Del senso originale delle tag

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    Sono trascorsi circa quarantacinque anni, da quando, grazie a un nuovo strumento inventato per altri scopi: la bomboletta di vernice spray, i giovani adolescenti del Bronx diffusero il loro modo di comunicare oltre i confini del quartiere; all’inizio in tutta l’area metropolitana di New York, grazie ai treni urbani, poi di riflesso nelle altre grandi città degli Stati Uniti, e in meno di un decennio in tutto il mondo.

    Come avviene per tutte le forme viventi, è l’ambiente che influisce sul modo di vivere, di sviluppo e di evoluzione, anche nelle comunità umane.

    Non è un caso che l’enorme disponibilità di muri, vere barriere architettoniche che formano il paesaggio dell’infinita periferia americana, siano stati i supporti naturali per la proliferazione e lo sviluppo del writing.

    Generazioni di uomini che nascono, crescono e muoiono in un territorio così forzato ed estremo per la vita fisica come per la psiche, hanno saputo sviluppare gli anticorpi per la sopravvivenza, le tag sono indubbiamente una parte di questi.

    Oggettivamente, di per sé, non è nulla di nuovo per la storia umana, le firme ci accompagnano fin dalla preistoria, dai segni colorati delle impronte delle mani nelle grotte. È un fattore umano essenziale che fa parte della coscienza del sé. Dell’“Io”.

    Esso organizza e gestisce gli stimoli ambientali, le relazioni oggettuali ed è il principale mediatore della consapevolezza. Si può immaginare l’Io come il gestore centrale di tutte le attività psichiche, si rivolge verso se stesso e verso l’ambiente esterno generando, appunto, la consapevolezza propria e della realtà che lo circonda.

    Il sé enuclea la persona nella sua totalità rispetto all’ambiente, l’Io, inscritto nel sé, è la struttura che percepisce se stessa ed entra in relazione con altre persone (con il loro Io), distinguendole come non-Io.

    La coscienza è una delle funzioni psichiche più complesse perché è l’elemento fondamentale del normale funzionamento dell’essere umano; pertanto è la base della nostra stessa esistenza e del rapporto con il mondo circostante, la coscienza di sé serve per identificare se stesso come singolo “Io” e capire meglio il mondo esterno, “Io” separato e diverso dal mondo esterno, identificare la continuità di rapporto fra “Io”, mondo esterno e tempo.

    L’aspetto più interessante e ancora più complesso è la gestione del rapporto con la comunità umana che ci circonda, fondamentale per la nostra sopravvivenza.

    La nascita e lo sviluppo delle tag, evolute poi nei graffiti! E sottolineo questo passaggio fondamentale perché non si disperda con il tempo! A tutti gli effetti, parliamo di un percorso avvenuto grazie all’unione di diversi fattori che sono coincisi in un determinato tempo, luogo e società umana.

    Un’innovazione tecnologica: bomboletta spray e pennarelli marker. Un habitat estremo: un immenso paesaggio periferico artificiale, in quel momento uno dei più drammatici delle metropoli del pianeta, il Bronx. Una comunità forzata: un sovraffollamento di persone povere, di etnie, origini, lingue e culture diverse, costrette a convivere in un ambiente ostile, nella difficoltà della sopravvivenza quotidiana.

    Altro fattore importante: un’evoluzione della società territoriale molto rapida, con un proprio percorso e bagaglio sociale. L’hip hop ha le sue radici nei costumi e nella cultura delle gang in dissoluzione degli anni precedenti. Un argomento trattato in modo esauriente nel libro Renegades of funk. Il Bronx e le radici dell’hip hop, edito da Agenzia X.

    È quindi nella natura umana che nel momento in cui emerge una nuova forma di comunicazione/azione, funzionale nel risolvere determinati problemi ambientali, questa si sviluppi nelle altre comunità. In un primo momento, la diffusione più genuina rispetto all’originale è avvenuta nelle metropoli che riscontravano problemi analoghi e condizioni ambientali simili, poi una seconda fase e un’ulteriore evoluzione è avvenuta per emulazione.

    Dopo questi primi passaggi, come avviene per qualsiasi cultura non autoctona che si diffonde in nuovi ambienti, c’è un momento di assimilazione con le tradizioni locali e una trasformazione di adeguamento che ne determina la sopravvivenza.
    Ai giorni nostri, dopo innumerevoli morfologie evolutive, hanno preso il sopravvento mediatico e territoriale, nuove forme di comunicazione come la street art.

    Del senso originale che ha accompagnato le tag per tanti decenni, rimane oggi la componente sportiva, e solo parzialmente quella comunicativa perché nel frattempo con l’arrivo dei nuovi media di comunicazione ha subìto un drastico ridimensionamento. Questa componente sportiva, è quanto rimane di qualsiasi pratica tramandata nelle comunità umane come il manierismo nell’arte o le discipline sportive che si perpetuano anche fuori dal loro contesto originale. Quanto invece accade oggi, qui e adesso, che è la conseguenza naturale di questo percorso.

    È doveroso aprire una parentesi locale, italiana, sulla disputa in atto, celata sotto il paravento del “decoro” che molti politici e cittadini innalzano giustificando campagne repressive contro l’invisibile nemico che lascia segni sui muri; nonostante mezzo secolo di storia, ancora fingendo di non saper fare distinzione tra le molteplici forme e modalità e di azione.

    Primo dato di fatto: anche i bambini sanno benissimo che quando fanno una tag o una qualsiasi scritta su un muro, non commissionata, eseguono un atto contrario al codice civile.

    Pertanto, non esiste nessuna novità, emergenza, o casus belli che possa giustificare il baccano mediatico, spese pubbliche eccessive, propaganda politica, inasprimenti legislativi spropositati e controproducenti, nei riguardi della popolazione.

    Altrimenti, dovremmo usare lo stesso zelo nei confronti di tutte le azioni deturpanti il decoro pubblico: arrestando decine di migliaia di architetti, ingegneri, affaristi costruttori, amministratori locali e politici; con l’accusa di aver disseminato il paesaggio di quartieri mostruosi, ecomostri, grandi opere inutili, devastazioni ambientali e paesaggistiche, infinitamente più drammatiche e invasive dei banali messaggi in luoghi pubblici. Dovremmo demolire interi quartieri, rimuovere metà di quanto è stato edificato in Italia.

    Secondo dato di fatto: è evidente, come detto sopra e che, come ormai abbondantemente analizzato e appurato, l’urgenza comunicativa e di sopravvivenza di un individuo all’interno di una comunità, è una necessità superiore a qualsiasi minaccia repressiva che può essere introdotta. Pertanto solamente la prospettiva di una vita migliore, o una vita che si possa chiamare tale, è antidoto.

    Le amministrazioni pubbliche hanno il dovere di mantenere vivibile l’ambiente, di esaudire per quanto è possibile i fabbisogni sociali, ricercare i metodi più idonei per migliorare la vita della comunità.

    Pertanto non mi pare che si arrestano i cittadini perché producono rifiuti, si spara agli automobilisti perché creano traffico, come non si abolisce il calcio per evitare gli scontri tra tifosi!

    Sono tutte questioni che vanno affrontate con serietà e senso: ottimizzando la raccolta dei rifiuti, regimentando il traffico, evitando dove possibile il degenerare dei conflitti. Quindi, un buon amministratore pubblico deve operare in questo senso anche nei riguardi di tutte le nuove sfide che la società ci porta, che siano quelle ormai di ieri come il writing, di oggi con i nuovi media, un domani con le novità che emergeranno.


    Pubblichiamo un estratto da Elogio alle tag di Andrea Cegna (Agenzia X)

    Immagine di copertina: ph. Travis Bozeman da Unsplash

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