Per immaginare una pratica artistica e curatoriale contemporanea, aperta e partecipatoria è imprescindibile aprirsi ad una riflessione critica applicata al sociale e al funzionamento dell’istituzione “arte”, esprimendo potenziali e limiti di questo sistema governamentale. Ciò che circonda e plasma questo mondo sono, ormai, processi di art-washing, apparati di cattura, macchine disciplinari che esercitano violenza sotto più fronti, portando a una cristallizzazione e ad un conseguente irrigidimento dei ruoli culturali e delle funzioni istituzionali della produzione, circolazione e ricezione dell’arte contemporanea nel tempo della globalizzazione. In questo senso, è necessario aprirsi a un totale atto decostruttivo, spogliando le istituzioni culturali dalla denominazione di dispositivi operativi neoliberali e brandizzati, e incanalandoli verso un divenire minore attuabile tramite un ripensamento e una rimediazione completa della loro natura.
È necessario orientarsi, quindi, su pratiche che agiscono in quanto attività culturali trasversali, interdisciplinari, sperimentali e, soprattutto, socialmente responsabili, che operano ai bordi dei contesti istituzionali e che hanno il potenziale di attivare investigazioni propositive riguardanti un’ampia sfera sociale e culturale. Spazi artistici, piattaforme di dialogo, progetti di radical education, pratiche editoriali, curatoriali, ricerche artistiche, biblioteche, archivi e spazi di condivisione si uniscono per delineare agognate contro-narrazioni alternative all’interno del panorama artistico contemporaneo.
Institute of Radical Imagination emerge in questo contesto sottoforma di ibrido tra centro di ricerca itinerante, rifugio per intellettuali e artisti a rischio, museo radicale e organismo decisionale che genera idee e conoscenze applicate che rispondono a specifiche urgenze. Il suo obiettivo è, infatti, creare processi di contaminazione reciproca tra istituzioni artistiche e organizzazioni politiche per conseguire una totale convergenza fra arte e vita, attuabile tramite l’implementazione di forme di vita post-capitaliste nel sud dell’Europa e nel Mediterraneo. La piattaforma lavora in modo nomade attraverso i nodi della rete – Madrid, Atene, Istanbul, Il Cairo, Palestina, Napoli – e si collega con altri nodi nel “Sud globale” – Europa orientale, America Latina, Sud-Est asiatico.
Durante l’opening della 60. edizione della Biennale di Venezia, Institute of Radical Imagination elabora un programma di quattro giorni co-curato in collaborazione con Sale Docks nell’ambito del progetto di cooperazione Museum of the Commons, lanciato da L’Internationale.
Immagine di copertina di Pavel Neznanov su Unsplash