L’anno scorso, dal palco del Circo Massimo, un Beppe Grillo prevedibilmente infervorato lanciava una grossolana sentenza: “L’autismo è la malattia del secolo, signori, e l’autismo non lo riconosci.” Tra una sparata sull’analfabetismo funzionale e un’altra sugli psicopatici, il comico puntava il dito contro i filosofi dal tono piatto che popolano i salotti televisivi e contro i potenti dell’Europa che decidono le sorti dei cittadini pur essendo incapaci di empatia. Si tratterebbe, per Grillo, di individui affetti dalla sindrome di Asperger: “parlano in un modo e non capiscono che l’altro non sta capendo”, “non hanno emozioni e non riconoscono quelle degli altri.”
A prima vista l’esagitato precursore del Movimento 5 Stelle, col suo stile alla Quinto Potere, non sembrerebbe il soggetto più adatto a dare lezioni di salute mentale. Nel suo deprimente sproloquio gettava nello stesso calderone disturbi, patologie e dubbie categorizzazioni demografiche che non hanno nulla a che vedere l’una con l’altra; associava erroneamente empatia cognitiva (di cui gli affetti da Asperger spesso effettivamente difettano) a empatia affettiva; definiva l’autismo una malattia (non lo è); e la lista degli strafalcioni potrebbe continuare, ma non è questo il punto.
Il punto è la chiave di lettura dell’evento che ci offre Hamja Ahsan. La performance di Grillo è una chiara espressione di “introversofobia”, il chiassoso rituale di un movimento basato sull’urlo e l’insulto celebrato dal suo carismatico sacerdote. Si tratta in altre parole di Supremazia Estroversa.
Ma chi è Hamja Ahsan? Artista, attivista e scrittore londinese, anche lui ha dato vita a un movimento. Si chiama Introfada, come il libro che ha appena pubblicato per Add Editore dopo che l’originale inglese, uscito nel 2017 per Bookworks, è diventato un instant cult. Hamja non si limita a inventare un neologismo ma va a comporre una vera e propria galassia terminologica: legge della Shhhh’ria, base timidaria, popolo di Aspergistan ecc. Il motto dei Militanti Introversi? “Il mondo è il nostro angolino”. Un coerente insieme di concetti chiave che, pur giocando con universi di riferimento molto diversi tra loro, risultano immediati anche nell’audace traduzione italiana. All’intelligente lavoro editoriale si accompagna un efficace intervento grafico: la vera cover, nascondendosi sul retro, strizza l’occhio sia al mondo tradizionalmente timido dei Manga e alla direzione di lettura dell’arabo.
Scopo dell’Introfada è unire sotto una sola bandiera i timidi, gli autistici e gli introversi indicando loro un nemico comune, la Classe Estroversa
Scopo dell’Introfada è quello di unire sotto una sola bandiera i timidi, gli autistici e gli introversi indicando loro un nemico comune, la Classe Estroversa, e denunciando le diramazioni del potere che essa detiene. Quello di Hamja è un caustico libro-manifesto, un pamphlet rivoluzionario composto da una serie di documenti che testimoniano l’estensione della lotta, propugnata da hikikomori giapponesi, gruppuscoli antisociali scozzesi, coalizioni studentesche, prigionieri politici costretti all’“isolamento sociale”.
Un dettaglio: i documenti in questione sono fittizi, o meglio, in attesa di essere innescati. Per questo Introfada è stato definito un esempio di “attivismo speculativo”, forse il primo. Lo stratagemma, riuscito a livello letterario, lascia però un retrogusto amaro in bocca, dato che pare che il miglior modo per creare un movimento sia quello d’inventarlo di sana pianta e in piena autonomia.
La tesi di fondo del libro, ovvero che la Classe Estroversa (o il loudismo, come lo chiama Nina Power nell’introduzione all’edizione inglese) sia alla radice di tutti i mali, acquista forma nello svolgersi del libro: scopriamo attraverso pochi accenni che l’estroversione è una forma di potere, dato che il potere (politico, sociale, professionale) è degli estroversi.
Supremazia Estroversa significa stigmatizzazione dell’introversione e della timidezza nelle sue varie intensità, egemonia di un linguaggio corporeo vistoso e di una verbalità gridata, negazione del valore dell’isolamento e della contemplazione. Ogni riferimento a Beppe Grillo è puramente casuale, anche perché si tratta di un’attitudine che invade trasversalmente la sfera politica e quella pubblica, non soltanto in Italia e non soltanto in questo periodo storico. La ritroviamo nella comunicazione ruspante di Salvini, nella festa mobile berlusconiana, così come nel crudo sindacalismo landiniano, nel pathos casereccio di Giorgia Meloni, nei focosi abbracci di Mario Giordano con la telecamera, nei vaffaday, nei Forconi, e in generale in qualunque movimento di piazza. E poi c’è Sgarbi.
L’Introfada risponde proponendo una nuova grammatica corporea che favorisca la partecipazione dei timidi al processo democratico. Perché non dare un significato politico attivo all’evitare lo sguardo altrui o al mangiarsi le unghie? L’attacco all’egemonia della socialità si ricollega agli ambiti di contestazione di quella che si potrebbe definire new left esistenziale: il mondo dell’arte con l’artista-star che adombra il produttore silenzioso; il mondo del lavoro in cui il successo è determinato dalle capacità di networking; lo smantellamento delle strutture pubbliche come le biblioteche, sostituite da spazi del consumo a misura di estroverso, con un’atmosfera da club che non ammette il silenzio; l’oppressione del pierraggio continuo.
Sposare la causa della timidezza non vuol dire ritirarsi a vita privata
Un ulteriore aspetto che dà freschezza al libro è il sistema di alleanze, per così dire intersezionale, che propone: l’avanguardia malinconica è formata dal black power che fa del nero della pelle un colore politico, e dal “maschio bianco sensibile” che si veste di nero e ascolta gli Smiths (alcuni lo chiamerebbero ‘incel’). Così nasce il “Black-Black Power”.
Essendo un libro-manifesto, Introfada non offre una teoria onnicomprensiva della vita introversa bensì una serie di abbozzi veloci che proprio per questo risultano efficaci. Detto ciò, alcuni aspetti della vita contemporanea sono del tutto assenti, e non si fatica a immaginare un futuro ampliamento del libro attraverso un capitolo sul digitale, dato che il web è sia la piazza degli estroversi (Instagram) che il rifugio degli introversi (Mastodon, i forum ecc.); o una riflessione sulla sessualità. Oltre alle inevitabili lacune, Introfada presenta un rischio: le accuse rivolte all’imperativo estroverso (che riguardano anche la stessa militanza politica, si pensi ai sound system durante i cortei) possono essere lette come un triste appello al pubblico decoro. Non vorremmo che i primi a unirsi ai ranghi dell’Introfada fossero quei cittadini stanchi della movida serale e notturna, gli stessi che propongono di vietare l’alcool nelle piazze dopo una certa ora.
Sposare la causa della timidezza non vuol dire ritirarsi a vita privata. Nelle sue numerosissime presentazioni pubbliche, Hamja si dimostra disinvolto proprio perché non nasconde il suo disagio dietro un aplomb da TED talk: la sua franchezza conquista immediatamente il pubblico. La vera quarta parete del parlare pubblicamente, quella della naturalezza, è finalmente rotta. Ovviamente tra gli eroi di Hamja figura Greta Thunberg, il cui “mutismo selettivo” (così lo descrive l’autore) non le impedisce di toccare le corde emozionali dell’uditorio. Bisogna fare attenzione però, perché una volta caduto il velo della naturalezza, sia lo speaker di professione che il comiziante circense potrebbero apparirci come grottesche caricature. E a quel punto diventerebbe intollerabile dargli ascolto.