Il Polo del ‘900 di Torino: una realtà collaborativa con una forte impronta all’innovazione sociale

Scarica come pdf

Scarica l'articolo in PDF.

Per scaricare l’articolo in PDF bisogna essere iscritti alla newsletter di cheFare, completando il campo qui sotto l’iscrizione è automatica.

Inserisci i dati richiesti anche se sei già iscritto e usa un indirizzo email corretto e funzionante: ti manderemo una mail con il link per scaricare il PDF.


    Se inserisci il tuo indirizzo mail riceverai la nostra newsletter.

    image_pdfimage_print

    Le città italiane sono punteggiate da una quantità di fondazioni, associazioni, enti e altro ancora che svolgono un cruciale ruolo sociale, politico e culturale. Realtà a volte grandi, molto più spesso piccole se non piccolissime e che per questo non sempre riescono a diffondere adeguatamente il loro lavoro. Ma che cosa accadrebbe se un ampio numero di enti si riunisse sotto un unico ombrello, dando vita a una realtà collaborativa con una forte impronta all’innovazione sociale?

    La risposta a questa domanda è il Polo del ’900 di Torino: nato nel 2016, ospitato negli 8mila metri quadri dei palazzi di San Daniele e di San Celso, sostenuto da un mix pubblico/privato a cui partecipano il comune di Torino, la regione Piemonte e la fondazione compagnia di San Paolo. E di cui fanno parte 22 enti di matrice novecentesca e antifascista: dall’ANPI al Centro Studi Piero Gobetti, dall’Associazione Nazionale Combattenti e Reduci alla Fondazione Antonio Gramsci di Torino, dal Museo Diffuso della Resistenza al Centro Internazionale di studi Primo Levi, fino al Centro Sperimentale Cinematografia.

    Una conversazione con il direttore del Polo del ‘900 Alessandro Bollo

    “Gli enti mantengono tutti la loro autonomia, ma dal momento che fanno parte del Polo del ’900 viene chiesto loro di abitarlo e farlo vivere in una logica di collaborazione e integrazione”, spiega il direttore del Polo Alessandro Bollo. “Essere collaborativi è uno degli aspetti fondamentali: siamo uno e 22 assieme. Prima che il Polo nascesse, ciascuna di queste 22 realtà aveva il suo archivio, il suo ufficio, la sua attività al pubblico. Non abbiamo i dati per fare un confronto, ma se facessimo la somma della partecipazione che ottenevano gli enti quando erano separati rispetto ad adesso, direi che siamo a dieci volte tanto”.

    I numeri del Polo del ’900 sono infatti di tutto rispetto: nell’ultimo triennio sono state registrate 203mila presenze complessive e 67mila partecipanti agli eventi. “Siamo fortemente orientati ai giovani e ai nuovi cittadini, con l’obiettivo di legare il presente e il passato e di variare i nostri linguaggi”, prosegue Bollo. Ed è una proposta che funziona, come mostra il circa 30% di visitatori sotto i 35 anni: “Puntiamo a ibridare le nostre funzioni anche per ibridare i pubblici: chi viene qui per studiare magari poi è invogliato a seguire altre attività”.

    All’interno del Polo ci sono infatti un museo, spazi espositivi, sale lettura, archivi, un piccolo cinema al chiuso e uno più grande all’aperto, spazi per la didattica e altro ancora. “Siamo aperti sette giorni su sette dalle 9 alle 21, negli ultimi tre anni abbiamo realizzato e ospitato circa 1.800 eventi, spesso anche di sera”, prosegue il direttore del Polo. “Vogliamo essere una piattaforma per il territorio e per la città, attivi anche nel campo delle arti visive, della musica, della performance. Sempre nella logica di costruire qualcosa che valorizzi i nostri contenuti”.

    L’immenso archivio del Polo del ’900 diventa così lo spunto da cui artisti, scrittori o performer possono partire per produrre spettacoli, creando, per esempio, graphic novel a tema storico o sperimentando con l’intelligenza artificiale: “L’archivio diventa la linfa per generare nuovi immaginari e nuovi linguaggi”, prosegue Alessandro Bollo. “Ma la volontà di investire sul nostro archivio è mostrata anche dalla sua digitalizzazione e dall’integrazione dei nostri patrimoni all’interno di un’unica piattaforma, caratterizzata da un’interfaccia molto semplice. Una sorta di Google del nostro archivio, che permette di navigare tra circa 400mila oggetti consultabili”.

    L’immenso archivio del Polo del ’900 diventa lo spunto da cui artisti, scrittori o performer possono partire per produrre spettacoli

    Nasce così 9centRo, piattaforma che ha reso questo patrimonio archivistico fruibile a chiunque: “Basti pensare che prima della digitalizzazione questi archivi venivano usati davvero da poche persone. Negli ultimi tre anni invece abbiamo avuto 56mila visite e migliaia di utenti, il 62% dei quali da fuori Torino”, prosegue Bollo. Numeri importanti per un archivio che ovviamente ospita materiali di un certo tipo e che mostra quali risultati possa dare una spinta verso l’innovazione.

    Spinta non scontata, soprattutto quando si parla di istituzioni di un certo peso, storia e dimensioni: “È vero, il nostro però è uno spazio non solo recente, ma che soprattutto è stato da subito pensato per accogliere proprio questo tipo di sfide. Quando sono stato scelto tramite concorso come direttore, ero inoltre il primo assunto: questo ha permesso di pensare da zero l’organigramma, di creare un’area digital molto sviluppata, di lavorare sulla formazione, di puntare sull’audience development. Soprattutto abbiamo potuto contare su un gruppo giovane, che ha passione e voglia di mettersi in gioco. La differenza con altre realtà di dimensioni simili alla nostra è che queste nascono spesso in un contesto molto diverso. E quando l’innovazione è esogena fa molta più fatica a radicarsi”.

    Da questo punto di vista, un ruolo importante lo ha però giocato la pandemia di Coronavirus. Che non ha solo imposto a tutti un’accelerazione digitale laddove i tempi sarebbero altrimenti stati più lunghi, ma ha costretto anche uno spazio come il Polo del ’900 a ripensare la progettazione degli eventi e non solo: “Si verrà a creare una situazione ibrida, in cui la partecipazione sarà sia in presenza sia in remoto. A questo scopo abbiamo internalizzato degli studi di registrazione che ci permettono di fare presentazioni per un pubblico più ristretto e di averle contemporaneamente in diretta streaming. Vogliamo puntare molto su una produzione di qualità, anche per creare un archivio dei contenuti e dare vita in futuro a una specie di palinsesto on demand. Stiamo anche lavorando sui podcast, con un ciclo sulle elezioni americane e poi un altro su cinque figure emblematiche del ’900”.

    Da una parte una spinta alla digitalizzazione resa ancora più significativa dalla pandemia, dall’altra un rapporto con il territorio che proprio in tempi di Coronavirus si rafforza ulteriormente: “Puntiamo molto anche al pubblico di prossimità, per esempio proiettando film all’aperto per le persone del quartiere e ampliando gli spazi e le iniziative per i ragazzi che passeranno l’estate in città. Sono due facce della stessa medaglia: il digitale come espansione del nostro prodotto \va di pari passo con una forte connessione con il territorio”.

    Note