Una pezza per la Rai, sintesi della rivoluzione di Valerio Lundini

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    Questo articolo è stato originariamente pubblicato su Gli Asini Rivista. Clicca il pulsante in basso per leggere il testo completo.

    Forse era dai tempi della Rai 3 di Guglielmi o della Rai 2 di Freccero che il servizio pubblico non spiazzava i propri utenti con un prodotto così insolito e proteiforme come Una pezza di Lundini. Eppure la Rai ha storicamente flirtato con sperimentalismi di vario tipo sin dalle sue origini, coniugando pedagogia e avanguardia. A un anno dalla sua nascita ad esempio, nel 1955, Bruno Maderna e Luciano Berio fondarono lo Studio di Fonologia Musicale Rai di Milano, laboratorio di sperimentazione elettronica e forme estetiche da cui passarono anche Umberto Eco e John Cage. La tirannia democratica dell’auditel ha negli anni reso sempre più difficili tali esperienze, ma Una pezza di Lundini è la riprova che sperimentare a spese dei contribuenti è ancora possibile nonché auspicabile. Ideata da uno scafato fabbricante di televisione come Giovanni Benincasa, Una pezza di Lundini è un’operazione meta-televisiva scevra di didascalismi.

    I cliché e i lacrimevoli luoghi comuni della televisione non vengono denunciati, ma caricaturizzati fino a farli esplodere (Lundini è anche disegnatore, del resto). Demoliti i protocolli promozionali delle ospitate, stravolta la schienata riverenza nei confronti delle gerarchie socio-aziendali, il conduttore ci consegna un impietoso ritratto in negativo di quello che la TV di stato è democraticamente costretta a essere. Al contempo però configura una sua possibile mutazione, lucida e delirante, erudita e demenziale. Non solo, Una pezza di Lundini modernizza il servizio pubblico sovvertendolo. Con tempi all’apparenza anti-televisivi, ma perfettamente calibrati (le pause imbarazzanti, gli stacchi inattesi, le lungaggini e le riprese “fatte male” sono di una precisione chirurgica), il conduttore spiazza e reinventa le possibilità della televisione pubblica. Scomponibile in clip, il programma si è già spalmato online portando Mamma Rai laddove ancora poco viene vista. A riprova che l’inaudito paga e che gli ascolti sono un pessimo parametro quando si tratta di inventarsi qualcosa di nuovo (il commissioning editor della BBC che diede carta bianca ai Monty Python era convinto che sarebbero stati un flop…). L’esistenza stessa di un prodotto del genere testimonia la presenza all’interno dell’azienda di elementi non allineati capaci di realizzare una televisione al passo coi tempi (più che mai necessaria dato che il pubblico della Rai non può invecchiare all’infinito…).

    Note

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