Comunità del territorio: Ricreativa e Byblos

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    Procede il viaggio tra le comunità che curano e gestiscono frammenti del ricco mosaico che forma il patrimonio culturale nel nostro Paese. Oggetto della ricerca, condotta dalla Fondazione Scuola dei beni e delle attività culturali, è stata la mappatura e l’analisi delle esperienze – nei punti di forza e nelle criticità.

    Stiamo lavorando con diversi strumenti, creando occasioni di disseminazione e di dibattito attivo sul tema Stay tuned.

    Tra le tante attività vi proponiamo le interviste a due comunità.

    Abbiamo conosciuto più da vicino l’esperienza dell’Associazione culturale Ricreativa (ACR) Il Forte nata nel 1976 a Pozzacchio in provincia di Trento.

    Un gruppo di giovani di questo piccolo paese del comune di Trambileno, comune confinante con Rovereto ma facente parte di una valle laterale, la Vallarsa, decide di mettersi in gioco e fondare questa associazione.

    Elena Pelosi: Qual era l’obiettivo quando si è formato il gruppo?

    Forte Pozzacchio: Lo scopo era quello di creare un centro di aggregazione per proporre varie attività sociali in quella che era una comunità fondamentalmente rurale.

    Le varie proposte comprendevano l’organizzazione di festività religiose (15 agosto festa dell’Assunzione), di eventi per commemorare le vicende storiche (terza domenica di luglio Commemorazione dei Caduti presso Forte Pozzacchio), e di altre attività più ludiche come lotterie, feste in paese, gare ciclistiche.

    Nell’arco di più di quarant’anni si sono avvicendate e scambiate molte persone all’interno del gruppo, pur tuttavia alcuni membri fondatori ne fanno ancora parte. Allo stesso modo anche le iniziative intraprese hanno subito delle modifiche, alcune sono state cancellate, altre arricchite, altre ancora sono state mantenute per tutto il periodo e sono riproposte ancora oggi.

    EP: Quali necessità vi hanno spinto ad agire?

    FP: Il ricambio generazionale, vitale per mantenere vivo il gruppo ancora oggi, cosa tutt’altro che facile. Forse uno dei metodi che ha più funzionato per garantire una prosecuzione dell’Associazione è stato quello di lasciare margine di libertà nelle iniziative.

    EP: Da quante persone è formata la comunità?

    FP: Al giorno d’oggi l’ACR Il Forte conta una cerchia di soci che si aggira sulle 150 unità, gestisce un circolo privato (che è anche sede dell’associazione) nel paese di Pozzacchio, mantiene in vita eventi e commemorazioni storiche, contribuisce allo sviluppo del territorio garantendo un servizio di visite guidate presso Forte Pozzacchio, cercando di tramandare una memoria storica del proprio territorio.

    EP: Come viene diviso il lavoro e l’organizzazione delle attività?

    FP: Ogni giorno il gruppo cerca di mantenere vivo lo scopo dal quale è nata l’idea primitiva dell’associazione: quello della socialità tra le persone dello stesso territorio. Cerca di perseguirlo in tutti i modi possibili. Negli anni sono stati pubblicati anche dei testi (di carattere storico biografico) in cui vengono presentati esempi di vita in questa valle un po’ sperduta, partendo sempre dal passato.

    EP: Qual è, a vostro parere, il modo più efficace per coinvolgere la cittadinanza?

    FP: Molto importante e stretto è il rapporto con l’Amministrazione Comunale, con la quale si collabora principalmente per la gestione del compendio bellico, ma anche per le altre iniziative da svolgere sul territorio.

    EP: Quali sfide vi aspettate di dover intraprendere in futuro?

    FP: Per quanto riguarda il futuro, credo che già riuscire a portare avanti le attività proposte fino ad oggi sia un traguardo. Poi non mettiamo limite a quello che si può ancora proporre (tutt’ora sta nascendo il progetto di audioguide per il Forte), tutto sta all’impegno e alla forza di volontà dei vari membri dell’associazione.

    In provincia di Caserta a Piedimonte Matese troviamo l’esperienza di Byblos, un’associazione nata nel gennaio del 2011, con l’obiettivo di promuovere, principalmente, piccoli eventi di natura letteraria. E, dalla letteratura alla riscoperta dei luoghi d’arte, il passo è stato veramente brevissimo.

    Federica Antonucci: Qual era l’obiettivo quando si è formato il gruppo?

    Associazione Byblos: Animare culturalmente la comunità civica, promuovere incontri con gli autori e, metaforicamente, avviare un viaggio che ampliasse orizzonti e prospettive culturali attraverso il confronto con ospiti di vario genere: registi, attori, scrittori, giornalisti. Ci siamo accorti da subito che legare il racconto degli ospiti, con le loro storie di vita, al racconto della nostra città era ormai divenuto indifferibile. In pratica, più ci spingevamo verso orizzonti “altri” più cresceva il desiderio di ripensare i nostri luoghi d’arte, le nostre piazze, il nostro patrimonio materiale e immateriale rimasto sepolto, per anni, in un oblio mortificante.

    FA: Quali necessità vi hanno spinto ad agire?

    AB: Il desiderio di una crescita personale, che ci vedeva protagonisti di un possibile cambiamento culturale, e il desiderio di avviare un confronto plurale fra le voci della nostra città.

    FA: Avete incontrato difficoltà nel vostro percorso (per esempio per la presa in carico del bene, processi burocratici/amministrativi complessi, ecc.)

    AB: L’adozione di uno spazio monumentale, nel nostro caso il Cimitero protestante detto “degli Svizzeri” di Piedimonte Matese, è avvenuta attraverso la stipula di un patto di collaborazione, per cui le procedure sono state sollecite e ben definite. Abbiamo preso in custodia il bene il 1 giugno 2021, salvandolo da un deprimente stato di incuria e abbandono.

    FA: Da quante persone è formata la comunità?

    AB: Contiamo circa una ventina di soci.

    FA: Ci sono tanti giovani che fanno parte della comunità o che prendono parte alle vostre attività?

    AB: I giovani sono, da sempre, i destinatari privilegiati degli obiettivi della nostra comunità.

    FA: Come viene diviso il lavoro e l’organizzazione delle attività?

    AB: C’è un gruppo di coordinamento che sviluppa progetti di massima, cura i rapporti con gli enti e con le amministrazioni locali, individua linee di valorizzazione del patrimonio storico-artistico e le trasforma in idee programmatiche e progettuali. C’è un gruppo più operativo che cura gli spazi in affidamento, si adopera nella parte più propriamente tecnica e pratica.

    FA. Qual è, a vostro parere, il modo più efficace per coinvolgere la cittadinanza?

    AB: Sviluppare percorsi tematici, per superare la rigida visione – per noi archiviata – della banale visita guidata a un luogo d’arte. Ogni manifestazione artistica, che sia una piazza del centro storico o un’opera d’arte vera e propria, non è mai sola, non è una cellula impermeabile, ma si lega a uno o più contesti, a trame diverse, a personaggi, a storie. Il racconto di questo insieme è il caposaldo tematico, ciò che noi amiamo definire “passeggiata ragionata”. Su un tema, su un luogo, su un personaggio, su un aspetto di città o di territorio. Le nostre passeggiate ragionate hanno riscosso molto interesse da parte delle persone.

    FA: Di quali altri strumenti avreste bisogno per svolgere al meglio il vostro lavoro?

    AB: Inutile negarlo: di qualche fondo in più che ci permetta di trasformare tanti progetti in realtà.

    FA. Come si svolge una giornata tipo della comunità?

    AB: Non abbiamo una giornata tipo: diciamo che la nostra guida è rappresentata dalla ciclicità delle stagioni. Il paesaggio che si trasforma ci accompagna lungo i nostri eventi di promozione del territorio e di valorizzazione dei luoghi d’arte: lo spazio monumentale che curiamo, in particolare, ha il suo fascino legato al mistero nei mesi autunnali e invernali; mentre nei mesi primaverili o nelle serate estive, reading teatrali e passeggiate ragionate rendono al meglio il senso del nostro lavoro di “riqualificazione culturale”. Un luogo non si riqualifica soltanto con un intervento materiale: bisogna abitare quel luogo, dialogare con lui, permettergli di raccontarsi da solo, attraverso le parole di chi lo ama e lo ha in cura.

    FA: Avete raggiunto gli obiettivi che vi eravate posti?

    AB: Riteniamo che l’attenzione e anche la sensibilità istituzionale verso i luoghi d’arte della nostra città siano mutate in meglio. Se c’è una comunità di cittadini che si prende cura amorevolmente di un luogo, non c’è indifferenza che tenga: oggi, soprattutto con i social network, è possibile moltiplicare il senso di affezione e, in certo qual modo, accrescere il sentimento di appartenenza. Ovviamente, coinvolgere fattivamente e concretamente le persone è sempre molto più difficile.

    FA: Quali sfide vi aspettate di dover intraprendere in futuro?

    AB: Mantenere alta l’attenzione sulla tutela e sulla valorizzazione dei luoghi d’arte, per evitare pericolose involuzioni, per seminare fra le nuove generazioni lo stesso seme dell’amore verso i luoghi. Non può esserci cesura alcuna fra un periodo e un altro, fra una fase e un’altra della nostra assunzione di responsabilità e di tutela verso luoghi di interesse pubblico. Garantire la continuità nella cura di un bene, di uno spazio pubblico, è azione faticosa quanto imprescindibile.  Bisogna saperlo e tenerlo bene in mente prima di cominciare.

    FA: Vi fa piacere condividere un aneddoto particolare?

    AB: Sì. Nel 2012 decidemmo di promuovere un grande evento di valorizzazione del centro storico della città. Così nacque IlluminArti. Quaranta eventi d’arte e cultura in sincrono per una sola notte in quattro quartieri della città: San Domenico, San Marcellino, Sorgente e San Sebastiano. Quando presentammo le prime richieste per i permessi amministrativi fummo guardati con aria scettica e quasi canzonatoria. A nessuno appariva possibile che, proprio a Piedimonte Matese, si intendeva realizzare un evento così apparentemente ambizioso. Certo, si trattava di una tipologia di evento assolutamente inedita e senza la partecipazione di migliaia di persone non avrebbe funzionato, non avrebbe reso l’idea di grandiosità che volevamo avesse la nostra città. Ma noi avevamo così chiara in mente l’immagine di quella notte che nulla poteva imporci di tornare indietro, seppur fra tanti innegabili timori e difficoltà. Ma, nonostante lo scetticismo di molti nostri interlocutori, andammo avanti fino alla fine. La prima notte di IlluminArti fu un successo strepitoso. Oggi siamo alla vigilia dell’edizione numero 11.

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