due importanti ed autorevoli casi dai quali trarre ispirazione e con i quali eventualmente porsi in dialogo. Il primo è quello del sistema di “Artistic and Quality Assessment” dell’Arts Council England, che propone una strumentazione per discutere la qualità del lavoro prodotto dalle organizzazioni finanziate attraverso percorsi partecipati4Arts Council England, «Developing participatory metrics».. Il secondo è il recentissimo percorso di costruzione di un sistema di valutazione di impatto della cultura di Bologna, avviato dal Dipartimento Cultura e Promozione della Città assieme a Kilowatt e alle organizzazioni culturali convenzionate con il Comune: si tratta di un processo di costruzione di una visione strategica della cultura, condivisa tra Pubblica Amministrazione e operatori convenzionati. Attraverso una serie di workshop, tavoli tecnici e interviste il percorso ha portato alla definizione di cinque scenari di cambiamento desiderato e di un sistema di indicatori qualitativi e quantitativi – utilizzando lessico e strumenti più propri della cultura – che consentiranno di valutare l’impatto generato dal settore e dalle politiche pubbliche culturali5 Il report di questo lavoro è ancora in redazione e sarà accessibile nei primi mesi del 2022..

     

    Equo trattamento dei lavoratori

    È importante creare le premesse legali, amministrative e politiche affinché ci sia una correlazione virtuosa evidente (in forma di vincolo o di premialità) tra finanziamenti alle istituzioni culturali e organizzazioni e imprese culturali e la responsabilità occupazionale.

    Come suggerito dall’organizzazione Art Workers Italia:

    “la promozione e agevolazione di processi occupazionali virtuosi nelle istituzioni museali e artistiche, attraverso l’inserimento di clausole obbligatorie che vincolino il ricevimento delle risorse alla regolamentazione del ruolo e all’equa remunerazione dei diversi professionisti coinvolti nei progetti, attraverso contratti in cui siano esplicitati in maniera chiara corrispettivi adatti alle mansioni richieste, distinguendo le fasi di ricerca, organizzazione e produzione.”

    Si tratta di un allineamento con misure che stanno trovando progressivamente spazio in alcune delle principali capitali artistiche globali. Si veda ad esempio il lavoro indipendente di certificazione portato avanti da W.A.G.E.6https://wageforwork.com/.

     

    Nuove Tassonomie

    La natura costantemente mutevole delle pratiche del Contemporaneo, così come le brusche trasformazioni portate dalla pandemia, fanno sì che ci sia bisogno di una riflessione ed un aggiornamento costante sulle tassonomie utilizzate per la strutturazione dei bandi a supporto delle organizzazioni. Come evidenziato, si sono moltiplicate le forme di traduzione digitale di pratiche pensate altrimenti, così come sono nate nuove pratiche interamente digitali. Allo stesso tempo, molte pratiche artistiche pensate originariamente per spazi chiusi hanno trovato nuove declinazioni per gli spazi all’aperto. Questo impone una riformulazione su diversi livelli. Innanzitutto, quello della tradizionale suddivisione tra arti visive ed attività performative. In secondo luogo, quello della qualità della produzione, che deve essere ripensata non solo in termini di una trasposizione digitale e/o all’aperto, ma almeno come una traduzione con specifiche connotazioni curatoriali, organizzative produttive e di linguaggi. Infine, un ripensamento dell’impatto in termini di pubblici, il rapporto con i quali è in profonda ridefinizione alla luce della saturazione quantitativa data dall’iper-esposizione mediatica nel corso degli ultimi due anni.

    Note