La locuzione inglese «Child Safeguarding» viene generalmente tradotta in Italia con l’espressione «Sistemi di Tutela e Prevenzione per le persone minorenni». Questa lunga traduzione restituisce la complessità che si cela dietro la sintesi dell’inglese e che fa riferimento a un insieme organizzato di azioni e indicazioni volte a prevenire e proteggere i minori e le minori da ogni forma di violenza, maltrattamento e abuso.
La possibilità di incorrere in una di queste forme di violenza è un rischio noto in ognuno degli ambiti in cui bambini, bambine, ragazzi e ragazze passano quotidianamente il loro tempo. Tra questi ambiti si trova anche la scuola. Nell’indagine nazionale commissionata dall’Autorità Garante dell’infanzia e dell’Adolescenza nel 2021 emerge che al Nord 11 minorenni su 1000 sono in carico ai Servizi Sociali per maltrattamento, una percentuale maggiore rispetto al Centro, dove sono 9 su 1000, e al Sud, dove se ne contano 5 su 1000. Ciò non significa tuttavia che la distribuzione del fenomeno sia maggiore al Nord rispetto al Sud dell’Italia. Questo fenomeno, infatti, denunciato perlopiù dall’autorità giudiziaria (41,6% dei casi), dalla famiglia (17,9%), dalla scuola (16,1% ), da ospedali e pediatra (5,6%), e da realtà aggregative extra scolastiche (17,8%), è fortemente soggetto a underreporting, essendo in molti contesti una realtà socialmente accettata, soprattutto per quanto attiene l’ambito domestico, dove avvengono la maggior parte degli abusi.
Il tema del child safeguarding è centrale in due percorsi progettuali oggi in atto in Italia: a Palermo con «Traiettorie Urbane», che si rivolge ad adolescenti e preadolescenti, e a Milano con «Scatti», che ha coinvolto due scuole primarie dei quartieri Giambellino e Lorenteggio.
Sono due interventi diversi in contesti lontani che hanno alla base riferimenti valoriali comuni e metodologie partecipative, con l’obiettivo di un cambiamento che possa incidere a livello strutturale. Come in economia, infatti, le riforme strutturali sono misure che modificano lo stesso tessuto economico, ossia il quadro istituzionale e regolamentare entro cui operano cittadini e imprese, e sono concepite per rafforzare l’economia migliorandone la capacità di realizzare il proprio potenziale di crescita in modo equilibrato, allo stesso modo operano i sistemi di child safeguarding nel mondo educativo ampiamente inteso, dove c’è bisogno di riforme che modifichino il tessuto di relazioni in cui vivono ragazzi e ragazze, regolamentando ma anche rafforzando un cambiamento culturale che permetta di realizzarne il potenziale di crescita in modo maggiormente equilibrato e sicuro.
A Palermo, un gruppo di enti del Terzo Settore ha deciso di costruire un proprio Sistema di Tutela, a protezione delle persone che abitano il progetto sia in quanto beneficiarie sia in quanto lavoratrici, attraverso un percorso di acquisizione di consapevolezza e consulenza ad hoc, che ha portato alla realizzazione di un corso online per il personale del progetto. Scatti Milano testimonia invece la volontà di un intervento a supporto diretto di due scuole che si sono dotate di un loro Sistema di Tutela interno, ed hanno sentito la necessità di approfondire e meglio promuovere e condividere con le famiglie questo loro posizionamento.
Prima di entrare nel merito di questa narrazione è utile una breve premessa: la necessità di pensare a sistemi di tutela a protezione del mondo dell’infanzia e dell’adolescenza è una esigenza recente, degli ultimi trent’anni, e nasce dalla dura consapevolezza di chi, lavorando in organizzazioni umanitarie, ha visto che nessuna organizzazione è assolutamente priva di rischi per le persone beneficiarie e per quelle che lavorano al suo interno. Questa consapevolezza, dirompente nelle sue conseguenze, costringe ogni organizzazione a porsi delle domande sulla propria struttura, che sia un progetto o che sia la scuola stessa. Ancora, costringe a dirsi con onestà che nessun contesto è privo di rischi, perché è impossibile tenere tutto sotto controllo, e per questo è fondamentale farsi carico responsabilmente di questi rischi potenziali. Insomma non mettere la testa sotto la sabbia, ma tenere alto e attento lo sguardo.
Nella letteratura internazionale, il percorso di riflessioni ed esperienze di questi anni trova una sua importante sintesi nelle indicazioni fornite dal network di organizzazioni internazionali Keeping Children Safe, che elenca gli standard minimi di child safeguarding che ogni organizzazione dovrebbe mettere in campo per garantire una efficace tutela ai bambini e bambine con cui entra in contatto.
In questa prospettiva, il progetto Traiettorie Urbane, finanziato da Fondazione EOS e da Impresa sociale Con i Bambini e destinato a ragazze e ragazzi dagli 11 ai 17 anni di zone complesse di Palermo, si è voluto pensare ed ha voluto agire come un progetto consapevole dei rischi, ed ha quindi preso un posizionamento chiaro e definito: se la realtà, compresa quella che ricade dentro il progetto, non è esente da rischi, occorre dotarsi di un sistema capace di mitigare questi rischi, tutelare le persone e affrontare le situazioni di sospetto maltrattamento e abuso. In altri termini, Traiettorie Urbane si è assunto la piena responsabilità di scrivere e adottare un proprio Sistema di Tutela , che da una parte costringe il pensiero progettuale a concentrarsi su quanto è possibile fare per prevenire situazioni di pericolo, di maltrattamenti o abusi per le persone che partecipano al progetto stesso (risk assessment, azioni di mitigazione, codice di condotta), e dall’altra sancisce procedure chiare e tutelanti per tutte le parti quando si debba segnalare un caso di sospetto maltrattamento o abuso (sistema di segnalazione). Assumere questa posizione non è stato un automatismo, ma il risultato di un percorso formativo e di riflessione seguito da tutto il partenariato.
«Questo percorso è stato necessario perché l’assunto di dirsi che anche i luoghi interni del progetto e non solo quelli esterni sono potenzialmente dei luoghi dove si possono verificare pericoli e maltrattamenti, è un assunto duro da masticare», spiega Manfredi Sanfilippo di EDI Onlus, che ha curato insieme alla psicologa Elisa Vellani il percorso di Child Safeguarding di Traiettorie Urbane, «ma la carta vincente è proprio questa: quanto più si assume con consapevolezza questa possibilità, tanto più i luoghi diventano sicuri proprio perché non si nega a priori ciò che può realmente accadere anzi, si cerca di prevenirlo e ci si attrezza per affrontarlo».
Si è quindi portato avanti un processo di contaminazione tra partner, di condivisione e di scambio, con la finalità di costruire un sistema di tutela adatto e utile per la realtà in cui deve operare, una sorta di abito costruito su misura per la sicurezza di tutte le persone che abitano e attraversano il progetto Traiettorie Urbane. Questo percorso si è strutturato mettendo al centro la partecipazione di ragazzi e ragazze alla scrittura della Policy di Child Safeguarding. Per Traiettorie Urbane, la scelta è stata quella di coinvolgere nel ragionamento sia i partner sia le persone beneficiarie del progetto. Si è quindi voluto dare ascolto alla voce e alle opinioni di ragazze e ragazzi, anche in coerenza con uno dei principi della CRC (Convenzione Onu sui Diritti dell’Infanzia), ossia la partecipazione. Questo percorso proseguirà con laboratori di advocacy partecipata, che verranno realizzati a partire da novembre, per sensibilizzare sui temi della tutela e dell’autotutela a partire dalla conoscenza di tutti i diritti sanciti nella CRC e sintetizzati nella versione semplificata per ragazzi e ragazze.
Anche il progetto Scatti Milano, finanziato dalla Fondazione di Comunità di Milano, ha affrontato il tema del Child Safeguarding coinvolgendo in primis gli alunni e le alunne delle scuole Narcisi e Nazario Sauro.
«L’Istituto Comprensivo Narcisi si trova in un quartiere periferico della città di Milano, già oggetto di progetti di riqualificazione da parte del Comune, caratterizzato dalla contemporanea presenza di molte etnie (con difficoltà di integrazione vera) e il permanere di aree con disagio economico sociale», spiega la maestra Giulia Magnone. «L’Istituto ha aderito al progetto S.C.AT.T.I. (Scuola e Comunità Attive per la Tutela dell’Infanzia) già da qualche anno, per cui ha adottato una policy di tutela attraverso la stesura e condivisione di un Sistema di Tutela Integrato, lavoro che ha coinvolto e richiesto l’impegno del Consiglio di Istituto della scuola. Adesso i protagonisti sono stati i bambini e le bambine delle classi terze che con un laboratorio di consapevolezza sulla loro titolarità di diritti, che ha ricevuto un riscontro entusiasta da parte di tutti e ha indotto alcune modifiche di atteggiamento: una maggiore consapevolezza dell’ambiente scuola come luogo nel quale sentirsi totalmente al sicuro e nel quale fidarsi e confidarsi con le loro figure di riferimento. L’efficacia dell’esperienza è attribuibile anche al fatto che i genitori sono stati coinvolti in un’informazione puntuale sui benefici del sistema di tutela». «Trovo doveroso che ogni scuola, non soltanto quelle situate nei quartieri periferici e/o in contesti “difficili”, lavori per la costruzione di una Policy di Child Safeguarding e, soprattutto, che lo faccia facendo rete con le altre agenzie educative del territorio al fine di arricchire e perfezionare le pratiche di tutela già in essere nel proprio Istituto scolastico», aggiunge Viviana Rindoni, docente dell’altra scuola coinvolta, la Nazario Sauro.
La campagna ideata da bambini e bambine si intitola: «I Nostri Diritti una Vostra Responsabilità». Ha prodotto 4 pillole video a cura delle classi della primaria, che portano la narrazione dal loro punto di vista rispetto a che cosa significhi sentirsi protetti e sicuri dentro la loro, e possono essere degli spunti utili per genitori e insegnanti per promuovere un discorso su diritti e tutela, attivando consapevolezza tra bambini e bambine riguardo a cosa aspettarsi dalle persone adulte e che cosa considerare scorretto in quanto fuori dalla cornice dei diritti dell’infanzia.
I fatti di cronaca, dall’insegnante di religione arrestato a marzo in flagranza di reato per abuso sessuale in una scuola materna nella periferia nord di Milano, alla violenza sessuale di gruppo nei confronti di una ragazza in una zona turistica quale la Vucciria di Palermo durante l’estate, sono solo la punta dell’iceberg della violenza presente nella nostra società, dove c’è ancora molta strada per arrivare a comunità che tutelano e prevengono abusi e maltrattamenti sui minorenni. Una riflessione che interseca diversi aspetti culturali: dall’oggettificazione dei corpi all’accettazione sociale delle punizioni corporali, dalla sottovalutazione della violenza psicologica alla cultura che legittima l’uso della forza e dell’imposizione nel corteggiamento, nell’educazione, nelle relazioni familiari.
Un lavoro culturale lungo, in cui la scuola e il Terzo Settore possono giocare un ruolo chiave.