Stamattina mi sono svegliato con l’angoscia. E non era l’ansia generica da contagio, o il basso continuo della preoccupazione per certi familiari lontani, persone anziane e con patologie pregresse, come si dice. Era una cosa più sottile.
Non so a voi, ma a me non mi sta pesando tanto la quarantena fisica, quanto quella mentale. Uscire, uscivo poco già prima: certo ricordarsi l’autocertificazione quando si scende a buttare l’immondizia, pensare di dover dare una giustificazione credibile se si fanno due passi in più nelle strade deserte, non aiuta.
Aggiungete che qui in Piemonte le scuole non hanno mai aperto da prima delle vacanze di carnevale (21 febbraio), per cui di fatto siamo in mezza clausura da tre settimane, e quando leggo altrove “quarantena giorno 3”, quel che penso è: tsk, pivelli. Ma quello che mi sta stressando – e non credevo, o almeno non credevo così presto – è la gabbia mentale. Non si parla d’altro, non si pensa ad altro. Anche volendo, anche sforzandosi.
Sta sorgendo tutta una letteratura dell’emergenza
Oggi, stranamente, avevo qualche ora libera: bene, mi sono detto, mi metto a scrivere quel longform che rimando da settimane. Non era neanche una cosa leggera, o inattuale: climate change e apocalissi, estinzioni e de-estinzioni, fini dei mondi conosciuti e strategie di sopravvivenza. Be’, mi sono fatto forza per cercare un barlume di quell’entusiasmo che avevo quando lo proposi ma niente, l’idea mi rendeva felice come se avessi dovuto fare un pezzo sulle fantasie dei copri-divano.
Passerà? Passerà. Come ne usciremo? Non si sa. Per ora saltabecchiamo dalle timeline dei social ai siti dei giornali: la pandemia è prima di tutto infodemia, compulsione da refresh.
Dice ma dovrai pure lavorare: eh sì, peccato che quando non leggo scrivo, e indovinate un po’?, scrivo di libri che parlano di epidemie, per esempio. Certo, c’è modo e modo di informarsi sullo stesso argomento: ci sono le intelligenti divulgazioni di Oggiscienza e di Roberta Villa, ci sono interessanti riflessioni su come il Coronavirus stia mettendo a nudo le fragili impalcature della nostra industria culturale e delle nostre stesse vite. Sta sorgendo tutta una letteratura dell’emergenza, con consigli utili pratici e psicologici, con teorie e approfondimenti generali. Okay, ma non si sfugge. Si seleziona, ma non si scappa.
Mattina
E invece ogni tanto scappare si dovrebbe – con la mente, brigadiere, non mi fraintenda! – tenendo sempre presente quel monito di Tolkien nato per difendere la letteratura fantasy, ma che ben si applica a noi, ora: non confondiamo la fuga del disertore con l’evasione del prigioniero. Perciò, dopo la falsa partenza, ho icominciato la mia giornata cercando risorse alternative. E quindi ho iniziato con una bella rassegna stampa di giornali cartacei online.
Sì, giornali di carta, ma in versione digitale — e gratuiti — e legali
Prego? Sì, giornali di carta, ma in versione digitale. E gratuiti. E legali. Tutto questo è possibile, e non da ora, grazie a Mlol la rete italiana di biblioteche pubbliche, accademiche e scolastiche. Ce ne sono tantissime che aderiscono al sistema, e basta essere iscritti a una di queste (potreste esserlo già, da quella volta che anni fa avete fatto un tesserino dimenticato in fondo al portafoglio) per poter accedere a un archivio online immenso: ebook, musica, film, banche dati, corsi di formazione online, archivi di immagini. E i quotidiani del giorno. (Se non siete iscritti o non avete voglia, ricordate che ci sono giornali che stanno facendo sconti o, come il Manifesto, che hanno tolto il paywall e basta)
Su YouTube ci sono molti film di Tarkovskij, gratis e integrali
Però, appunto, ero sempre lì: sulle news. Ci voleva qualcosa di veramente alieno, qualcosa in cui perdere i sensi, tipo un film russo di tre ore. Ecco, mi sono ricordato che su YouTube ci sono molti film di Tarkovskij, gratis e integrali: certo sono in russo ma i sottotitoli in inglese funzionano alla grande, e poi vuoi mettere l’emozione di sentire pronunciare solarisztes? Purtroppo non mi sono subito precipitato a vederne uno, ma mi sono concesso una madeleine di quello che secondo me è il momento più straziante di Solaris: quando il protagonista e l’avatar composto di neutrini della moglie morta fluttuano nell’aria, per una temporanea assenza della gravità simulata sull’astronave, tenendosi per mano mentre scorrono delle immagini da quadri di Brueghel il Vecchio (I cacciatori nella neve) e la colonna sonora procede lentissima con un pezzo abbacinante per solo organo di Bach (Ich ruf’ zu Dir, Herr Jesu Christus).
Ma niente, il pensiero del virus tornava a premere. Ci voleva qualcosa di apocalittico ma indiretto, trasversale, di sghimbescio.
Ecco, una volta tanto lo scroll infinito di Facebook ha fatto saltare fuori qualcosa di buono: la pagina dell’Agenzia X edizioni, che sta mettendo a disposizione vecchie pubblicazioni degli anni zero. Tra cui per esempio Guida steampunk all’apocalisse, di Margaret Killjoy ottima lettura per distrarsi senza sentirsi dei fresconi. Il catalogo di Agenzia X non sarà quello delle piattaforme streaming che stanno mettendo l’accesso gratuito o scontato, con una forma di carità un po’ pelosa, ma contiene perle che su Amazon Prime te le sogni.
Il catalogo di Agenzia X non sarà quello delle piattaforme streaming, ma contiene perle che su Amazon Prime te le sogni
Intanto però si è fatto tardi, ma prima di pensare al pranzo mi sono concesso un salto nell’archivio di Krazy Kat, a detta di molti una delle più belle strip di sempre. Il fatto è che questi fumetti stanno diventando di dominio pubblico, sicché un appassionato li sta mettendo online man mano: pagina da tenere d’occhio. E a proposito di cultura, ci sarebbe qualcosa da mangiare?
Che il cibo sia cultura non devo essere certo io a ricordarlo, ma cosa c’entra la cultura digitale al momento di portare qualcosa in tavola? Beh, per esempio, adesso che ristoranti e bar sono chiusi per obbligo, le consegne a domicilio sono state preservate, e molti locali hanno lasciato il laboratorio aperto: okay, ma come orientarsi?
Il sito di food Dissapore sta facendo un gran lavoro: per il momento sono online delle mini guide ai delivery di Torino e di Roma, altre credo in arrivo.
Pomeriggio
Il pomeriggio è più duro da far passare. Penso ad esempio che in dieci anni che vivo a Torino, non sono mai andato al Museo Egizio, vergogna, e mi prende un’urgenza irrefrenabile di visitarlo, proprio ora che non si può. A parziale consolazione della chiusura obbligata, l’Egizio sta trasmettendo sulla sua pagina Facebook dei brevi video a cura del direttore Christan Greco, che cercano in qualche modo di legare attualità e contenuti del museo.
Non sono mai andato al Museo Egizio, vergogna
Così molti altri musei si stanno dando da fare, per lo più tramite i canali social, con contenuti divulgativi; altri mettono a disposizione dei veri e propri tour virtuali nella collezione permanente, o sperimentano trasmissioni in streaming di una performance, come il Mambo a Bologna, spostando l’asticella nel discorso dell’opera d’arte all’epoca della sua non riproducibilità.
Uno sguardo veloce alle home dei siti m’informa che forse si ferma anche il calcio europeo, dopo quello italiano, il penultimo feticcio della società contemporanea: le fabbriche no, quelle restano attive. Mi sposto su Facebook, ci sono alcune notifiche da un gruppo: si chiama Scrittori a domicilio, domicilio virtuale per carità, ed è una delle iniziative nate per sopperire alla chiusura delle librerie e allo stop di tutte le presentazioni e i festival letterari.
Mentre mando mentalmente un abbraccio a tutti gli amici e conoscenti che hanno avuto la mala sorte di uscire con un libro proprio in questo periodo, rifletto sulla stanca ritualità delle presentazioni, di cui da anni tutti nell’ambiente ci lagniamo: iniziative come questo gruppo Facebook dovrebbero essere l’occasione per veicolare nuovi contenuti, non solo nuove forme. Ci riusciranno/riusciremo? Intanto è fondamentale che la community cresca, e coinvolga soprattutto lettori, non solo scrittori o aspiranti tali.
Mi alzo, bevo un bicchiere d’acqua, mi risiedo al computer, mi rialzo ma poi mi attacco al cellulare. Gli occhi sono stanchi, ci vorrebbe qualcosa da sentire, invece che da leggere. Musica? O un bel podcast? Ripiego sul solito Alessandro Barbero, che potrebbe farsi i miliardi e invece i suoi video sono tutti open su YouTube: è vero sono video, ma anche se attorno alla gestualità del professore medievista è nato un piccolo cult, si può anche trattarli come audio e ascoltarli mentre si prepara la zuppa di legumi per cena. Oggi scelgo quello su recessione e innovazione nel ‘300, attuale e si spera di buon auspicio.
E poi ci sono i bambini, che si stanno comportando clamorosamente bene, sopportando la clausura e l’assenza di contatti con gli amici molto meglio di noi genitori. Ma ogi tanto si affacciano a chiamarmi, a chiedermi cose sulle videolezioni (sorprendenti le scuole che hanno messo in piedi una didattica online a tempo di record), a domandarmi di giocare. Non li si può ipnotizzare tutto il giorno davanti al tablet, eppure neanche li si può portare di peso al parco. Ci guardiamo qualcosa tutti insieme? Perché no, magari Il fiuto di Sherlock Holmes di Miyazaki: ora che i film dello studio Ghibli sono su Netflix, noi recuperiamo questo che si trova su RaiPlay, senza bisogno di abbonamento, e nemmeno di canone. E per il momento gioco, c’è una sfiziosa versione di battaglia navale online: si può giocare contro un avversario a caso, o connettersi con l’amica dall’altra parte della città.
Io invece continuo a essere irrequieto, a ciondolare da un lato all’altro della casa, mi manca l’esercizio fisico che comunque non avrei fatto, quasi quasi mi cerco qualche tutorial di yoga gratuito, ma poi no, mi imbambolo di nuovo al computer, in cerca di emozioni forti, ed eccole qui: rivivere la prima mission sulla Luna in real time
Sera
Infine si cena, dovrebbe essere il momento comunitario, quello in cui ci sentiamo fortunati a vivere in famiglia, ad avere qualcuno con cui fare quattro chiacchiere de visu. E invece il nervosismo è evidente, come sempre a quest’ora, più di sempre: litighiamo per niente, non ci sopportiamo più? Ci rifugiamo ognuno nel suo device, ancora, e mia moglie mi annuncia che per effetto del virus in Cina è diminuito l’inquinamento ma sono aumentati i divorzi, è un avvertimento, una minaccia?
Come diceva il Corrado Guzzanti sacerdote di Quelo: “La domanda è mal posta. Tu forse volevi chiedere: che ore sono?”
È finita. È finita la giornata, è finita questa breve guida culturale travestita da cronaca virtuale – e commetterebbe un grave errore chi ritenesse uno solo dei fatti personali qui riportati poco meno che falso. Sono uscito dalle gabbie mentali? A quanto è arrivato il conto dei decessi? E lo spread? Non lo so, è la risposta a tutte e tre le domande. Mi rifugio nella quotidiana meditazione laica, la lettura di un passo da The mind’s I di Douglas Hofstadter e Daniel Dennett, che qualche tempo fa ho scoperto essere disponibile gratis in forma di blog.
Stasera tocca al saggio dialogico Dio è taoista? di Raymond M. Smullyan: una riflessione sulla vexata quaestio del libero arbitrio, che insinua come forse sia un tutto falso problema, una grossa illusione. Insomma, come diceva il Corrado Guzzanti sacerdote di Quelo: “La domanda è mal posta. Tu forse volevi chiedere: che ore sono?”. È tardi.