Ehi bro, dove ci si becca?

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    Aperti, appassionati, tendenzialmente inclusivi. Sono questi gli aggettivi che meglio descrivono i ragazzi della Gen Z, forse la più indagata di sempre. Hanno dai 12 ai 20 anni e si affacciano al mondo adulto dopo aver attraversato due anni di pandemia, soffrendo gli effetti della reclusione e delle limitazioni imposte dal Covid-19. Ma a renderli diversi dalla generazione che li ha preceduti – i Millenials – non è solo la pandemia: la Gen Z è la prima a essere cresciuta immersa nella tecnologia, che usa per connettersi agli altri in modi nuovi.

    «Fare gruppo è uno dei bisogni principale dei ragazzi che stanno uscendo dall’età infantile», spiega il pedagogista Daniele Novara. «Il Covid li ha costretti per molti mesi a stare forzatamente in casa, isolati dai coetanei. Questa circostanza ha fatto erroneamente pensare che gli adolescenti possano essere felici di dialogare con i genitori, fare con loro le vacanze ed essere sempre accondiscendenti. Questa è una falsa realtà. Gli adolescenti sono naturalmente respingenti, distratti, disordinati. Vogliono schiodarsi dal controllo genitoriale in tutti i modi possibili. Ed è giusto che siano così. Tutti noi abbiamo cercato di bypassare il controllo genitoriale durante l’adolescenza».

    «Finita l’infanzia, i ragazzi devono fare esperienze di socializzazione con i propri coetanei per rispondere ai bisogni evolutivi della loro età che sono quelli, appunto, di stare in gruppo e cercare autonomia rispetto al controllo dei genitori per imparare ad affrontare le sfide della vita», prosegue Novara. Dunque bene anche il ritrovo al muretto, purché si eviti l’isolamento dato spesso dall’uso improprio della tecnologia.

    Tra bisogni e richieste

    «La preadolescenza è senza dubbio la fase della crescita più complessa», conclude Novara: «Uscire dall’infanzia vuol dire passare da un’età in cui i genitori organizzano più o meno tutto ed entrare in una in cui i ragazzi e le ragazze vogliono esprimere i loro bisogni e le loro idee. Non tutti i ragazzi sono pronti ad affrontarlo. Per chi durante l’infanzia ha frequentato gruppi come quelli scout o quelli sportivi, risulta più facile gestire il proprio tempo libero. In generale, però, è importante che le famiglie sappiano aiutare i loro figli a organizzare la loro libertà, anche se sembra un ossimoro».

    Questa fotografia degli adolescenti rende evidente il fatto che le figure adulte – dai genitori, agli insegnanti fino agli educatori – devono ripensare i modi di camminare al fianco di questi “quasi adulti”. Come spiega Alessandro Rosina, docente di Demografia e statistica sociale all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e coordinatore dell’Osservatorio Giovani dell’Istituto Toniolo, che pubblica annualmente il Rapporto Giovani: «I giovani vogliono poter essere protagonisti della propria vita e scegliere quel che li riguarda sia per quel che concerne gli aspetti personali che quelli collettivi. Vogliono poter contare. Non è vero che sono lontani dalla politica e se ne sentono estranei, al contrario considerano la politica uno degli elementi più importanti per migliorare la vita del paese. C’è in loro, anche, un desiderio di avere interlocutori autorevoli e spazi adeguati per il confronto».

     

    Immagine di copertina di Omid Armin da Unsplash

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