Seduti dentro un telescopio

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    A Milano il 20 e il 21 marzo al convegno delle Stelline si parla di lettura in tutte le sue forme.

    Per la prima volta in vita mia mi accorsi – me ne resi conto fisicamente – che il mondo stava ruotando sotto il cielo, che viviamo su un pianeta vorticante e che il tempo stesso, la temporalità stessa, ci consegna il più grande dei doni: il nostro movimento all’interno di ogni altro movimento. In qualche modo, mi addormentai. Mi risvegliai sotto un altro cielo azzurro. Un altro uccello, o forse lo stesso, adornava l’orlo in cima all’albero. Strisciai fuori dalla sequoia, montai sulla bicicletta e ripresi a pedalare lungo la strada. È stato più di trent’anni fa, eppure io sono ancora dentro a quell’albero. Stiamo vivendo in una sequenza di evoluzioni rapidamente intercalate, una sorta di giostra in accelerazione, dove tutto è sempre più velocemente piccolo, più velocemente economico, più velocemente e incomprensibilmente ridotto. Questa è l’era esponenziale. Il tempo per noi è mutato. Forse è solo una conseguenza dell’invecchiare, ma ho la sensazione di vivere in un vortice che si restringe. Ruoto senza sosta, velocemente, sempre più velocemente, spesso fuori controllo. Il mondo vorrebbe gettarmi fuori bordo. Un bel giorno lo farà. Ma il ventre di quell’albero per me esiste ancora, così come quell’istante in cui ho avvertito il vortice e sono stato in grado di comprendere il momento di rotazione. È questo quello che fanno le nostre storie. Fermano il tempo e ci ricollocano al suo interno. Ci riposiamo un poco e alziamo lo sguardo. E poi andiamo avanti, fino a quando, naturalmente, non smettiamo di farlo.

    È un pezzo di un racconto di Colum McCann, scrittore irlandese naturalizzato statunitense vincitore del National Book Award nel 2009, uscito sul primo numero di “Sotto il Vulcano. Idee/narrazioni/immaginari”, la rivista diretta da Marino Sinibaldi edita da Feltrinelli, uno dei progetti editoriali più interessanti di questi ultimi anni.
    La storia parte con lui, il protagonista, che si ferma durante un lungo viaggio in bicicletta per gli Stati Uniti. Una sera in California, in procinto della notte cercando un posto per dormire, si infila nel ventre vuoto di una sequoia e all’improvviso sdraiato, guardando verso l’alto compare una medaglia di cielo nero pieno di stelle, incorniciato dal lungo tronco dell’albero, che lo fa sentire come “seduto dentro un telescopio” di legno. Una visuale inedita è l’innesco della storia e il motore di una riflessione speciale sul potere del tempo e delle storie.
    Mi è tornata in mente questa immagine così potente al momento di scrivere questo breve articolo di presentazione del prossimo convegno delle Stelline che si svolgerà a Milano il prossimo 20 e 21 marzo perché stavo cercando una metafora e questa immagine racconta benissimo ciò che penso vivremo.
    Siamo alla edizione numero 29, riguardando i titoli dei convegni degli anni precedenti penso davvero che il convegno delle Stelline sia stato capace di intercettare e raccontare la trasformazione delle biblioteche in Italia come nient’altro: Biblioteche e sviluppo sostenibile nel 2020, Biblioteca piattaforma della conoscenza nel 2021, Le tre leve della biblioteca: innovazione prossimità comunità nel 2022; Visioni future: next generation library nel 2023. Solo per citare gli ultimi. Quest’anno Biblioteche e nuove forme della lettura.
    È un po’ come tornare all’origine? Quali sono queste nuove forme? E poi, è proprio necessario tornare a riflettere sul rapporto delle biblioteche con la lettura? In questo momento direi sì, è assolutamente necessario. Si tratta quasi di rifondarne la relazione.
    Il legame delle biblioteche con le pratiche di lettura è infatti indiscutibile, fondativo ma forse proprio per questo dato per scontato tanto che negli ultimi anni, nella riflessione sull’identità delle biblioteche, non sempre questa connessione è stata valorizzata come leva strategica. Anzi. Ne ho parlato un po’ nella mia riflessione in Appunti sulla biblioteca contemporanea.
    Dal mio punto di vista è molto curioso soprattutto alla luce dei dati allarmanti sulle diverse forme di analfabetismo: funzionale, di ritorno ed emotivo, grandissimo problema della nostra contemporaneità. I dati ci dicono che il 28% della popolazione italiana tra i 16 e 65 anni non è capace di comprendere e usare correttamente le informazioni quotidiane perché non ha sufficienti abilità nella comprensione di un testo.
    Dunque, proprio quando le biblioteche – di qualsiasi tipologia: scolastiche, pubbliche, accademiche ecc. – potrebbero posizionarsi e comunicarsi come una soluzione concreta a questo drammatico problema, il loro ruolo di agenzie abilitanti in termini di educazione e promozione alla lettura sembra essere annacquato.
    Forse è poco chiaro in primis proprio ai professionisti? È ovviamente solo una provocazione, quel che è certo è che sembra essere fondamentale tornare a riflettere sulla lettura almeno per tre ragioni fondamentali:
    1) Le grandi trasformazioni in corso in termini di comportamenti di lettura nell’ecosistema digitale. Leggere su schermo o su carta produce lo stesso effetto? Ascoltare un attore che legge un libro equivale a leggere un libro? Non abbiamo mai letto tanto quanto oggi ma i dati ci mostrano un trend negativo. E ancora quanto i dati che utilizziamo ci aiutano a capire davvero un fenomeno in così grande trasformazione?
    2) La lettura è in grande movimento, lontano dall’essere una attività statica necessita di infrastrutture dinamiche e dal grande potere trasformativo. Le biblioteche sono pronte? E i bibliotecari sono capaci di confrontarsi con un concetto di mediazione decisamente in divenire? Cosa sappiamo del cervello bi-alfabetizzato, come direbbe Wolf 2 , o del cervello anfibio come direbbe Solimine 3 , ovvero del cervello che all’atto del leggere opera in due differenti ecosistemi, quello della carta e quello del digitale? Questa flessibilità cognitiva la sappiamo trattare?
    3) Nel corso degli ultimi decenni, diversi studi in particolare nell’ambito delle neuroscienze (penso a Wolf che interverrà al convegno) hanno dimostrato che i neuroni attivati dalla lettura sono gli stessi che si attivano quando svolgiamo tante altre attività, alcune delle quali hanno a che vedere con l’empatia, il pensiero critico e le relazioni con gli altri. Questa visione della lettura può cambiare completamente la prospettiva nel guardare anche alle biblioteche, per esempio da parte dei decisori?
    4) Le biblioteche hanno chiaro che il loro impatto attraverso le azioni di promozione della lettura va ben al di là delle attività più canoniche connesse alla lettura stessa e allo studio, producendo esternalità positive e incidendo profondamente sulla costruzione delle competenze e delle abilità dei cittadini? La lettura come tecnologia culturale indice sui nostri modelli mentali. Il significato è sempre mediato dalle esperienze e la lettura genera in tal senso una moltiplicazione. Sono proprio i modelli mentali a essere in discussione: il nostro essere esseri umani narrativi.

    Queste riflessioni sembrano oggi profondamente necessarie.
    Affrontando questi temi e tanti altri – il programma è ricchissimo – il convegno delle Stelline produrrà a mio avviso anche una riflessione utile a rifondare il rapporto delle biblioteche con la lettura.
    Il taglio è ovviamente e inevitabilmente interdisciplinare: esperti di pedagogia, scienze cognitive, linguistica, sociologi della comunicazione e ovviamente bibliotecari e biblioteconomi tra gli altri ci porteranno seduti dentro il telescopio per guardare alla lettura in modo diverso.
    Quest’anno più che mai la riflessione proposta al convegno va ben oltre i confini del settore delle biblioteche investendo come minimo tutto il comparto culturale. Chiudo non potendo fare a meno di richiamare un libro uscito proprio in questi giorni per Adelphi: Leggere pericolosamente di Aznar Nafisi. Apparso per la prima volta nel 2022, completa un’opera avviata da Quell’altro mondo e proseguita con Leggere Lolita a Teheran e La Repubblica dell’immaginazione, tutti usciti per Adelphi tra il 2004 e il 2022.
    L’autrice nel libro ricorda in tanti passaggi il legame intrinseco tra immaginazione e realtà – soffocare l’una porta inevitabilmente a soffocare l’altra – e che ciò che rende miracolosi i grandi libri è la capacità di rispecchiare e insieme trascendere la loro epoca. L’autrice ci ricorda come la narrativa sia capace di accendere la nostra curiosità e la nostra immaginazione e quanto le storie siano come una “casa portatile”, un luogo in cui ci sentiamo totalmente liberi e di cui nessuno da nessuna parte potrà privarci. Chi andrà al convegno delle Stelline approfondendo tutte le forme di lettura possibili questo tipo di idea dovrà tenere sullo sfondo.

     

    Immagine di copertina di Adam Neumann su Unsplash

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